A due anni dal libro bianco sulle pensioni, la Ue individua i gap e le azioni da mettere in campo

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Dopo la conferenza dal titolo “Pensions: conference to review achievements and perspectives two years after White Paper” che si è tenuta a Bruxelles lo scorso marzo e al quale ha partecipato il presidente dell’AdEPP, Andrea Camporese, la Ue pubblica il resoconto dell’incontro, dando alcuni dati che fotografano la situazione passata, odierna e futura degli Stati Membri.

Interessante, infatti, è notare quanti e quali Paesi hanno adottato riforme pensionistiche o “incamerato direttive europee”. 
24 dei 28 Stati membri (tutti tranne Belgio, Lussemburgo, Finlandia e Svezia) hanno subito aumenti attuali o futuri di età pensionabile. Danimarca, Grecia, Italia, Cipro, Paesi Bassi, Slovacchia e Regno Unito hanno deciso di collegare direttamente l’età pensionabile alla speranza di vita in futuro. Finlandia e Svezia hanno introdotto un’età pensionabile flessibile, dove il vantaggio aumenta in caso di pensionamento posticipato.

26 di 28 Stati membri (tutti tranne la Bulgaria e la Romania), già applicano le stesse età pensionabile per uomini e donne o hanno approvato leggi che prevedono l’equalizzazione graduale in futuro (anche se in alcuni casi, la piena convergenza sarà raggiunta solo dal decennio del 2040). La Romania stessa è in dirittura di arrivo.

Il dato positivo pubblicato nel documento finale dello studio riguarda la sostenibilità. 2012, il previsto aumento della spesa pensionistica pubblica dell’UE entro il 2060 è stato ridotto dal 2,5% del PIL al solo 1,5%. Da allora, sono stati compiuti ulteriori progressi in molti Stati membri, elemento che sarà contenuto nella relazione 2015 sull’invecchiamento.
E l’Adeguatezza delle pensioni : questa è necessariamente legata a doppio filo agli sviluppi del mercato del lavoro.
Poiché un’ età pensionabile spostata in avanti non si traduce automaticamente nella vita di lavoro più lunga, diventa prioritario, per la UE,  proteggere l’adeguatezza delle pensioni. Perché ciò avvenga, i lavoratori anziani devono essere in grado di rimanere sul mercato del lavoro, mentre l’accesso al pensionamento anticipato deve essere limitato o gradualmente eliminato.
Diventa, quindi, necessario anche un maggiore investimento sociale che  può rafforzare la capacità delle persone di affrontare i rischi, migliorare le proprie prospettive occupazionali e svolgere un ruolo nell’economia e nella società lungo tutta la loro vita. Luoghi di lavoro sani e sicuri, che tengano conto di una quota crescente dei lavoratori più anziani, sono indispensabili per il prolungamento della stessa  vita lavorativa.

E per continuare a dare i numeri.  Nel 2012, il tasso di occupazione medio annuo dei lavoratori di età compresa tra 55-64 anni nell’Unione europea è stato del 48,9%, con un miglioramento di 10 punti percentuali negli ultimi dieci anni. Nel 3 ° trimestre del 2013, era aumentato fino al 50,7%. Allo stesso tempo, significative differenze di genere e di fondo rimangono.
Altra cosa è se affrontiamo il tema dell’adeguatezza; molte riforme pensionistiche volte a migliorare la sostenibilità porterà a tassi di sostituzione più bassi a meno che le persone lavorino più a lungo. Allo stesso tempo, molte riforme hanno rafforzato le misure di protezione di povertà che dovrebbero beneficiare in particolare quelli che non possono lavorare fino al raggiungimento dell’età ordinaria di pensionamento.

Ed infine, il documento mette punta la lente di ingrandimento sulla protezione transfrontaliera delle pensioni complementari. Per tutelare i diritti pensionistici dei lavoratori mobili, il Parlamento europeo e il Consiglio dei Ministri dell’UE hanno raggiunto un accordo sulla direttiva per l’acquisizione e la salvaguardia di diritti a pensione complementare, sulla base della proposta della Commissione presentata nel 2005. L’adozione definitiva della direttiva è in programma all’inizio di aprile 2014.

La direttiva stabilisce che i diritti pensionistici professionali dei lavoratori che si spostano in altri paesi dell’UE devono essere concessi, entro e non oltre, dopo tre anni di rapporto di lavoro e stabilisce norme rigide per garantire che i diritti continuino ad essere conservati in modo equo (rispetto ai diritti acquisiti di coloro che rimangono in azienda), dopo aver lasciato il regime pensionistico.

La Commissione individuerà un’ulteriore azione della sostenibilità e dell’adeguatezza delle pensioni nell’UE nel Rapporto 2015 sull’adeguatezza delle pensioni e nella Relazione 2015 sull’invecchiamento. La preparazione di queste relazioni è già iniziata in cooperazione con gli Stati membri.