Professioni. Direttiva Ue. Gli Stati membri adottino test di proporzionalità

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Il Consiglio dei Ministri del lavoro e delle politiche sociali riunito a Lussemburgo ha adottato il 21 giugno la Direttiva sul test di proporzionalità delle nuove norme nazionali in materia di professioni a complemento delle politiche per il rafforzamento del mercato interno dell’UE.

Si compie così un ulteriore passo avanti nell’attuazione di quel “Pacchetto servizi”, lanciato a gennaio 2017 dalla Commissaria al mercato interno, industria e impresa, Elzbieta Bienkowska, che mira a garantire regole omogenee e proporzionate in materia di libere professioni, al fine di facilitare l’adempimento delle formalità amministrative da parte dei prestatori di servizi e aiutare gli Stati membri nell’individuazione delle prescrizioni che potrebbero risultare obsolete, o eccessivamente onerose, per i professionisti che operano a livello nazionale o transnazionale. Del Pacchetto servizi, come noto, fanno parte altre due proposte legislative: a) sulla Carta elettronica dei servizi, che dovrebbe rendere più semplice la fornitura di servizi al di fuori del proprio Paese riducendo al contempo i costi amministrativi; b) sulla procedura di notifica dei servizi che intende velocizzare la procedura rendendola più efficace e trasparente. Inoltre, la Commissione ha messo mano anche alla revisione della direttiva sul riconoscimento delle qualifiche professionali del 2013 (Direttiva 2013/55/UE).

Differentemente dalla direttiva Bolkestein del 2004, in questo caso le disposizioni vigenti non sono messe in discussione ma è imposto agli Stati membri di verificare le nuove regolamentazioni delle professioni e di giustificare l’adozione di ogni nuova disposizione nazionale che possa limitare l’accesso alle professioni o il loro esercizio, valutando se sia necessaria, idonea a garantire il conseguimento dello scopo perseguito e proporzionata al raggiungimento dello stesso.

Le motivazioni alla base della nuova direttiva sono da ricercare nell’intenzione della Commissione di assicurare un rapido e lineare rafforzamento del mercato unico (single market) agendo in difesa di alcuni diritti fondamentali sanciti dal trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE), ossia: la libera circolazione dei lavoratori, la libertà di stabilimento e la libertà di fornire servizi sul territorio dell’UE. Al contempo, c’è l’intento di assicurare trasparenza e un elevato livello di protezione del consumatore tenuto conto dell’asimmetria informativa che spesso si registra tra consumatori e professionisti, con questi ultimi che posseggono elevati livelli di conoscenze tecniche che i primi possono non avere.

Gli Stati membri sono chiamati a valutare la coerenza tra le prescrizioni all’esercizio delle libere professioni e gli obiettivi di interesse pubblico. Prima dell’adozione di nuove norme essi dovranno effettuare un test sulla proporzionalità e adeguatezza delle stesse, valutandone la giustificazione e gli effetti potenziali sui professionisti e sulle imprese. In proposito, il principio di proporzionalità potrà dirsi soddisfatto, nel momento in cui le nuove misure nazionali soddisfino le seguenti condizioni: siano applicabili in modo non discriminatorio; siano giustificate da obiettivi di interesse pubblico; siano idonee a garantire il conseguimento dell’obiettivo che perseguono; non si spingano oltre il necessario per raggiungere detto obiettivo. Lo Stato membro dovrà realizzare un’analisi obiettiva tenendo conto delle circostanze specifiche del proprio contesto per dimostrare che esistono reali rischi per il raggiungimento degli obiettivi di interesse pubblico. L’articolo 6 della direttiva chiarisce cosa s’intenda per giustificata motivazione in base ad obiettivi di interesse pubblico. L’introduzione di requisiti aggiuntivi è ammessa solo per raggiungere obiettivi di interesse pubblico. Anche l’appartenenza obbligatoria a un ordine professionale o associazione è giustificata se garantisce la salvaguardia di obiettivi di interesse pubblico; ad esempio, grazie alla supervisione della pratica legittima della professione o all’organizzazione della formazione per l’aggiornamento professionale continuo dei professionisti iscritti.

La competenza degli Stati su organizzazione e contenuto dei sistemi di istruzione e formazione non è pregiudicata, in particolare la possibilità di delegare ad organizzazioni professionali la programmazione o supervisione dei percorsi formativi per le professioni liberali. Pertanto, le disposizioni che non limitano l’accesso alle professioni ordinistiche o l’esercizio di attività regolamentate non sono comprese nel campo di applicazione della direttiva.

Tra i considerandum che aprono la direttiva anche un riferimento agli sviluppi scientifici e tecnologici e alla possibilità che si debbano aggiornare i requisiti di accesso a determinate professioni (in particolare per i servizi professionali forniti con mezzi elettronici), ma soprattutto possono ridurre o aumentare l’asimmetria informativa tra professionisti e consumatori. Laddove gli sviluppi scientifici e tecnologici comportano un rischio elevato per gli obiettivi di interesse pubblico, secondo la direttiva gli Stati membri dovrebbero incoraggiare i professionisti a tenere il passo con tali sviluppi.

Infine, ma non ultimo, la Direttiva dedica una particolare attenzione alla valutazione di proporzionalità della regolamentazione delle professioni sanitarie (art.7 comma 5) affinché sia garantito un elevato livello di protezione della salute umana all’atto della valutazione dei requisiti per le professioni sanitarie, quali attività riservate, titolo professionale protetto, sviluppo professionale continuo o norme relative all’organizzazione della professione, professionale etica e vigilanza, nel rispetto delle condizioni minime di formazione, stabilite dalla direttiva 2005/36/CE. La disposizione di favore nei confronti delle professioni sanitarie è stata fortemente voluta dalle rappresentanze del mondo della salute. Si applicherà a medici, farmacisti, dentisti, veterinari, infermieri, fisioterapisti, ostetriche con un impatto anche sul sistema delle farmacie (pianta organica).

Gli Stati membri hanno due anni di tempo per recepire la direttiva che entrerà in vigore venti giorni dopo la pubblicazione in Gazzetta.