Alla Gnp tutto il Sistema Casse

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Un appuntamento, quello della Giornata nazionale della Previdenza, che vede da anni la partecipazione degli Enti di Previdenza Privatizzati e Privati che si confrontano su temi quali lavoro, crescita, welfare, previdenza ed Europa. Iniziamo questo nostro viaggio dentro le Casse partendo dall’Adepp – l’Associazione che le rappresenta – con un’intervista sul Sistema al Presidente dell’Adepp Andrea Camporese.

Dopo la dichiarazione del presidente dell’Inps, Tito Boeri, durante il Forum organizzato dai Dottori commercialisti, che ha assicurato che non c’è alcun fondamento sull’eventualità che le Casse possano confluire dentro il Super Inps, siamo tutti più tranquilli?

Non avevo dubbi che il Presidente dell’Inps avrebbe assunto questa posizione, non solo perché è corretta, ma perché è l’unica possibile. L’Inps è l’Inps e noi siamo un sistema privato e privatizzato per norma e i punti di contatto possono essere solo di natura strategica, culturale, di visione, ma non c’è nessun tipo di altra commistione e mi fa piacere che il Presidente dell’Inps lo abbia sottolineato.

Il Presidente Boeri ha rilanciato la Busta Arancione, progetto alla quale le Casse avevano già aderito e partecipato 5 anni fa. Un servizio che ha come scopo far conoscere per tempo la propria posizione previdenziale e contributiva. Cosa che peraltro alcune Casse fanno già…

Innanzitutto due parole sulla storia perché non è indifferente. Noi abbiamo partecipato ad un tavolo insieme all’Inps convocato dal Ministero del Lavoro per la creazione dell’Anagrafe centrale degli attivi e dei pensionati. Abbiamo partecipato con entusiasmo fornendo i dati in tempi molto rapidi, allineati e precisi, quindi la nostra parte è stata svolta con diligenza e con tempismo assoluto. Noi eravamo pronti alla busta arancione 5 anni fa, operazione che, secondo l’accordo, devo dire corretto, doveva essere generata – per noi e per gli iscritti all’Inps – dall’Inps. Questo è avvenuto soltanto con dei carotaggi, cioè con invii molto limitati, 100.000 buste, di cui una parte era destinata ai nostri iscritti. Questa è la storia quindi siamo molto contenti che il dibattito torni e il tema diventi attuale, ma per noi è stato superato dopo l’adesione al progetto. Abbiamo sempre detto che era un progetto giusto, un servizio che andava dato di trasparenza ed è un servizio che va ampliato. Alcune Casse hanno già nei loro siti dei motori di calcolo prospettici in cui si può analizzare la prestazione prospettica variando la retribuzione nel tempo insieme alla durata della retribuzione. Tutte le Casse hanno delle aree riservate, dove si può entrare visionare il proprio estratto conto contributivo. Quindi per noi non è anno zero. Il passo ulteriore che bisogna fare, e su questo sono d’accordo con Boeri, è avviare la busta arancione per un perimetro più ampio fino ad essere totalitaria. Va fatta non solo con i dati corretti, ma bisogna dare la possibilità alle persone di capire cosa gli si manda e, quindi, capire i numeri, capire le simulazioni, capire in quale contesto si colloca questa operazione per evitare sia di spaventare inutilmente, sia di illudere su prestazioni che nella loro mente sono molto più alte di quelle che sono nella realtà. Questo è il contesto nel quale ci muoviamo, quindi, l’ampliamento dell’informazione è molto importante, la crescita della cultura previdenziale è molto importante, come è importante la comprensione di materie che non sempre sono facilissime. Non si può pretendere che il singolo contribuente possa conoscere a perfezione il modello previdenziale, lo si deve aiutare.

