Partite Iva in flessione. Merito del Jobs act? Il Presidente Guffanti: “Si ma….”

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Il Ministero delle finanze ha pubblicato i dati elaborati dall’Osservatorio sulle Partite Iva, datati agosto 2015, e quello che salta immediatamente all’occhio è il segno meno che contraddistingue il numero di aperture rispetto ad un anno fa ossia -6,5%.  E mentre il calo, spiega il Dipartimento delle Finanze, potrebbe essere stato influenzato dall’entrata in vigore delle nuove forme contrattuali previste dal “Jobs act” che potrebbero aver favorito la costituzione di rapporti di lavoro dipendente rispetto ai rapporti di lavoro autonomo, Pierluigi Rausei, Dirigente del Ministero del lavoro e docente di Diritto sanzionatorio del lavoro, affida ad un twitt il suo pensiero: “Gioire per la diminuzione delle Partite Iva è da irresponsabili: il futuro del lavoro passa dalle prestazioni di lavoro autonomo”.

Presidente Guffanti che cosa ne pensa dei dati pubblicati dal Mef?

“Il numero delle partite Iva costituitesi nell’ultimo periodo pare aver subito una battuta d’arresto tanto per effetto del “Jobs Act”, introdotto di recente dal Governo Renzi, quanto per le agevolazioni fiscali alle assunzioni a tempo indeterminato. In parte questo arretramento potrebbe essere dovuto al nuovo regime fiscale “forfetario”, che, come indicato dall’ultima Nota del MEF, è scelto solo da 1.249 soggetti contro i 4.016 che hanno optato per il vecchio regime “di vantaggio”. Il tutto intendendo come riferito al mese di agosto il dato sui regimi agevolati, e non al mese di luglio, riportato nel testo. Va detto, comunque, che un calo di apertura delle partite Iva, se davvero legato a una riduzione di contratti di lavoro autonomo che mascherano mansioni riconducibili al lavoro dipendente, di sicuro offre una migliore legittimazione e regolarizzazione dei rapporti di lavoro. Inoltre, come si vede dai numeri del MEF, i servizi professionali rappresentano dopo il commercio, il secondo settore produttivo per numero di aperture (11,4%), una percentuale che, rapportata alla capacità dei professionisti di generare all’incirca il 15%-16% del Pil nazionale, è indicativa di un contributo medio per le partite Iva professionali anche del 40% superiore in termini di maggiore efficienza, rispetto ad altri settori”.

Tra quelle aperte ben il 47,6% è attribuibile ai giovani

“Dal nostro punto di osservazione notiamo anche che il consistente numero di partite Iva riconducibili ai più giovani (47,6% fino a 35 anni) è in linea con gli andamenti dei neo-abilitati alla professione di Dottore Commercialista. Tutto ciò è un chiaro segnale del fatto che le professioni intellettuali sono vive, e che i più giovani hanno ancora voglia di affermare e vedersi riconosciute le proprie capacità di avviare un percorso lavorativo autonomo. Riconoscimenti, anche dal punto di vista previdenziale, andrebbero cristallizzati con interventi fiscali più strutturali – magra consolazione l’apertura sul credito d’imposta per le Casse – che, per garantire pensioni più adeguate ai giovani professionisti, smettano di bruciare parte dei montanti contributivi nella fase di gestione e accumulo, dopo aver già programmato di gravare sulla prestazione. La legge di stabilità, così come appare oggi, sembra purtroppo ancora una volta trascurare le istanze previdenziali dei giovani professionisti”.