Caro Ministro….Facciamo una cosa giusta

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Questo il titolo della lettera che il presidente dell’Eppi, Valerio Bignami, ha scritto al Ministro del Lavoro e delle Politiche sociali, Giuliano PolettipPer chiedere innanzitutto la “riscrizione” del comma 9 dell’articolo 1 della Legge 335/1995, quella sulla Riforma del Sistema pensionistico obbligatorio per intenderci, che impedisce, per Bignami, “alle Casse virtuose e con i conti a posto di poter riconoscere rivalutazioni maggiori e quindi di erogare trattamenti pensionistici più alti”. .

Presidente, caro Ministro le scrivo…

Noi abbiamo voluto fare questo appello per evidenziare quelle che sono le richieste che noi espiriamo da qualche anno soprattutto rispetto alle Casse del 103 che come lei sa hanno una particolarità rispetto a tutte le altre Casse privatizzate. Abbiamo  contemporaneamente acquistato  una pagina sia su Italia Oggi sia su Il Sole 24 ore  per attivare un campagna di pressione per il mondo della politica ed anche di sensibilizzazione dei cittadini che normalmente leggono i quotidiani. Credo che i professionisti debbano recuperare  un rapporto con i cittadini perché questi in passato, e credo a ragione, abbiano avuto una visione dei professionisti come di una casta, di privilegiati ai quali lo Stato fa delle norme per creargli lavoro, di evasori fiscali,  questo è un po il sentire comune. E il senso di questa campagna è far capire che noi siamo dei lavoratori, che anzi oggi i professionisti  sono i lavoratori più precari in assoluto perché vivono la contrazione del mercato , la difficoltà di vedersi riconosciuti i giusti compensi e ad incassare le parcelle professionali.  Vorremmo che il cittadino diventasse un nostro alleato e non più ostile. E’ indubbio che  questo accrescerebbe l’autorevolezza che noi abbiano nei confronti della Politica.

Parliamo dei redditi. Guardando i dati elaborati anche dal  centro studi Adepp notiamo che mentre dal 2008 al 2012 questi tengono, poi iniziano a subire una flessione, confermata anche nel 2014.

Innanzitutto dobbiamo fare una considerazione:  le nostre prestazione sono tutte prestazioni, come quelle degli ingegneri architetti geometri, che hanno una gestazione molto lunga quindi diciamo che i risultati negativi anche inerenti alla flessione del reddito si esplicitano nel tempo. Noi oggi viviamo le risultanze di contrazioni che sono iniziate già qualche tempo fa. Devo dire che tutto sommato la mia categoria ha tenuto abbastanza bene perché noi abbiamo avuto una flessione dal 2008, anno considerato da tutti l’inizio della grande crisi economica del nostro Paese, al 2013 del 12 % contro percentuali molto più alte in altre categorie a noi similari, quindi molto probabilmente il fatto di operare in una nicchia di specializzazione come quella impiantistica ad esempio ci ha messo un po’ al riparo. Devo però fare onestamente un’altra considerazione . Prendiamo come esempio gli edili. Questi hanno un’attività che si rivolge anche molto al privato, inoltre, negli ultimi anni le politiche del Governo hanno aumentato i controlli sull’evasione fiscale . Questi due elementi hanno fatto si che  la riduzione del reddito sia stata limitata. C’è stata, infatti,  una maggiore sensibilizzazione e quindi i professionisti si sono adeguati e  a differenza di quello che si pensi hanno pagato le tasse. Anche la proiezione del 2014 è positiva,  il dato complessivo ci dice che non ci sono delle grandi contrazioni anche se la lettura deve essere più approfondita  visto che noi abbiamo al sud  delle riduzioni importanti di reddito mentre al nord notiamo qualche segnale di ripresa.

Leggendo sempre i dati, nonostante la vostra professione sia prevalentemente maschile, esiste comunque un problema di  gender pay gap.

Si, la nostra professione è quasi esclusivamente  maschile anche se notiamo, in questi ultimi anni,  una attività femminile in aumento ma con numeri veramente irrisori, proprio per il tipo di lavoro. Noi abbiamo alcune colleghe che  sono particolarmente specializzate nell’ambito della chimica, qualcuna nell’ambito delle edilizia ma pochissime nell’ambito dell’impiantistica,  sia elettrotecnica sia termotecnica. E’ quindi  chiaro che le donne vivono una situazione professionale molto marginale rispetto agli uomini, anche se stiamo incentivando molto la presenza femminile infatti come Cassa di previdenza stiamo prevedendo una serie di benefici assistenziali proprio per favorire soprattutto la possibilità da parte della nostre giovani colleghe di aprire un’attività. Ma ad oggi la risposta oggettivamente è ancora molto molto limitata, nonostante ci  siano grandi spazi e nonostante le donne quando decidono di fare una cosa siano molto più tenaci degli uomini.

La figura del perito industriale ha radici antiche, come è cambiata in questi cento anni?

