Nessun media è stato mai ucciso da un altro media. Anche in Italia?

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Una professione additata, spesso vituperata, molto amata da chi la svolge, con falsi miti e molti cambiamenti. Essere giornalisti oggi non è semplice, non lo è a causa di un mercato del lavoro saturo, di compensi che è “vergognoso” chiamare tali, 3 o 5 euro quando va bene ad articolo, un “sommerso” che spesso si cela dietro qualcosa che di sommerso non ha o non dovrebbe avere nulla, il web. Una categoria temuta perché dovrebbe denunciare e raccontare i mali di questa società eppure spesso messa a tacere da quelle che vengono chiamate “querele temerarie”. Che sa però reinventarsi, scoprire nuovi strumenti, usare nuove tecnologie, adeguarsi ai tempi. Un mondo, quello della comunicazione che va a due velocità e di questo e molto altro parliamo con la neo eletta presidente dell’Ente di previdenza dei giornalisti, Marina Macelloni.

“Nessun media è stato mai ucciso da un altro media. La radio non ha ucciso la carta stampata, la tv non ha ucciso la radio, il web non ha ucciso né la radio né la tv. La stampa ha un futuro” ha dichiarato,  nella sua intervista a IL,  Matthieu Pigasse, banchiere ed editore che ha lanciato a Parigi il fondo di investimento Mediawan con l’obiettivo di acquisire il controllo di media europei fino a un valore di un miliardo e mezzo di euro. Che cosa succede, invece,  sul fronte Italia oltre ai tentativi di fusione tra Repubblica e La Stampa e della battaglia per Rcs e oltre la politica delgi sgravi?

 

“Sul fronte degli sgravi contributivi l’Inpgi li recepisce, vi siamo entrati in quanto contemplati nella Legge di stabilità.  A noi ha portato, dalla fine del 2015 ad oggi, 1007 domande di assunzione, sono domande a tempo indeterminato, sono stabilizzazioni di contratti a termine,  funzionano, hanno un effetto anche se non è  decisivo per rilanciare il settore. Ha aiutato gli editori  a  fare qualche assunzione, ed erano anni che questo non avveniva. Certo sono contratti con stipendi molto bassi per cui non pareggiano i conti,  è un segnale che qualcosa può ripartire. Secondo me è vero quello che sostiene Pigasse,  tutti i mezzi hanno il proprio spazio, quello che conta è individuare le necessità delle persone perché la gente si informa,  legge, va sui siti, guarda le cose, ma lo fa con meccanismi differenti  da una volta. I ragazzi non comprano più i giornali ma stanno ore e ore su internet. E’ importante quindi da una parte capire cosa chiedono le persone, dall’altra porre attenzione sulla qualità dell’informazione ed insegnare alle persone a cercarla . E un’informazione di qualità deve essere pagata anche se è on line. Quando  è gratuita il rischio è che i lettori non percepiscano la differenza, che credano che il Corriere.it e Dagospia  siano  la stessa cosa. Credo che solo adesso gli editori stiano cominciando a capire e i “grandi” si stiano muovendo in questa direzione. Ci vorranno anni prima che questa scelta, dal punto di vista dei ricavi, sostituisca ad esempio il calo della pubblicità,  non ci siamo ancora con le “grandezze” dei numeri, però bisogna abituare le persone che se vogliono  informarsi seriamente devono pagare quello che trovano in rete. Secondo me non è vero che la carta stampata sparirà completamente,  una nicchia di mercato dedicata al giornale di carta ci sarà sempre. Magari saranno giornali con meno  notizie e più approfondimenti chi lo sa … noi adesso  non abbiano nessuna idea di come si evolverà il Sistema … siamo in una fase in cui nessuno ha le ricette giuste, e non solo in Italia ma nel mondo … però so con certezza che abbiamo  bisogno di editori intelligenti e che abbiano la voglia di investire”.

