Esenzione Irap per il professionista. Cassazione dixit

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Se il professionista ha un solo collaboratore, vedi segretaria, può usufruire della esenzione Irap. A stabilirlo una sentenza della Cassazione la n. 9451/2016 . Ma facciamo un passo indietro.

A riconoscere al professionista il diritto al rimborso dell’IRAP versata per gli anni dal 2000 al 2004, rigettando l’appello dell’Agenzia delle Entrate, era stata una sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Campania, avendo rilevato che nello svolgimento dell’attività professionale il contribuente si avvaleva “solo di un lavoratore dipendente con mansioni di segretario e di beni strumentali minimi”. Questa presenza minimale di strumenti e di collaborazione non costituiva, secondo la Commissione, autonoma organizzazione ai sensi dell’art. 2 del D.Lgs. n. 446/97.Un requisito che non sempre è semplice capirlo, e allora proviamo ad elencare, grazie alle informazioni contenute in alcuni siti di “esperti” quali sono i confini entro i quali muoversi.

In generale il requisito della autonoma organizzazione ricorre quando il contribuente:

  • è responsabile dell’organizzazione;
  • non è inserito in strutture organizzative riferibili a responsabilità e interessi altrui;
  • impiega beni strumentali eccedenti il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività  in assenza di organizzazione o si avvale in modo non occasionale di lavoro altrui.

Diverse sentenze della Corte di Cassazione hanno fornito una serie di precedenti giurisprudenziali relativi al concetto di autonoma organizzazione:

  • organizzazione dotata di un minimo di autonomia che potenzi ed accresca la capacità produttiva del contribuente” e non, quindi, “un mero ausilio della attività personale, simile a quello di cui abitualmente dispongono anche soggetti esclusi dalla applicazione dell’IRAP” (sentenza 3672/07);
  • “un apparato esterno alla persona del professionista e distinto da lui, risultante dall’aggregazione di beni strumentali e/o di lavoro altrui” (sentenza 3673/07);
  • “un contesto organizzativo esterno anche minimo, derivante dall’impiego di capitali e/o di lavoro altrui, che potenzi l’attività intellettuale del singolo” vale a dire, una “struttura riferibile alla combinazione di fattori produttivi, funzionale all’attività del titolare” (sentenza 3675/07);
  • “uno o più elementi suscettibili di combinarsi con il lavoro dell’interessato, potenziandone le possibilità», quindi un qualcosa in più (quid pluris) che «sia in grado di fornire un apprezzabile apporto al professionista” (sentenza 3676/07);
  • “una struttura organizzativa “esterna” del lavoro autonomo e cioè quel complesso di fattori dei quali il professionista si avvale e che per numero ed importanza sono suscettibili di creare valore aggiunto rispetto alla mera attività intellettuale supportata dagli strumenti indispensabili e di corredo al suo know-how” (sentenza 3678/07).

 

L’ultima sentenza della Cassazione, (in allegato), respingendo il ricorso presentato dall’Agenzia delle Entrate, ha richiamato il principio secondo il quale “ perché vi sia autonoma organizzazione, le attività esercitate dal collaboratore non occasionale devono fornire un apporto significativo e devono combinarsi con quello che è il proprium della specifica professionalità espressa nell’attività esercitata. Si tratta nello specifico di mansioni professionali in grado di potenziare l’attività del contribuente e non di segreteria o generiche o meramente esecutive, che rechino all’attività svolta dal contribuente un apporto del tutto mediato o, appunto, generico”.