Ocse “Più dialogo tra università e mondo del lavoro”. Le Casse muovono i propri passi

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Solo 18 ragazzi su 100 si laureano: è questo il triste primato del nostro Paese che riceve, sul fronte scolastico, la bocciatura dall’Ocse. Ma non solo. Secondo i dati pubblicati nel report “Education at a glance 2017”,  a causa di una “insufficiente” informazione il 30 per cento sceglie facoltà (Lettere, Scienze politiche, Sociologia, Scienze della comunicazione, Formazione artistica) che serviranno ben poco a trovare lavoro. Quel gap tra mondo della scuola e il mercato del lavoro che è stato più volte sottolineato, anche recentemente dal Ministro del Lavoro Giuliano Poletti, e che ad oggi non riesce a registrare un cambiamento di rotta.

All’Italia va quindi la maglia nera. Germania, Portogallo, Francia e Spagna hanno medie decisamente superiori. La Svizzera è al 41 per cento, Stati Uniti e Regno Unito al 46 per cento.

“Ci sono troppi laureati in Lettere – spiega Francesco Avvisati, tecnico dell’Ocse e autore, insieme a Giovanni Maria Semeraro, della nota che riguarda l’Italia – e faticano a trovare un impiego che corrisponda alle loro qualifiche. D’altro canto, nel sistema universitario non trovano passerelle per ri-orientarsi verso discipline dove gli sbocchi occupazionali sono migliori”.

Tra i giovani (25/34 anni) in 39 casi su cento sono in possesso di un titolo di area umanistica. Sono invece pochi (il 25 per cento contro il 37 per cento della Germania e il 29 per cento del Regno Unito) i giovani che escono dai dipartimenti più appetiti dal mercato: Scienze, Tecnologia, Ingegneria e Matematica, raggruppate sotto l’acronimo Stem.

“Globalizzazione, progresso tecnologico e invecchiamento della popolazione – spiegano gli esperti – influenzano la domanda di competenze. Già oggi le analisi dell’Ocse hanno individuato una tendenza alla polarizzazione della struttura occupazionale nonché bisogni, non coperti, nelle aree delle competenze sociali e creative e delle competenze Stem”.

Cosa fare allora? L’Ocse non ha dubbi: “Occorre accompagnare le scelte di orientamento con maggiore consapevolezza sui bisogni emergenti modulando le tasse di iscrizione e le borse di studio o coinvolgendo esperti del mercato del lavoro nell’orientamento alle superiori, è necessario aumentare la possibilità di ri-orientamento in corso e rinforzare i legami tra insegnamento universitario ed economia, sul territorio tra università e imprese, così come nelle politiche di sviluppo”.

Sul rafforzamento del dialogo tra università e mondo del lavoro, per quanto riguarda la platea dei futuri iscritti e quindi le professioni “ordinistiche”, anche le Casse di previdenza stanno muovendo i propri passi.

Dall’Enpam (medici e odontoiatri) alla Cassa di previdenza degli architetti e ingegneri, dalla Cnpadc (commercialisti) all’Enpab (biologi) passando attraverso l’Epap (Psicologi), l’Enpacl (consulenti del lavoro) Enpav (veterinari), la Cassa geometri o Cassa forense, i temi che sono affrontati negli incontri, anche con i futuri laureati, non riguardano solo la previdenza.

La conoscenza approfondita della professione, gli sbocchi lavorativi, le nuove competenze, le opportunità offerte dall’Unione europea, l’accesso al credito, il sostegno alle start up, la formazione sempre più specializzata e rispondente a logiche economiche e di mercato in continua evoluzione, sono oggetto di confronto, formazione/informazione, comunicazione da parte di alcune Casse di previdenza.

Formazione che, in alcuni Enti, si traduce in messa in campo di master professionalizzanti o in sostegno per corsi di specializzazione e ricerca di nuovi mercati.