Oliveti: “Coinvolgere le libere professioni per costruire un’Europa più coesa, unita e solidale”

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Cosa possono fare le libere professioni per l’Europa? È questo il tema del mio intervento oggi: ragionare sul contributo delle libere professioni per l’Europa del futuro.

Il Presidente Juncker nel discorso che ha tenuto, la scorsa settimana, sullo stato dell’Europa, ha delineato una visione sul futuro dell’Europa con termini abbastanza stringenti e forti. Ha parlato di “battersi per l’unità dell’Europa”, di “intercettare il vento della ripresa per spiegare le vele”, “di andare verso la rotta del futuro”. La sensazione è di essere al cospetto di un passaggio storico per l’Europa.

LE SFIDE

Del resto gli avvenimenti europei ce lo dicono. Il referendum pro-Brexit, il riemergere dei nazionalismi, che poi diventano regionalismi se vediamo l’ultimo della Catalogna, i contrasti tra paesi membri sulle politiche di accoglienza, il terrorismo islamico, l’invecchiamento progressivo della popolazione – che ovviamente poi ha bisogno dell’assistenza –, l’avanzamento inesorabile della digitalizzazione, che ha una valenza positiva ma anche un effetto “disruptive” nel suo andare ed è una macchina molto potente che bisogno saper governare bene .

Punti che inducono, chi sta in Europa, a ragionare di un nuovo piano politico, di nuove linee politiche perché nulla è più come 60 anni fa quando si stabilirono i fondamentali con il trattato di Roma dell’Europa che volevamo.

Ma per costruire un’Europa più coesa, unità e anche più solidale, è necessario che sia coinvolto ogni settore della società civile, comprese le libere professioni.

Queste sono riconosciute anche in Europa come motore di sviluppo e di ripresa al pari delle piccole e medie imprese. E noi siamo estremamente condapevoli della potenzialità del nostro ruolo.

QUALI POLITICHE

Le nuove politiche devono riguardare un campo più ampio, il lavoro, l’occupazione, la concorrenza, la formazione continua, l’aggiornamento professionale, la previdenza, le politiche finanziarie, le politiche di sicurezza socio-sanitaria.

Sono problemi fondamentali sui quali si devono costruire i fondamentali di una nuova Europa che deve avere la capacità di innovare, di crescere, sfruttando un particolare momento dell’economia.

Quindi siamo favorevoli alla richiesta di Tajani di coinvolgere i liberi professioni europei. Noi abbiamo partecipato a tutte le consultazioni europee, sia quelle sulla costruzione del pilastro sociale sia quelle sugli investimenti.

Pensiamo, come Casse professionali italiane, di aver qualcosa da proporre in Europa. Abbiamo, ad esempio, la convinzione di poter dire qualcosa sul welfare strategico a tutela del lavoratore, che dia sicurezza sociale e gli permetta di esprimere al massimo le sue potenzialità lavorative, le quali hanno ovviamente una ricaduta sistemica.

CALO DEI REDDITI

Le Casse di previdenza italiane hanno fatto tanto in tema di welfare in un momento storico in cui si è riscontrata una contrazione dei redditi professionali.

Proprio l’altro giorno, in un’audizione alla Commissione lavoro al Senato, ho riportato i dati dei lavori AdEPP riguardanti il calo preoccupante dei redditi dei liberi professionisti italiani degli ultimi 10 anni. Siamo ad un –18%. Veramente la crisi ha inciso sulla carne viva dei nostri professionisti!

Nell’analizzare questo calo del reddito abbiamo visto come ci siano dei gap particolari. Esiste un gap generazionale: i giovani guadagnano meno dei colleghi più maturi. Questo si , collega anche al gap geografico poiché i giovani guadagnano ancora di meno al sud rispetto che al nord.

Se la professionista è donna vediamo in certi casi una riduzione addirittura del 40% rispetto al professionista uomo.

Questo significa che dobbiamo essere attenti al welfare.

TRANQUILLITÀ E OPPORTUNITÀ

Non vi è dubbio che dobbiamo pagare pensioni, che siano corrispettive a quanto versato nella vita contributiva, e ci vuole un lavoro stabile per dare un flusso contributivo consistente. Non vi è dubbio che noi dobbiamo dare un’assistenza efficace al bisogno reale manifestato dai nostri iscritti.

Ma dobbiamo guardare più avanti. Dobbiamo pensare a tutelare le potenzialità dei nostri iscritti dal punto di vista lavorativo, perché lavoro e previdenza sono due facce della stessa medaglia e solo se avremo un lavoro continuo potremo garantirci flussi contributivi accettabili.

Quindi le Casse non vogliono solo dare agli iscritti il miglior sistema di sicurezza che dia loro tranquillità professionale, ma anche investire su un un welfare attivo che cerchi di metterli nelle condizioni di cogliere le opportunità.

Quindi tranquillità e opportunità sono le parole chiave del nostro obiettivo di welfare.

Tanto abbiamo già fatto. Abbiamo dato risposte importanti, ad esempio, in caso di calamità naturali – purtroppo l’Italia è stata oggetto e continua ad essere oggetto di catastrofi naturali–, abbiamo sostenuto efficacemente il reddito, abbiamo aumentato la nostra funzione di ammortizzazione sociale e – questo è un segnale diretto della crisi –, in dieci anni l’abbiamo più che triplicata. Abbiamo tutelato la maternità e la genitorialità, ogni Cassa con una propria impostazione.

PATRIMONIO PER GLI ISCRITTI

Ebbene, noi abbiamo una proposta: lasciateci lavorare!

