Mancuso: “Se dai 1 devi ricevere 1”

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A Sostenerlo il Presidente dell’Enpav, Gianni Mancuso pensando alle nuove generazioni e ad un sistema previdenziale  che non sarà così generoso come lo è stato e tutt’ora lo è nei confronti dei propri iscritti. Un sistema che dal retributivo passerà, come stabilito anche dalla ex Ministra Fornero, al contributivo. Mentre la crisi persiste e la professione si “organizza”.

Giugno tempo di primi bilanci. Prima di farlo rispetto alla Cassa di previdenza parliamo della professione. I veterinari stanno percependo le prime avvisaglie di una ripresa o è buio completo?

“La premessa iniziale per quanto riguarda la professione di veterinario è se non c’è benessere, se non girano i soldi, ovviamente ne risente la professione che è vero che ha diversi ambiti di interesse ma quello che rimane principale è quello degli animali di affezione. In questo settore, abbiamo strutture che si fanno sempre più complesse, ospedaliere, poli specialistiche, per dare le risposte che sono un passo dietro alla medicina umana anche perché questi animali fatalmente diventano surrogato di figli o di nipoti, con un ruolo che va oltre quello di beniamino e vengono trattati come le persone. Ne consegue che vengono spesi  anche migliaia di euro per le cure dei propri animali in strutture che lo consentono cure e diagnosi specialistiche, stiamo parlando di poche strutture di eccellenza che seguono la scia di quello che succede in medicina umana. La frontiera si è spostata, la diagnostica per immagine, l’endoscopia per immagine erano cose inimmaginabili così come la neurochirurgia sul cervello piuttosto che la cardiochirurgia molto avanzata. Se parliamo di zootecnia e dintorni, lì si sta pagando lo scotto di allevamenti che producono latte e chiudono. C’è il problema di costi per cui il mercato del latte viene gestito da pochi gruppi internazionali o nazionali che riescono a strozzare però i produttori. Il prezzo del latte che noi paghiamo non ha nulla a che vedere ed è lontanissimo dai soldi che i distributori pagano agli allevatori. Quindi il medio piccolo sta chiudendo, e in Italia sono ormai migliaia di produttori, che mentre il medio/grande sopravvive e si rinforza. Sulle altre produzioni zootecniche si sopravvive. Per quanto riguarda l’ultimo ambito ossia il cavallo, questo risente dello spostamento delle scommesse, si scommette poco sui cavalli perché ormai si scommette su tutt’altro e quindi il mondo delle corse è crollato, sono rimasti 5 o 6 ippodromi rispetto alle decine di qualche anno fa, così come quello dell’allevamento e dell’indotto e in ultimo dell’utilizzo della professionalità  veterinaria, dove i più bravi e soprattutto intraprendenti sono andati a lavorare all’estero, negli Emirati, in Australia, nel Nord Europa o negli Stati Uniti. Quello che sopravvive è il cavallo da compagnia, la passeggiata del fine settimana, negli agriturismi, ma niente di più”.

 

La grande struttura, quindi,  riesce a specializzarsi anche grazie alle nuove tecnologie e ad una nuova formazione?

“La tecnologia è entrata prepotentemente soprattutto negli animali di affezione. Sempre più colleghi fanno investimenti in questo senso. La fonte di investimento può essere dovuta alla capacità di aver risparmiato negli anni passati, ed oggi quei soldi non si investono nella seconda casa o nel macchinone ma nella struttura, oppure altra fonte di finanziamento è la Cassa di previdenza stessa che ha messo in campo strumenti che vanno al prestito al mutuo, se parliamo di strutture intese come mura, a consorzi Confidi dove abbiamo creato una linea di credito tutta nostra. Oggi i colleghi sanno di trovare nella Cassa anche delle risposte che aiutano a fare il passo necessario per arrivare ad una specializzazione della struttura stessa. Sul discorso della formazione professionale, ci sono società private ad hoc che si sono specializzate in questo settore mentre l’università arranca un po’ anche se adesso sta cercando di diventare un pò più competitiva. Come al solito il pubblico viene sollecitato dal privato. Nella formazione, un ruolo ce l’hanno anche le strutture veterinarie complesse, che hanno al proprio interno hanno venti, trenta, cinquantaquattro come nel mio caso, professionisti che ci lavorano, con livelli scientifici tali da consentire alla singola struttura di organizzare un aggiornamento per quelle piccole strutture che collaborano con loro,  divise per area geografica. Tre, quattrocento in tutt’Italia sono quelle che offrono anche un team molto numeroso”.