Conoscere anche per tentare di correggere la rotta. Prendiamo i giovani che hanno un reddito che non è proprio adeguato chiamare tale, visto che non raggiunge le mille euro mensili, come si può pensare che possano usare anche una piccola cifra del proprio stipendio per creare la propria previdenza complementare… come si possono aiutare

Esiste un tema legato al mercato e quello è un tema molto complicato che riguarda la depressione economica, il ciclo economico, lo squilibrio tra domanda ed offerta che è molto grave. Tutto questo deve essere affrontato a livello sistemico, non lo possono risolvere le Casse, ma le Casse insieme a tutti gli attori: gli Ordini professionali, i Sindacati, la politica, il Parlamento e il Governo devono trovare una via che permetta a questo mondo, soprattutto giovanile ma non solo, di ottenere una permanenza sul mercato e di avere un reddito accettabile. Questa non è utopia, è un’attività complessa, ma non è utopica perché si possono fare molte azioni. Per esempio il rapporto tra domanda ed offerta nell’attività universitaria, nella formazione universitaria è molto importante. Si tratta di un ragionamento che si sposta anche nel versante del Ministero dell’Università e della Ricerca. Rimanendo al perimetro previdenziale va sottolineato che uno scontro sterile tra generazioni è inutile, bisogna dare ai giovani elementi di protezione che le generazioni precedenti non avevano perché avevano altro, avevano prestazioni più alte, altri benefici che i giovani oggi non hanno e non avranno. Quindi il tema del welfare non è soltanto un tema di copertura sociale, ma anche di compensazione rispetto a sistemi che si sono rafforzati, sono diventati più solidi, ma hanno prestazioni prospettiche più basse. Il giovane che guadagna meno di mille euro al mese è sostanzialmente nell’impossibilità di pagarsi delle prestazioni ulteriori di copertura. Ed infatti noi stiamo cercando di farlo mettendo a disposizione quelle risorse aggiuntive, che sono oltre 500 milioni di euro l’anno, che non vanno ad intaccare il sistema previdenziale, ma rappresentano dei margini legati anche ai rendimenti dei patrimoni, osservando e rispettando le sostenibilità dovute per legge. Questa è la via. Ci vorrebbe una fiscalità più vantaggiosa, una normativa generale più vantaggiosa verso la protezione sociale, che ricordo in alcuni casi è sottrazione dei costi allo Stato ad esempio nell’ambito sanitario, e quindi un valore. Essere coperti in caso di difficoltà, di eventi inattesi e quindi sostanzialmente sostenere i redditi in forma non solo diretta ma indiretta. Perché nel momento in cui io copro le spese sanitarie di un giovane professionista attraverso una assicurazione che riesco a pagare come Sistema – spese sanitarie che si sarebbe dovuto pagare in proprio, io gli sto dando oggettivamente un sostegno al reddito e quindi lo sto aiutando anche in termini previdenziali prospettici. Questa mi pare la strada più percorribile e compatibile, ma bisogna percorrerla con una certa determinazione.

 

Dai giovani a chi ha 50 anni… questa cultura e consapevolezza previdenziale non c’era e non sono state messe in campo azioni per evitare le inadeguatezze delle prestazioni future….come può chi ha davanti solo 15, 18 anni di lavoro evitare la “certa povertà”.

Certamente, per quella parte di iscritti che ha un’età intorno ai 50 anni ed ha alle spalle una carriera professionale discontinua o comunque non di redditi adeguati, il problema è ancora più complesso, perché il tempo sufficiente a riportare la prestazione finale ad un livello accettabile si restringe. In questo senso credo che siano importanti due elementi. Uno è la possibilità di incardinare ulteriori elementi solidaristici per le persone che stanno intorno a quella età. Quando parlo di solidarietà non parlo di regalie, ma di una attenzione particolare in termini per esempio di welfare e di ammortizzazione sociale e di sistema generale pensionistico che possa dare alle persone qualcosa in più rispetto alla condizione che vivono. Altro elemento è quello della previdenza integrativa, diciamo così, la previdenza di secondo pilastro. È indubbio che questo elemento sia valido, sia importante, un’idea ormai presente nella maggior parte dei Paesi europei e se il nostro modello di previdenza complementare è stato per anni considerato il migliore d’Europa un motivo ci sarà. Se, però, noi andiamo nella direzione di dire che i contributi possono essere ritirati in qualsiasi momento, per qualsiasi ragione, ipotizziamo una portabilità del contributo. Tutti questi elementi di libertà, che non nego possono permettere al singolo di avere la liquidità che desidera, si traducono sul tema, più ampio, della copertura sociale in elementi da maneggiare con cura e con moltissima attenzione. Perché tutti gli schemi, tutti gli studi dimostrano che soltanto una continuità ed obbligatorietà di versamento portano sicuramente ad una copertura reale. Quindi spero che ci sia – anche se non sono un rappresentante dei fondi di secondo pilastro – un ragionamento ulteriore del Parlamento e del Governo rispetto al sostegno di questo mondo, perché può rappresentare quel cuscinetto ulteriore che, sommato alle prestazioni meno vigorose del primo pilastro, porterebbe ad una condizione finale non dico di ricchezza, ma sicuramente di tranquillità

