Gli italiani e il risparmio. Torna l’incertezza. Guzzetti “Le banche centrali possono molto, ma non tutto”

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Per il sedicesimo anno consecutivo l’Acri, l’Associazione che rappresenta collettivamente le Fondazioni di origine bancaria e le Casse di Risparmio Spa, in occasione della Giornata Mondiale del Risparmio presenta un’indagine (in allegato) sugli Italiani e il Risparmio, realizzata in collaborazione con Ipsos.

“Il ritorno della preoccupazione – si legge nella nota introduttiva della ricerca –  attanaglia molti italiani: se da una parte essi vedono che molti aspetti della loro vita personale sono in miglioramento rispetto al passato, in particolare i consumi e la capacità di risparmio, dall’altra non riescono a guardare al futuro con tranquillità. Oltre alle usuali preoccupazioni per il destino del Paese, si sono aggiunti i timori di una crisi dell’Unione Europea e quelli legati a uno scenario globale poco rassicurante. Torna quindi l’incertezza e si cercano elementi che consentano di amministrare il disordine. L’uscita definitiva dalla crisi (tuttora percepita come grave dall’86% degli italiani) appare sempre più lontana: l’aspettativa di durata media era di poco superiore ai 2 anni nel 2009, ai 3 nel 2010, 3-4 anni nel 2011, 4 nel 2012 e nel 2013, circa 5 nel 2014 e nel 2015; nell’autunno 2016 supera in media i 5 anni. La metà degli italiani si aspetta di tornare ai livelli pre-crisi soltanto dopo il 2021. Riguardo alla situazione economica delle famiglie, dopo due anni in cui sentivano ridursi lo spettro della crisi, il quadro è ora in peggioramento. Si interrompe il trend positivo relativo alla contrazione del numero di famiglie colpite dalla crisi (da 32% del 2015 siamo risaliti al 36%) e quelle colpite direttamente tornano ad essere più di 1 su 4 (28% nel 2016, erano il 25% nel 2015)”.

Ed ancora: “Questa situazione fa registrare un arretramento in termini di soddisfazione rispetto alla propria situazione economica, tornando ai livelli del 2014. Oggi i soddisfatti superano di poco gli insoddisfatti (il 51% della popolazione è soddisfatto, il 49% è insoddisfatto), con un decremento di 4 punti percentuali rispetto al 2015; il dato è importante in quanto da due anni i soddisfatti erano in crescita. Dall’analisi emerge che il peggioramento è concentrato quasi esclusivamente nel Nord Ovest (oggi c’è il 53% di soddisfatti, nel 2015 erano il 67%), mentre le altre aree sono più o meno stabili (-1 punto percentuale il Nord Est, +1 il Centro, +2 il Sud). Se il recupero del 2014 fu indotto in misura consistente da una riduzione di negatività nel Nord Est e la crescita del 2015 ha avuto il suo evidente baricentro nel Nord Ovest, nel 2016 registriamo un maggiore equilibrio nelle diverse aree del Paese. Il peggioramento (concentrato nel Nord Ovest) è almeno in parte spiegato da due elementi: la delusione rispetto ad attese di miglioramento, che è stato in realtà molto modesto, e la preoccupazione per la situazione internazionale”.

Ma, si legge nello studio ” È importante sottolineare che la minore positività della situazione è determinata più che altro dal pessimismo che sembra aver colto coloro che nel 2015 avevano sospeso il giudizio sul proprio futuro: infatti gli ottimisti rimangono stabili (26%), così come coloro che non si aspettano cambiamenti (57%), mentre i pessimisti aumentano al 16% (+3 punti percentuali, erano il 13% nel 2015) e al contempo coloro che non prendono posizione calano di 3 punti percentuali (dal 4% del 2015 all’1% del 2016)”.

Per il Presidente dell’Acri, Giuseppe Guzzetti : “La congiuntura economica in cui ci troviamo si presenta di complessa lettura. Grandezze congiunturali e parametri di natura più strutturale si posizionano su livelli sensibilmente migliori rispetto alla difficile esperienza degli anni appena passati. Onestamente, però, le aspettative per l’anno in corso erano più positive degli andamenti che  vediamo concretizzarsi in questi mesi. Questa conclusione vale per l’insieme dell’economia globale, ma vale soprattutto per il Vecchio Continente, ancora incapace di dare al suo processo di crescita la necessaria brillantezza. L’esito del referendum inglese sulla permanenza nell’Unione Europea rischia di accentuare  ulteriormente l’appannamento dello scenario continentale. Non tanto per le possibili ricadute economiche del distacco della Gran Bretagna quanto piuttosto perché una volta di più evidenzia l’insufficiente compattezza europea. Una delle poche istituzioni comunitarie che in questa fase risulta svolgere interamente il proprio compito è la Banca Centrale Europea, che sotto molti aspetti ha dovuto assumere anche un ruolo di supplenza, nella coerenza, tuttavia, con il mandato affidatole dal trattato Ue… Però per cogliere finalmente quella finestra di opportunità alla quale si è riferito di recente il presidente della Bce Mario Draghi, è altresì necessario l’apporto delle politiche economiche e di finanza pubblica dei singoli paesi dell’eurozona. Le banche centrali possono molto, ma non tutto”.

 

In allegato l’intervento del Presidente Guzzetti