La professione del perito industriale dal punto di vista tecnico è una delle più antiche perché la categoria nasce ufficialmente nel 1929, ma di fatto appare già a metà dell’ottocento con le scuole tecniche che fra l’altro avevano corsi di studio molto molto importanti. Lei pensi che a metà dell’ottocento chi frequentava le scuole tecniche aveva l’obbligo  di studiare due lingue, questo per dire quanto fossero avanzate  le prospettive di creare  orientamenti che preparassero tecnici all’avanguardia. Dal 1929 in  avanti la professione del perito industriale si è concentrata nell’ambito dell’edilizia e della meccanica e soprattutto nel dopoguerra i periti meccanici hanno contribuito alla rinascita del Paese, le nostre più grandi industrie meccaniche sono state fondate e dirette da periti industriali che avevano un rapporto di lavoro dipendente. Poi c’è un’esplosione negli anni ‘70 con l’avvento della necessità di una specializzazione nell’ambito impiantistico che fino ad allora  era stata invece considerato la cenerentola dell’edilizia, tanto che raramente venivano progettati con scientificità gli impianti elettrici o di riscaldamento, finché nel ’73, con la prima legge sul contenimento dei consumi energetici,  si è sviluppato un nuovo concetto di impiantistica ed   oggi questa sta prevalendo in tutti i processi edilizi. Nella realizzazione di  confort  e di adeguatezza di una struttura, che sia di terziario o industriale o abitativa , l’impiantistica fa da padrona. Le capacità dei nostri colleghi impiantisti, diciamo professionisti tecnologici,  si sta affermando e questo è anche il motivo perché abbiano una flessione dei redditi minore rispetto ad altri colleghi.

L’avvento delle ICT che impatto ha avuto sulla professione?

Per la particolarità dell’applicazione della professione, possiamo dire che i periti sono molto avvezzi alle innovazioni tecnologiche. Basti pensare al tema della riqualificazione energetica che nel giro di pochi anni ha avuto una evoluzione spaventosa,  con tantissime potenzialità ancora da esprimere e da indagare. In pochi anni, un pannello solare che alcuni anni fa era di 3metri, oggi è di mezzo metro quadro. Tra i nostri colleghi c’è una propensione ad indagare nuove strade, ad approfondire e cercare tecnologie nuove ma  fare formazione, studiare comporta un costo che i nostri iscritti hanno difficoltà ad affrontare. ed è per questo che noi, come Cassa di previdenza, stiamo pensando di supportarli  nell’ambito della qualificazione e nell’espressione di progetti di alta tecnologia.

Dove vorrebbe che andasse l’Eppi

Ah guardi da tempo io sostengo che noi oggi assistiamo ad una evoluzione di tutto il mondo previdenziale . Fino ad oggi l’obiettivo unico e principale  era quello di fare previdenza e quindi creare le opportunità per avere un assegno pensionistico nell’ episodio della quiescenza. Ed infatti le azioni di sostegno in ambito assistenziale e sociale sono sempre state episodiche e limitate anche dal punto di vista delle risorse economiche. Oggi io credo che dobbiamo porci il problema di potenziare il nostro intervento anche sul fronte assistenziale, per due motivi: primo perché lo Stato, ogni giorno,  regredisce sempre di più da tutti gli strumenti di garanzia per lo stato sociale e secondo perché  l’aumento delle incertezze dal punto di vista propriamente occupazionale e  le difficoltà che i liberi professionisti  incontrano devono essere compensate con aiuti consistenti. Noi siamo le Casse che abbiamo il sistema contributivo a capitalizzazione pura, ossia tanto si versa tanto si percepisce , sappiamo che questo è un sistema estremamente sostenibile ma assolutamente inadeguato, quindi dobbiamo  renderci conto che i nostri colleghi dovranno lavorare sempre di più, dovranno permanere nel mondo del lavoro sempre di più, non potranno avere delle risorse tali da potersi permettere una lunga vita da pensionato. E’ chiaro  che noi dobbiamo creare un sistema di protezione per aiutare coloro che purtroppo per diversi motivi non ce la faranno a lavorare fino alla tarda età. Ormai si parla di 70 e oltre anni. I liberi professionisti, lo dicono gli studi anche europei, lavorano dai 7  agli 8 anni  in più rispetto ai lavoratori dipendenti. Dobbiamo creare tutta una serie di supporti per aiutare queste persone. Inoltre,  fino ad oggi nessuna Cassa e nessun sistema previdenziale ha preso in esame aiuti  e supporti assistenziali per chi è già in pensione. Alla luce del fatto che questi assegni pensionistici con questi nuovi metodi saranno molto ma molto limitati ci porta a pensare  di introdurre  aiuti per chi potrebbe trovarsi in difficoltà,  sostenerlo anche nel  periodo della quiescenza. Chiaramente questo pone un problema di grande attualità  dal punto di vista della contribuzione però credo che una  categoria matura debba porsi questo problema e chi è in grado  di farlo debba sostenere anche i colleghi che purtroppo per disavventure non solamente  soggettive si dovessero trovare in difficoltà. Questa è la grande sfida e trasformazione che un po’ tutte le Casse stanno pensando  e che dobbiamo attuare con procedimenti certi. Certo anche lo Stato deve intervenire fortemente perché non può fare finta di nulla,  delegare questi problemi e lavarsene le mani, come sta facendo.

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