Investimenti. La dottoressa Carlotta De Franceschi, consigliere economico del Presidente del Consiglio dei Ministri, durante il suo intervento al Forum dei Dottori commercialisti, ha parlato di palude, di una palude italiana dove si sono trovati gli investitori e ha rilanciato dicendo che il Paese uscirà presto da questo impasse…ha la sensazione che effettivamente le azioni che il Governo sta mettendo in campo vadano in questa direzione? Tu oggi investiresti i soldi degli iscritti in Italia? E se sì dove e come?

Che sicuramente qualcosa si stia muovendo nel mercato in Italia, personalmente – a questo punto – non ho più dubbi; che ci sia una inversione di tendenza sui fondamentali e non solo sul Pil credo che sia molto probabile. Ritengo che ci sia in un nuovo ciclo, vedremo quanto positivo, ma sicuramente un ciclo nuovo, per cui l’opportunità che si presenta – dovuta anche a fattori esogeni al nostro Paese – deve essere colta, quindi la nostra disponibilità, che c’era e che si è manifestata in mille modi, di continuare in un percorso ancora più efficiente ed efficace di intervento nell’economia reale, resta. Dipende sempre dal contesto che si genera. Noi dobbiamo essere messi nelle condizioni di investire con un profilo corretto di rapporto rischio rendimento, con strumenti di mercato efficienti e trasparenti che portino un giusto ritorno ai nostri iscritti e che sostengano la dinamica economica del nostro Paese. Il tema degli investitori di lungo periodo attraversa anche il dibattito europeo ed è molto importante per il futuro, perché in tutti gli Stati membri il risparmio previdenziale nelle sue diverse articolazioni può diventare un enorme valore per la tenuta dell’economia reale. Quindi ci siamo e siamo anche interessati e pronti, bisogna arrivare ad un contesto generale anche di natura politica, culturale, istituzionale che ci permetta di avanzare nel percorso che abbiamo fatto. È una grande partita ed è una partita che dovrebbe essere giocata. Speriamo che si possa discuterne a fondo ed ulteriormente con il Governo in modo da trovare percorsi comuni.

Tutti i relatori presenti al Forum hanno lodato la crescita di responsabilità, efficienza e strutturale delle Casse ma nonostante questo arriverà a breve il Decreto nel quale si chiederà agli Enti di dotarsi di più professionalità che tra l’altro avranno un costo.

Sicuramente sì, un costo giusto. Secondo me pienamente giustificabile. Non bisogna generalizzare. Nell’ultimo decennio il livello della professionalità interna delle strutture è molto aumentato, è migliorato, si è amplificato. E’ evidente che non tutti hanno e possono avere la stessa dimensione di patrimoni e di strutture. Il fatto che ci si debba dotare di strutture professionali sugli investimenti , di percorsi amministrativi tracciabili e coerenti, è assolutamente condivisibile. Laddove le masse gestite non sono enormi o non sono sufficienti a giustificare una articolazione interna particolarmente rilevante è evidentemente che torniamo alla possibilità di farlo in pool, in gruppo, in modo consorziato. In ultima analisi, io sono d’accordo con la linea del Mef sul fatto che la professionalità interna è di per se una delle principali garanzie della qualità degli investimenti .