 

Noi abbiamo una cultura del diritto molto forte. L’unione europea nei giorni scorsi ha invitato gli stati Membri a tutelare il diritto all’informazione, la libertà di stampa. Il nostro Paese ne è consapevole, molte sono le associazioni e i gruppi che si impegnano a vigilare, a denunciare e a sollecitare i Governi su questi temi ma ancora troppi colleghi sono soggetti non ad una attenzione legittima ma ad una censura vera e propria. Se poi affrontiamo il tema delle querele temerarie il cerchio si chiude.
“Abbiamo un codice deontologico,  l’Ordine  che ci tutela,  quindi i meccanismi ci sono. E’ anche vero che viviamo un momento in cui esercitare la nostra  professione è molto difficile, i colleghi hanno paura di perdere il posto di lavoro, vengono pagati poco,  sono in balia di direttori ed editori che  possono licenziarli da un momento all’altro e quando vengono meno queste tutele il rischio è di trovare persone che sono disposte a qualunque cosa … secondo me la strada è sia  deontologica ed etica,  quindi fare in modo che l’Ordine professionale continui a fare il proprio lavoro,  sia economica. I giornalisti devono essere  pagati bene perchè da li passa sia la tutela della tua professione sia  l’orgoglio di farla fino in fondo. Un giornalista che viene pagato 5 euro per un articolo non puoi pretendere che ci metta anche l’orgoglio, la capacità di difendersi dalle pressioni . Tutti gli ammortizzatori sociali, tutti i sussidi di  disoccupazione, tutta la capacità dell’Inpgi di essere al fianco dei colleghi nel momento in  cui perdono il lavoro, aiutano sicuramente ad avere meno timori ma la paura resta perché non c’è mercato del lavoro, se lo perdi non c’è altro”.
Un aiuto viene dalla stessa Europa. L’Erasmus delle professioni, la tessera professionale che abbatte qualsiasi barriera lavorativa ma anche i finanziamenti e i bandi che stanno piano piano includendo anche i giornalisti. L’Inpgi pensa di attivare un servizio per i propri iscritti? La presenza di AdEPP in Europa, il lavoro che sta facendo sul fronte del riconoscimento dei professionisti, del loro “peso economico e culturale”, è un  punto di partenza ?
“L’Europa anche per noi è molto  importante, soprattutto per i lavoratori autonomi. Stiamo lavorando con il comitato  amministratore della gestione separata per capire quale possano essere le soluzioni che possiamo mettere in campo. Dai prestiti per le start up all’accesso ai finanziamenti europei, noi mettiamo le nostre competenze a disposizione di quei colleghi che lavorano da soli , che sono fuori dalla redazioni,  e che vogliono accedere a queste e a molte altre possibilità. Dopodiché l’Europa secondo me è molto importante anche per la costruzione di un piano legislativo comune. Per quanto riguarda, ad esempio, la battaglia per la tutela e la difesa del diritto d’autore dalla “rapina” che avviene attraverso i motori di ricerca, senza una regolamentazione europea rischia di essere inefficace mentre ottenerla aiuterebbe gli editori a non perdere risorse che potrebbero essere re investite sulla professione. Secondo me mettere in comune esperienze, professionalità, competenze, sia all’interno  dello stesso Paese e della stessa area professionale sia confrontandosi con  quello che succede fuori dall’Italia, è sempre utile. Il mondo delle professioni sta aumentando  numericamente ovunque, sta pesando molto più di prima, fa valere i propri interessi e diritti in tutta Europa.  La professione giornalistica ha delle peculiarità che  sono meno facili da mettere in comune ma sul piano legislativo, sul piano delle proposte, degli aiuti e delle tutele dobbiamo esserci comunque”.
A Napoli, durante le giornate dedicate alla previdenza e al lavoro, si è parlato molto di ricongiunzione dei contributi in parte versati nelle casse dell’Inps e in parte ai propri Enti. E anche durante il convegno organizzato dall’Inpgi sono emersi dubbi dettati dalla non conoscenza. Prendo ad esempio la mia condizione previdenziale. Per anni sono stata iscritta alla gestione principale,per altri alla separata ed oggi di nuovo alla principale. Che cosa succederà quando andrò in pensione?
“Succede che avrai due trattamenti separati. Le due gestioni non sono unificabili,  noi consideriamo il periodo lavorativo come se fosse un tutt’uno, quindi dal punto di vista degli anni che tu hai lavorato lo consideriamo come un unico percorso però i due  trattamenti saranno pagati uno dalla gestione principale, uno dalla gestione separata. Perché sono trattamenti  completamente differenti, i meccanismi di costruzione della pensione sono differenti e quindi non si possono ricongiungere all’interno di questa Cassa. Per quanto riguarda i contributi versati alla gestione principale Inps, questi possono essere ricongiunti con quelli versati alla gestione principale dell’Inpgi, chiaramente con un costo perché 100euro versate all’Inps rendono 10 e 100 euro versate all’Inpgi rendono 120,  quel 20 lo  deve mettere il collega perché la gestione Inpgi non può accollarsi un  costo che non è in grado di sostenere.  Sulle gestioni separate non è possibile alcun ricongiungimento  per questo dobbiamo insegnare ai colleghi che fanno un lavoro giornalistico a versare alla gestione separata dell’Inpgi e non a quella dell’Inps. Ciò spesso non avviene perché l’editore è abituato così, perché il loro datore di lavoro non ci pensa”.

