Decreto genitorialità, il Senato dice “ni”

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….Occorre valutare l’opportunità di una riscrittura del decreto legislativo in forma che lo renda direttamente leggibile e comprensibile da parte di tutti i soggetti chiamati ad applicarlo: per questo è necessario che le disposizioni non siano adottate secondo la tecnica dell’”intarsio”, bensì con la riproduzione dell’intera disposizione che si intende introdurre o modificare….questa una parte del parere espresso dalla Commissione lavoro del Senato sul Decreto in tema di genitorialità chiedendo inoltre che  “le norme attuative rispettino i requisiti di semplicità, concisione, chiarezza e leggibilità immediata da parte di tutti i destinatari, che dovranno essere propri del codice semplificato del lavoro”.
Insomma il Decreto, che dovrebbe essere, in questi giorni, in via di approvazione definitiva, registra qualche perplessità. Sempre la Commissione lavoro di Palazzo Madama sottolinea che “In via generale, si fa notare inoltre che, a causa dei tempi ridotti per l’iter di approvazione e i vincoli finanziari connessi, solo alcuni dei principi e criteri direttivi previsti nella legge delega hanno trovato attuazione nello schema di decreto legislativo. Fra quelli che non hanno trovato attuazione si ricordano i principi previsti all’articolo 1, comma 9, dalla lettera c) sull’introduzione del credito di imposta per le donne lavoratrici, anche autonome, che abbiano figli minori o figli disabili non autosufficienti e che si trovino al di sotto di una determinata soglia di reddito individuale complessivo; dalla lettera e) sulla possibilità di cessione, fra lavoratori dipendenti dello stesso datore di lavoro, delle ferie in favore del lavoratore genitore di figlio minore che necessiti di presenza fisica e cure costanti per le particolari condizioni di salute; dalla lettera f) sulla promozione dell’integrazione dell’offerta di servizi per le cure parentali, forniti dalle aziende e dai fondi o enti bilaterali, nel sistema pubblico-privato dei servizi alla persona, nonché dalla lettera l) sulla semplificazione e razionalizzazione degli organismi, delle competenze e dei fondi operanti in materia di parità e pari opportunità nel lavoro ed il riordino delle procedure inerenti alla promozione di azioni positive di competenza del Ministero del lavoro e delle politiche sociali”.
Ma pareri a parte riassumiamo le norme contenute nel Decreto
Congedo di maternità e ricovero ospedaliero del bambino

Viene introdotta una ipotesi di sospensione e rinvio del congedo di maternità in caso di ricovero del neonato in una struttura pubblica. Con il nuovo articolo 16bis, in buona sostanza la lavoratrice potrà richiedere in questi casi la sospensione del congedo di maternità, che riprenderà dalla data di dimissione del bambino. Tale possibilità potrà essere esercitata dalla dipendente una sola volta per ogni figlio. La norma subordina il ricorso alla sospensione alla produzione di una certificazione medica, che dichiari la compatibilità dello stato di salute della lavoratrice con la ripresa dell’attività lavorativa. Dalla costruzione del testo normativo, non sembra possibile per la dipendente, durante detto periodo di sospensione, la fruizione del congedo parentale, in quanto il legislatore parla di ripresa dell’attività lavorativa, quindi eventuali assenze delle dipendente potrebbero portare a una ripresa di fatto del congedo. Inoltre il ricorso al congedo parentale pare non percorribile, in quanto la norma sul congedo stesso prevede che spetti “alla madre lavoratrice, trascorso il periodo di congedo di maternità”; nel caso di specie il periodo di maternità non è trascorso ma sospeso, e quindi non sembra possibile la fruizione del congedo parentale nel periodo di sospensione. Tale disposizione si applica anche in caso di adozioni, come previsto dall’art. 4 dello schema di decreto.

Indennità di maternità anche in caso di licenziamento per giusta causa

Altra modifica che attiene l’indennità di maternità è la modifica dell’art. 24 comma 1 del TU, dove viene inserita tra le ipotesi che danno diritto all’indennità in caso di cessazione, anche il licenziamento per giusta causa. Sostanzialmente, quindi, in caso di licenziamento per giusta causa che si verifichi durante il periodo di congedo di maternità, l’indennità di maternità compete fino al termine del periodo tutelato.

