Sacconi: “Non credo nella Busta arancione, credo in un welfare ad personam”

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Così il Presidente della Commissione Lavoro al senato durante il convegno organizzato dalla cassa del notariato che affrontava i temi della previdenza, del lavoro, della sostenibilità e dell’adeguatezza anche delle prestazioni future.  Dal placo il Presidente Sacconi, ex Ministro,  sottolinea inoltre come sia anche “contro la prevenzione”. Affermazioni che hanno subito trovato in disaccordo  il Presidente dell’AdEPP nonché dell’Enpam nonché medico Alberto Oliveti.

“Io sono ferocemente contrario a tutti gli strumenti con i quali si vuole definire il futuro, non amo la medicina preventiva che sta avanzando, non sopporto la dichiarazione anticipata di trattamento, non credo nella busta arancione. Credo che la vita debba rimanere caratterizzata dalla sorpresa soprattutto dalla voglia di costruirla con la nostra volontà e la nostra capacità di relazionarci con gli altri. Abbiamo bisogno di competenze scelte per assorbire quanto più possibile il rischio o valutarlo nell’epoca dell0incertezza noi dobbiamo cercare di definire modi quanto più sostenibili, adeguati per produrre sicurezze e protezioni”

“Farlo in questo tempo nuovo significa mettere in discussione strumenti che fino a ieri  andavano bene. Innanzitutto dal punto di vista dei soggetti interessati, io mi auguro che riusciremo sempre a tutelare la caratteristica delle professioni ordinistiche nel nostro Paese” e affrontando il tema della terziarietà Sacconi sottolinea: ” Io immagino che una tipologia di concessione edilizia possa essere certificata direttamente da un architetto o ingegnere, ad esempio, io credo in una società più libera, meno legata all’iter di certificazioni della Pubblica amministrazione, oltre la mera autocertificazione, un quindi ruolo intermedio”.

Come costruire un sistema di sicurezza e protezione sociale sostenibile ed adeguato? si chiede Sacconi. “Io credo che avremo sempre più bisogno di un welfare ad personam, personalizzato – si risponde il Presidente della Commissione lavoro del Senato – welfare non statalizzato perché anche se apparteniamo allo stesso censo non siamo uguali nell’arco di vita. Abbiamo bisogno di un welfare che si adatti ai nostri bisogni. Io immagino un welfare su due pilastri collettivi, lavoro perché ci sia un secondo pilastro collettivo tendente all’universalità, tendente a durare fino alla tomba. Perché credo che inesorabilmente avremmo bisogno di un modello di primo pilastro flessibile,  non credo che sia destinato a durare il vostro Sistema (ndr delle Casse di previdenza) generosamente mutualistico, fondato su un corpo ristretto ed omogeneo anche nella capacità di reddito, in cui si trattava di assorbire delle punte estreme perlopiù transitorie, credo in un sistema già di primo pilastro molto più duttile che non significa un sistema a capitalizzazione , penso sempre ad un sistema a ripartizione, fondato sulla solidarietà intergenerazionale, m che non può non avere flessibilità in entrata e in uscita, e un secondo pilastro dove si possano pensare anche a delle passerelle con il primo pilastro, soprattutto per quanto riguarda delle mutualità e delle prestazioni. Penso che una persona sola, senza un contesto familiare, in  condizioni di totale disabilità, possa voler convertire tutto nella sua particolare situazione, nei suoi particolari bisogni di assistenza, esclusivisi, possa e voglia quindi convertire tutte le altre prestazioni verso quella particolare esigenza e situazione irreversibile”.

E conclude dicendo: “penso che quel secondo pilastro possa essere anche intercasse. Ad una Cassa intercasse, con caratteristiche di interazione”.