Una piccola rivoluzione nel Mondo dei professionisti

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Siano dipendenti siano titolari di studio professionale, l’ordinanza del Consiglio di Stato e il nuovo contratto collettivo nazionale segna un svolta tra un pezzo del Paese a lungo dimenticato o quantomeno sottovalutato. I professionisti dipendenti di studio, medici, architetti, ingegneri, geometri e via dicendo, al pari di ogni altro lavoratore, da oggi, potranno avere garanzie fino a ieri negate. Un nuovo welfare e l’accesso a quella Cassa integrazione in deroga che il Tar del Lazio aveva annullato.

Il CdS ha “ritenuto convincenti le argomentazioni presentate da Confprofessioni che sottolineavano la discriminazione operata nei confronti della categoria dei  professionisti e del personale che lavora presso di loro, tenuto conto dei vincoli comunitari in materia di definizione di impresa”.

E’ stata inoltre firmata l’ipotesi del nuovo Contratto collettivo per i dipendenti degli studi professionali che riguarda 1 milione e mezzo di lavoratori ed è valido fino a marzo 2018.

Dopo commercio e servizi, ”il sindacato del Terziario mette a segno un altro, rilevante, rinnovo contrattuale per quasi un milione di lavoratori degli studi professionali – sottolinea Brunetto Boco, non in veste di presidente di Enasarco ma da segretario UiltuCs. – Quattro  le leve fondamentali del nuovo contratto: il salario, con aumenti medi a regime di 85 euro mensili, con un incremento medio complessivo, per la durata del contratto, pari a 1.885 euro; l’occupazione, con l’individuazione di strumenti per favorire l’accesso al mercato del lavoro degli studi professionali anche ai disoccupati più in difficoltà, come ultracinquantenni e senza lavoro di lunga durata; il welfare, con il rafforzamento delle tutele, del sostegno al reddito (in un settore non coperto dagli ammortizzatori sociali) e delle opportunità, anche per quanto riguarda l’assistenza sanitaria integrativa e la formazione, per i lavoratori dipendenti. Infine, la previsione di vie preferenziali e agevolate per la stabilizzazione delle stesse partite Iva e dei collaboratori, anche attraverso la formazione”.

Da sottolineare, inoltre, che,  per incrementare i livelli occupazionali, le parti hanno introdotto il contratto di reimpiego per gli over 50 che siano disoccupati da almeno 12 mesi, secondo una gradualità retributiva. Per loro è in fase di definizione anche un percorso formativo per il reinserimento lavorativo negli studi professionali.

«Per la prima volta il contratto degli studi allarga le sue tutele di welfare ai professionisti e collaboratori di studio» ha affermato il presidente di Confprofessioni, Gaetano Stella,  «Alla luce delle difficoltà che attraversano i professionisti e in particolare i giovani abbiamo inteso agire perseguendo una logica di inclusività universale. Anche i professionisti potranno così beneficiare delle garanzie di assistenza integrativa messe a disposizione dagli strumenti della bilateralità».

Importanti gli elementi normativi introdotti nell’intesa di accordo. Si va dal riordino, semplificazione e snellimento del testo contrattuale alla rivisitazione della maturazione dei permessi nei confronti dei neoassunti, secondo una gradualità in relazione all’anzianità di servizio. L’accordo inoltre regolamenta e rende realmente fruibile il telelavoro, attraverso il sistema della bilateralità di settore, rispondendo così ad una esigenza di un comparto ad occupazione prevalentemente femminile.

Vengono stabiliti limiti dimensionali prima mancanti, come la parametrazione tra il numero di dipendenti e di apprendisti: almeno il 20% per gli studi fino a 50 dipendenti, il 50% per le strutture più grandi.
Il combinato disposto di queste due misure dà il senso di una contrattazione che non ha voluto solo essere una mera riparametrazione delle misure salariali, ma un’occasione per costruire vere e proprie intenzioni di policy per aiutare gli studi professionali ad affrontare un mercato che se, da un lato, richiede una sempre maggiore capacità di cavalcare le novità e le innovazioni (come le ICT e le nuove forme di lavoro), dall’altro richiede una copertura di welfare in grado di tutelare le fasce più deboli, senza sgretolare le capacità di reddito dei titolari degli studi.

Da sottolineare, inoltre, che,  per incrementare i livelli occupazionali, le parti hanno introdotto il contratto di reimpiego per gli over 50 e i disoccupati da almeno 12 mesi, secondo una gradualità retributiva. Per loro è in fase di definizione anche un percorso formativo per il reinserimento lavorativo negli studi professionali.

«Per la prima volta il contratto degli studi allarga le sue tutele di welfare ai professionisti e collaboratori di studio» ha affermato il presidente di Confprofessioni, Gaetano Stella,  «Alla luce delle difficoltà che attraversano i professionisti e in particolare i giovani abbiamo inteso agire perseguendo una logica di inclusività universale. Anche i professionisti potranno così beneficiare delle garanzie di assistenza integrativa messe a disposizione dagli strumenti della bilateralità».

Importanti gli elementi normativi introdotti nell’intesa di accordo. Si va dal riordino, semplificazione e snellimento del testo contrattuale alla rivisitazione della maturazione dei permessi nei confronti dei neoassunti, secondo una gradualità in relazione all’anzianità di servizio. L’accordo inoltre regolamenta e rende realmente fruibile il telelavoro, attraverso il sistema della bilateralità di settore, rispondendo così ad una esigenza di un comparto ad occupazione prevalentemente femminile.

Vengono stabiliti limiti dimensionali prima mancanti, come la parametrazione tra il numero di dipendenti e di apprendisti: almeno il 20% per gli studi fino a 50 dipendenti, il 50% per le strutture più grandi.
Il combinato disposto di queste due misure dà il senso di una contrattazione che non ha voluto solo essere una mera riparametrazione delle misure salariali, ma un’occasione per costruire vere e proprie intenzioni di policy per aiutare gli studi professionali ad affrontare un mercato che se, da un lato, richiede una sempre maggiore capacità di cavalcare le novità e le innovazioni (come le ICT e le nuove forme di lavoro), dall’altro richiede una copertura di welfare in grado di tutelare le fasce più deboli, senza sgretolare le capacità di reddito dei titolari degli studi.