Vede spiragli sul tema della doppia tassazione?

Anche recentemente al grande appuntamento organizzato dai Commercialisti il tema è stato discusso e trattato positivamente, nessuno dei presenti ha detto che questa tassazione sia giusta. Tutti hanno detto che è eccesiva, andrebbe attenuata, che va in senso opposto rispetto all’Europa ma che si confronta anche con la necessità del Paese di avere delle risorse, di superare un momento difficile, con la necessità di contribuire ad un bene generale. Quindi, diciamo che le dichiarazioni che si sono sviluppate sono dichiarazioni positive che sembrano preludere ad un ragionamento in questo senso. Non per una semplice rivendicazione di diminuzione di tassazione, come se fossimo in un recinto separato dal resto del Paese, non è questo il tema. La richiesta deriva dalla missione che ci è stata affidata. Dal fatto che si fa previdenza di primo pilastro a favore dei nostri iscritti e che quei contributi che ci vengono versati si trasformano in prestazioni che vengono tassate all’erogazione secondo gli scaglioni Irpef. E quindi, alla stregua degli altri Paesi, restiamo convinti fino in fondo che la tassazione sulle plusvalenze generate dai patrimoni vada rimossa.

È indubbio che le Casse stiano mettendo in atto passi ulteriori, mi riferisco al Codice etico e al Codice sulla trasparenza che verranno presentati il prossimo 21 maggio, che sono entrambi frutto di un profondo confronto e di una grande discussione all’interno del Sistema

Sì, il dibattito all’interno è stato importante, valido, positivo, tecnicamente rilevante, ma anche unanime. I temi della trasparenza o della eticità, dell’efficienza, dell’accesso alle informazioni sono stati declinati nello specifico interesse dei nostri iscritti. Lo abbiamo fatto, abbiamo chiesto anche conforto e confronto con i soggetti pubblici che si occupano di questo tema, nonostante a noi non si applichi tout court la normativa generale sull’anticorruzione. Abbiamo dimostrato che siamo in grado di intercettare elementi ulteriori di crescita e di modernità del Sistema. Un passo sicuramente molto positivo.

A dimostrazione che la trasparenza e la chiarezza generano sicurezza in tutti gli ambiti….Secondo te adesso non servirebbe generare una rivisitazione di tutte le norme che comunque riguardano questo sistema e questo mondo?

Credo che ci sia un eccesso normativo e uno scarso coordinamento tra norme. Quindi è n doppio problema. Anche qui non confondo l’eccesso burocratico con l’obbligatorietà dei controlli, della trasparenza e la trasmissione dei dati. Tutti elementi che sono pacifici e che anzi andrebbero ampliati. Quindi il tema non è la produzione di norme che migliorino l’andamento del Sistema. Il problema è altro, ossia che spesso queste norme non coordinate tra di loro ci costringono a produrre informative, dati, numeri, delibere verso innumerevoli soggetti diversi, che ci richiedono statistiche diverse tra loro. Questo è una tipica distorsione italiana nella quale i sistemi si evolvono, l’impianto normativo si evolve senza avere una direzione e quindi creando sovrapposizione ed inefficienza. Spetta anche allo Stato fare chiarezza su questo sistema. Dare indicazioni per evitare sovrapposizioni. significherebbe meno dispersione di energie per tutti, meno dispersione del lavoro che dobbiamo fare e quindi meno inefficienze. Quindi chiarimenti sul profilo di autonomia, sul profilo del controllo e sugli obblighi di trasparenza ed efficacia sono chiarimenti positivi anche, in ultima analisi, per i nostri iscritti. Io credo che questo sia un tema molto tecnico, ma di rilevanza politica e spero che anche su questo si possa approfondire la materia

Convengo Adepp. Le ICT e l’impatto che queste hanno avuto e avranno sul mondo dei professionisti. Tu hai dichiarato, durante il convegno organizzato dai commercialisti, riferendoti al mondo dell’editoria quindi un mondo più strettamente giornalistico, che se da una parte grazie alle nuove tecnologie si possano aprire nuovi scenari e nuovi mercati del lavoro dall’altra dobbiamo individuarne ed intercettarne tutte le criticità.