Se come Casse lavoriamo in autonomia, potremmo utilizzare anche i nostri patrimoni – che sono a garanzia delle prestazioni e dell’assistenza – anche per poter sostenere i nostri professionisti.

L’obiettivo è collegare lavoro con previdenza e permettere che le generazioni subentranti abbiano eguale interesse a partecipare al patto generazionale che è alla base del sistema previdenziale.

CONFRONTO EUROPEO

È questo che chiediamo ed è questa l’esperienza che proponiamo all’Europa.

Oggi abbiamo colleghi presidenti di altre Casse e di altri Sistemi europei di tutela previdenziale delle libere professioni. Sappiamo che altrove ci sono condizioni diverse e per questo dobbiamo parlarci e confrontarci per mettere a sistema le esperienze ritenute utili. Proviamo a fare a sistema.

L’altro aspetto sul quale ci confrontiamo è quello degli investimenti. Noi abbiamo patrimoni importanti che sono, si badi bene, contributi sottratti al pagamento delle prestazioni e messi a garanzia della tenuta dei sistemi. Quindi i nostri patrimoni non sono una rendita da capitale ma è reddito da lavoro differito sul quale vengono già pagate tasse.

INVESTITORI NON PAZIENTI

Non ci piace molto l’affermazione che dobbiamo essere investitori pazienti. Il bisogno e i diritti non hanno pazienza. Noi vogliamo essere invece degli investitori lungimiranti, attenti, prudenti. Questo sì. Ma non possiamo pensare di fare investimenti con l’idea che la redditività la vedremo poi, se la vedremo.

Da investitori lungimiranti possiamo ragionare in una logica di interesse del Paese ma dobbiamo avere anche la garanzia che gli investimenti diano una redditività minima e che non vi sia volatilità legislativa. Questa volatilità purtroppo ci affligge: le regole cambiano ogni dieci minuti anche in corsa di partita.

Inoltre abbiamo bisogno di una fiscalità che non ci tratti alla stregua di speculatori. Noi tuteliamo il sistema sociale del nostro Paese e per questo vogliamo essere valutati. Questa è la nostra proposta sugli investimenti.

CONCORRENZA

Poi c’è una nostra proposta sulla concorrenza. C’è stato un Decreto legislativo in Italia, il .124 del 4 agosto 2017 che dice ed auspica che vari professionisti possano fare attività insieme. È una cosa buona e giusta e un’opportunità di fare sistema. Però l’ingresso del capitale in misura preponderante può danneggiare, perché il capitale come sappiamo segue il profitto, e non ha interesse a fare solidarietà.

 

INTERAGIRE CON L’EUROPA

Il quarto passaggio che voglio ricordare è quello della nostra capacità di interagire con l’Europa. Ragionare su una dimensione europea significa saper cogliere quello che l’Europa offre. Il presidente del Parlamento Europeo Tajani lo ha ricordato nella lettera che ci ha inviato: 300 milioni arrivano in Italia. L’Europa si adopera per sostenere il sistema libero professionale con i fondi strutturali di investimento, il fondo sociale europeo e il fondo europeo a sviluppo regionale, che vogliono e devono aiutare le libere professioni.

È anche chiaro che i sistemi di intermediazione come il nostro devono avere almeno la capacità di rendere fruibile questo aiuto. Sappiamo infatti che esiste un gap su quanto l’Italia versa all’Europa e su quanto l’Italia è poi capace di far tornare indietro. Qualcuno parla di 20 miliardi in uscita a fronte a 12 miliardi di entrata.

Dobbiamo avere la capacità di intercettare questa volontà europea di aiutarci ma secondo noi dobbiamo avere anche la capacità di sollecitare l’Europa su vari campi perché possa essere più vicina alla nostre esigenze.

Lo facciamo con la nostra proposta sul welfare, sugli investimenti sistemici a carattere sociale – pensiamo social impact bond ad esempio –, ragioniamo in un’ottica di una concorrenza che però non parli solo di professionisti e liberalizzazioni, come se vivessimo in un sistema di corporativismo e protezionismo fuori tempo.

Se siamo motori di sviluppo dobbiamo essere sostenuti per svilupparci, per migliorare e tenere costantemente aggiornate le nostre competenze e le nostre conoscenze perché queste sono la nostra ricchezza.

L’aggiornamento delle competenze e delle conoscenze è necessaria per avere la capacità di azioni multidisciplinari, per essere mobili in un Paese e in un mercato aperto, per avere la capacità della portabilità dei nostri diritti lavorativi e previdenziali.

Tutto questo chiediamo e proponiamo all’Europa con la nostra attività.

I PASSI GIÀ COMPIUTI

Noi ci siamo e continuiamo la nostra attività europea anche a Bruxelles dove abbiamo una sede europea. Ringraziamo tutti i parlamentari europei che ci hanno sostenuto nei vari passaggi, siamo stati presenti a ogni confronto riguardante sia il pilastro dei diritti sociali sia quello del mercato unico. Nelle varie consultazioni abbiamo fatto proposte. Ringrazio i colleghi presidenti di altre casse, ringrazio l’amico Kilger, Presidente ABV , il Vice-Presidente della Cassa spagnola, Josè Bàdia Antras,) e Florin Petrosel, Presidente della Cassa rumena, con i quali avremo un confronto perché dobbiamo scambiare le nostre diverse posizioni, le nostre esperienze e le nostre diverse visioni sull’eruopa che vogliamo.

 Questa è l’Europa che vogliamo ed è questo il contributo che vogliamo portare.