Novità in materia di congedo di paternità

Anche il congedo di paternità trova alcune novità nello schema di decreto, volte a una maggiore tutela. La nuova norma è rivolata a quei casi in cui i genitori si trovino sotto tutele lavorative diverse, uno lavoratore dipendente e l’altro lavoratore autonomo. Ricordiamo che l’istituto del congedo di paternità prevede che “il padre lavoratore ha diritto di astenersi dal lavoro per tutta la durata del congedo di maternità o per la parte residua che sarebbe spettata alla lavoratrice, in caso di morte o di grave infermità della madre ovvero di abbandono, nonché in caso di affidamento esclusivo del bambino al padre”. Con la prima modifica alla norma vene introdotto il diritto al congedo di paternità al padre lavoratore, anche se la madre è lavoratrice autonoma (che ha diritto all’indennità di maternità giornaliera di cui all’art. 66). L’innovazione continua anche con il diritto del padre lavoratore autonomo di percepire l’indennità di congedo di paternità, anche nel caso in cui la madre sia lavoratrice dipendente, con domanda diretta all’Inps.

Adozioni internazionali: il periodo di congedo non retribuito

Estensione del congedo non retribuito per le adozioni internazionali fino a una mese, previsto dall’art. 26 comma 4 del TU, al padre lavoratore nel caso in cui la madre non sia lavoratrice dipendente.

Estensione del congedo parentale

Molte le novità per la fruizione del congedo parentale, che vede un complessivo riordino che attiene sia la durata del congedo, che il periodo di indennizzo del congedo stesso. Innanzitutto viene esteso fino a 12 anni del bambino il diritto alla fruizione del congedo, e non più fino a 8 anni di vita.

In tema di indennità, viene esteso il diritto all’indennità prevista del 30%, fino al compimento del sesto anno di vita, e non più entro il terzo, e senza limitazioni. Infatti la normativa vigente prevede che al genitore spetti l’indennità al 30% fino al terzo anno di vita, mentre successivamente al terzo anno e fino all’ottavo l’indennità compete solo nel caso in cui il reddito del genitore richiedente sia inferiore al limite determinato in 2,5 volte del trattamento minimo di pensione a carico dell’assicurazione generale obbligatoria.

Viene, quindi, aumentato il periodo in cui è possibile fruire del congedo (fino a 12 anni, rispetto agli attuali 8 anni di vita del bambino), ma viene anche rimodulato il diritto all’indennità che competerà fino a 6 anni di vita del bambino, senza condizioni. Le medesime condizioni varranno anche in caso di adozioni di minori, computandosi i periodi dal momento di ingresso del minore nel nucleo familiare, che come noto in caso di adozioni il legislatore considera il giorno di nascita per la determinazione dei diritti in tema di congedi parentali.

Divieto di lavoro notturno: estensione anche in caso di adozioni

Tra i soggetti non obbligati a prestare lavoro notturno viene inserita la lavoratrice madre adottiva o affidataria di un minore, nei primi tre anni dall’ingresso del minore in famiglia, sempre che il minore abbia fino a 12 anni di età. In alternativa, e alle medesime condizioni, il lavoratore padre adottivo o affidatario convivente con la lavoratrice può godere del beneficio.

Dimissioni volontarie: novità in tema di preavviso

Novità importante quella in tema di dimissioni e preavviso delle lavoratrici madre o dei padri lavoratori. All’interno della normativa vigente è presente una stortura generata da una modifica introdotta dalla legge Fornero. Infatti all’interno dell’art. 55 del TU è stato introdotto, e non viene modificato, l’obbligo di convalida delle dimissioni fino al terzo anno di vita del bambino sia per la madre lavoratrice che per il padre. La norma vigente prevede che in caso di dimissioni disciplinate dall’art. 55 non si applichi il preavviso (art. 55 c. 5), quindi anche in caso di dimissione di uno dei due genitori entro i tre anni di vita del bambino. La norma prima della legge Fornero, prevedeva tale ipotesi solo nelle dimissioni della madre entro il primo anno di vita del bambino, e del padre entro tale termine solo se fruitore del congedo di paternità.