Eurostat, Italia a rischio povertà

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Tra il 2008 e il 2012, gli italiani che secondo Eurostat ricadono nella definizione di individui “a rischio povertà o esclusione sociale” sono balzati al 29,9 per cento, dal 25,3 per cento del 2008 e il 28,2 del 2011, uno su tre è a rischio indigenza.

Colpa di un reddito disponibile  inferiore alla soglia di povertà, che è posta al 60% del reddito medio disponibile nel Paese di riferimento (19,4% in Italia); dell’impossibilità a pagare spese impreviste, a mangiare con regolarità carne e proteine affini, a riscaldare la casa, a possedere una macchina. Ma non solo uno su tre vive in una famiglia nella quale i membri fino a sessant’anni hanno lavorato meno del 10,3% dei mesi durante i quali teoricamente avrebbero potuto essere occupati.

Dopo la Grecia (34,6%), l’Italia è il Paese della zona euro dove il rischio di povertà ed esclusione sociale è più alto. L’anno scorso a rischio di esclusione sociale c’erano 18,2 milioni di persone. In Spagna, Paese in difficoltà economica e con altissima disoccupazione, è il 28,2% della popolazione ad essere a rischio, in Portogallo il 25,3%, a Cipro il 27,1%, in Estonia il 23,4%. Mentre scende parecchio la difficoltà in Francia, dove il rischio povertà si concretizza per il 19,1% dei cittadini, in Germania (19,6%), Finlandia (17,2%), Olanda (15%). Per trovare dati peggiori dell’Italia e della Grecia, bisogna andare ai Paesi fuori della zona euro: al top Bulgaria (49,3%), Romania (41,7%), Lettonia (36,5%), Croazia (32,3%).

E tutto questo mentre la strategia europea al 2020 parla di notevole riduzione di incidenza della povertà, un obiettivo, a quanto pare, troppo lontano da raggiungere.