Aziende straniere. Arrivano i dati del Ministero

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La crisi economica e occupazionale che ha investito il sistema produttivo e il mercato del lavoro italiani negli ultimi anni, ha fatto emergere la centralità della componente straniera. Anche i dati del 2014 confermano come – senza il contributo della forza lavoro comunitaria ed extracomunitaria – l’occupazione farebbe segnare l’ennesima contrazione. Ma andiamo a leggerli questi dati. Oltre il 10% delle imprese individuali in Italia sono straniere (con picchi di oltre il 20% in alcuni settori) mentre nel lavoro autonomo artigiani e commercianti sono circa l’8%: sono i numeri del Rapporto 2015 sui migranti in Italia, realizzato dal Ministero del Lavoro (in allegato). Una mappatura che evidenzia, ancora una volta, le grandi differenze tra il nord e il sud del nostro Paese.

In Emilia Romagna, ad esempio, l’imprenditoria straniera vede un incremento pari a 1130 unità nel corso di un anno, sfiorando quota 43.472 lo scorso 31 marzo. Cresce anche in Campania, 11,3%, seguono  Lazio, Lombardia e in Veneto, rispettivamente + 10,5, 5,8 e al 4,7%. Per quanto riguarda le forme giuridiche, le più numerose sono le ditte individuali seguite dalle società di capitale, mentre la crescita è meno evidente per le cooperative e i consorzi. Nella ripartizione territoriale del Centro sono relativamente più diffusi i permessi dalla durata più breve, mentre al Nord Ovest accade il contrario. Sempre nel Centro, è relativamente meno utilizzata la fattispecie dei permessi di durata intermedia.

Le donne godono di permessi più stabili rispetto ai maschi: il 52,4% delle donne ha avuto un permesso di durata superiore a un anno, a fronte del 49,7% degli uomini. A livello di cittadinanza, la maggior diffusione di permessi di durata superiore all’anno si registra per egiziani (70,2%), ucraini (68,2%), filippini (65,7%) e peruviani (64,6%). Un’elevata quota di permessi dalla durata breve interessa invece i cittadini statunitensi, nigeriani e turchi. Ma se per le italiane le possibilità di conciliazione sono più ampie anche grazie, laddove presenti, a reti parentali o all’acquisto di lavoro domestico, molte donne immigrate a seguito della maternità sono costrette a rimanere al di fuori del mercato del lavoro non potendo contare su servizi pubblici spesso scarsi o su quelli privati troppo costosi, oppure sul sostegno dei familiari, generalmente assenti perché rimasti nel paese di origine»

 

 

 

E i professionisti? Le attività professionali, scientifiche e tecniche sono raggiungono il 4,2% ossia oltre 4mila soggetti. Importante la percentuale di imprenditoria femminile straniera, pari al 25% di quella maschile con picchi per Ucraina (56,7%), Nigeria, 46,2% e Cina, 45,8%, il paese con il maggior numero di imprenditori in Italia (25mila) dopo Marocco (56mila) e Albania (27mila). Più di un quarto anche fra peruviani (29,5%), svizzeri (31,5%), argentini (28,4%), moldavi (28,1%) ed ecuadoregni (25,4%). La minor partecipazione nell’imprenditoria individuale è fra le donne pakistane, egiziane, bangladesi e albanesi.

E nel rapporto del Ministero si legge ….Un’ultima notazione meritano la distribuzione della popolazione italiana e straniera di occupati e disoccupati per classe d’età e gli andamenti delle principali componenti delle forze lavoro per ripartizione territoriale. Fatto 100 il numero di occupati per classe d’età decennale, si nota come la quota di occupati under 34, in particolare comunitari, sul totale della popolazione dei lavoratori di riferimento, sia molto elevata (il 33,7% nel 2014). Diversa appare, invece, la distribuzione delle persone in cerca di lavoro, dato che per le classi di età più giovani, la quota di disoccupati di cittadinanza straniera si attesta su valori percentuali non molto dissimili da quelli registrati per gli italiani; in quest’ultimo caso più della metà degli individui in cerca di occupazione ha meno di 34 anni (51% del totale). La classe d’età dei 15-34enni assorbe circa il 46% della popolazione dei disoccupati stranieri…..