 

E poi c’è il problema dei colleghi che pur svolgendo un lavoro giornalistico non gli viene riconosciuto tale. E’ un questione legata al tipo di contratto?
“Non conta il contratto ma l’essere giornalisti. Tu puoi avere anche un contratto da metalmeccanico ma se sei un iscritto all’Ordine  e fai un lavoro giornalistico devi versare alla tua Cassa di riferimento. Alcuni comunicatori hanno un contratto del commercio ma non questo li esime dal versare i contributi all’Inpgi. Se non lo fanno, noi siamo in grado di farglielo fare perché è stabilito dalla Legge. Facendo ispezioni negli uffici stampa, nei Comuni, nelle  Regioni stiamo sanando una situazione che ad esempio nella Pubblica amministrazione è molto diffusa”.
Ed infatti anche i pubblicisti devono versare, secondo l’ultima sentenza della Cassazione, all’Inpgi.  Da anni voi andate in giro per l’Italia per parlare di previdenza, welfare ed anche di Europa. C’è altro che pensate di mettere in campo  per avvicinare l’iscritto alla propria Cassa, a quella cultura previdenziale di cui parlavi prima?
“Noi continueremo  ad andare in giro a raccontare il lavoro che stiamo facendo anche per mettere in sicurezza le pensioni e i conti. Faremo dei corsi dedicati al lavoro  autonomo per spiegare a tutti gli iscritti alla gestione separata quali sono i loro diritti,  i loro periodi di versamento, quali tutele hanno. Una attenzione quindi maggiore a chi non è  in redazione dove invece i giornalisti hanno più opportunità di essere informati (ndr nelle redazioni ci sono i Cdr che riportano ai colleghi le nuove strategie editoriali, i nuovi progetti, le tutele messe in campo dall’Inpgi, le nuove norme o le riforme sul sistema previdenziale)”.

 

Sappiamo che cosa è stato l’Inpgi ieri, le azioni che è riuscito a mettere in campo tanto da essere l’Ente con un sistema di welfare più allargato, sappiamo che cosa è oggi e le difficoltà che sta affrontando, che cosa  sarà domani?
“Io spero che continui ad essere  quello che è stato finora, cioè un Istituto a fianco dei colleghi sia perché eroga la pensione  sia perché garantisce tutte queste tutele di welfare che rappresentano solo un esborso economico da parte nostra ma un pilastro dell’autonomia della professione. Se il welfare non fosse più gestito direttamente dall’Ente dei giornalisti sarebbe una perdita di autonomia della professione ed è per questo che stiamo lavorando affinché  tutto questo venga mantenuto nel tempo. Dobbiamo trovare le risorse per farlo e anche su questo ci stiamo impegnando. Il welfare di oggi sarà anche il welfare del futuro”.