È davvero uno dei temi dirimenti del futuro, insieme all’apertura di nuovi mercati, alla nuova declinazione della concorrenza nello spazio europeo, ai profili di liberalizzazione delle prestazioni dei servizi collegati però alla qualità resa e ai servizi stessi. Questa dinamica ha enormi potenzialità ed enormi rischi, ma attenzione il rischio non è semplicemente il pericolo evidente di svuotare la professionalità, il lavoro, le competenze e i redditi dei professionisti, ma è nei confronti dell’utente finale. La tecnologia non si può fermare, ma il modo in cui si governa l’impatto della tecnologia in aree sensibili della vita quotidiana non è un fatto banale. La tecnologia ha già impattato in modo drammatico nel mondo dell’editoria, ma non solo. Studi dimostrano che impatterà in modo rilevante nell’ambito delle professioni mediche, dalla robotica nella chirurgia, il tema della diagnostica per immagini, innovazioni che permettono una riduzione al minimo dell’intervento umano. Il tema meriterebbe approfondimenti molto importanti. Questa crescita di tecnologia, se da una parte porta a servizi più ampi, più articolati, in molti casi più efficienti, dall’altra interessa il fattore umano e professionale che dovrà diventare ancora più specialistico e non indifferente. Questa è la sfida, perché se la tecnologia porta a far fare tutto a tutti senza nessuna garanzia del risultato, noi non abbiamo fatto il bene della comunità, abbiamo fatto qualcosa del tutto diverso. Dobbiamo oggi porre questo tema prima che gli effetti si verifichino, dobbiamo avere la consapevolezza della forza e della potenza di questa dinamica.

I nostri professionisti hanno capito bene le opportunità che vengono dall’Europa e l’ha capito l’Adepp, attraverso il suo impegno costante e propositivo dentro l’associazione europea Eurelpro, nei tavoli di confronto con le Istituzioni europee, iniziando ad erogare una serie di servizi ai propri associati e a quel Mondo che ruota intorno al Sistema, ma quali saranno i passi successivi?

Diciamo che l’essere entrati a pieno titolo nel sistema dei finanziamenti europei ha segnato una pietra miliare, senza voler essere retorici, nella storia della Comunità europea. Perché è un passaggio che ha una dimensione e una possibilità di ricaduta enorme in termini prospettici, ma come tutte le cose che iniziano hanno bisogno di cultura, di accesso, di moltiplicazione, di opportunità e di declinazione dello stanziamento di fondi più aderente possibile alle necessità ideali dei mercati che intercettano. Come Associazione dobbiamo continuare sul percorso fatto, anche se rivendico che molto si è già fatto, ma non basta. Bisogna continuare in questo ruolo di servizio e di diffusione di informazioni, di evidenziazioni dei bandi che si generano, di rapporto con le Regioni, di approfondimento dei rapporti istituzionali che portino tutto questo impianto ad essere sempre più presente ed efficace

Quindi ulteriori tavoli di confronto come quello, appena insediato, con il Ministero dello Sviluppo Economico?

Ecco, in questo senso l’ultimo degli effetti di questo lavoro è l’apertura del tavolo con il Mise, grazie al Sottosegretario Vicari. Un tavolo importante, attraverso il quale l’innovazione, lo sviluppo, l’informazione ed un ulteriore ampliamento del tema dei fondi e dei finanziamenti, arriva a generare un approfondimento di rapporto con le Regioni e con i Ministeri stessi. Potrebbe moltiplicare ulteriormente le opportunità, e qui bisogna essere tenaci, pervicaci ed andare avanti. Io sono certo che nel prossimo decennio i temi legati alla libera professione e ai professionisti cresceranno molto e diventeranno parte integrante della cultura del Paese, anche nel rapporto con il tessuto delle imprese.