Europa e finanziamenti, richieste e soluzioni messe in campo dalla Cassa la quale intende investire ulteriormente in servizi da dare al proprio iscritto?

“Abbiamo perso quasi due anni, nonostante il buon lavoro fatto dall’AdEPP e dalle singole Casse, se partiamo dall’approvazione dell’Action Plan voluto dal Vice Presidente Antonio Tajani che aveva ottenuto che il professionista venisse equiparato alla piccola impresa con la conseguente possibilità di accedere ai fondi europei. Quasi mille miliardi di euro messi a disposizione dei 500milioni di europei e tra questi anche i professionisti. In Italia abbiamo una burocrazia così forte e radicata che è riuscita a far perdere i due primi anni dei 7 anni della programmazione 2014-2020. Avendo il Governo inserito nella Legge di stabilità del dicembre scorso una norma che chiarisce una volta per tutte che l’equiparazione è un dato di fatto acquisito,  abbiamo davanti 5 anni per cercare di intercettare tutte le risorse le quali potrebbero diventare una ulteriore voce di accesso al credito per i professionisti italiani. C’è anche una carenza culturale e lo vedo anche nella mia professione perché a partire dall’università non c’è una contaminazione su questo, non si spiega ai laureandi che l’affaccio futuro nella professione sarà da liberi e da autonomi e da imprenditori di se stessi o di altri. Sia l’AdEPP sia le singole Casse si stanno strutturando per dare risposte in questo senso. Noi ci siamo proposti un ruolo di facilitatori tramite una nostra persona formata che aggiorna una pagina nel nostro sito dove segnaliamo i bandi che possono essere di interesse per la nostra professione e diamo risposte di primo livello. Quelli più intraprendenti che vogliono fare progetti più articolati dovranno rivolgersi a professionisti e noi possiamo trasferire le nostre conoscenze rispetto a società che si occupano del livello superiore indicando quelle più competenti e quelle meno”.

Dove va la Cassa che lei presiede?

“Noi, gli amministratori del mio Ente siamo entrati nel quinto e ultimo anno del mandato e quindi questo è l’anno di bilanci. Direi che, avendo fatto il compitino più importante che ci è stato attribuito dall’allora ministro Fornero cioè garantire la sostenibilità a 50 anni , il nostro lavoro si sta spostando sulla manutenzione delle norme interne che regolano la previdenza pura e che entro l’anno finiremo, ci stiamo inoltre attrezzando sempre di più per essere ente erogatore di servizi e per non essere auto refenziali ci siamo certificati, facciamo un lavoro con la qualità che prosegue e che mi piacerebbe che continuasse nel mandato successivo, tutto anche nell’ottica di far percepire al collega iscritto che la Cassa c’è, è un’amica e che può erogare servizi. Dal punto di vista poi etico, in esame c’è  il nostro regime, un sistema retributivo spurio  che tenderà nel lungo termine al contributivo. I colleghi che sono andati in pensione un anno fa con questo sistema molto generoso stanno ricevendo molto di più di quello che hanno versato, considerando le medie di vita, quelli della mia generazione che andranno in pensione tra poco avranno ancora quella generosità ma non sarà così per il collega che si scrive nel 2016 e che andrà in pensione nel 2056 e successivi anni. Noi ce ne stiamo occupando e dovrà farlo anche chi subentrerà. Usando lo strumento dei bilanci tecnici attuariali che facciamo ogni tre anni e che ci dicono se stiamo andando nella direzione giusta o se siamo lunghi o corti rispetto alle aspettative generali, dobbiamo garantire che se il collega giovane ha messo 1 deve prendere 1 e quella piccola o grande generosità che gli altri hanno ricevuto sarà data loro sotto forma di servizi. Cerchiamo di restituire con più servizi quello che con la Previdenza non potremmo dare”.

Restando ligi comunque a quanto appunto stabilito dalla ex Ministra Fornero e ad una serie di norme che vi piovono addosso ogni anno e che richiedono impegno?

“Una parte consistente delle nostre energie se ne va nel gestire le norme dettate da un socio che è lo Stato che non è più occulto ma apparente, che seduto accanto a noi sotto varie forme ci impone una serie di cose che sono assurde per un mondo che è sicuramente virtuoso soprattutto se paragonato all’unico grande Ente previdenziale statale che è l’Inps, che soffre di una crisi pazzesca, che è tecnicamente fallito e che per tenersi in piedi nel futuro dovrà fare uso della fiscalità generale, pena annullare le pensioni a chi se le aspetta”.