Il futuro del lavoro? Ce lo spiega Adapt

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“Gli ultimi anni hanno fatto registrare ampi miglioramenti  nel mercato del lavoro e nella sua regolazione ma lo scenario presenta ancora molti elementi di criticità e, soprattutto, continua ad essere caratterizzato da contese ideologiche  e politiche, con preoccupanti orientamenti di ritorno al passato”, è questo l’incipit della premessa allo studio pubblicato dall’Adapt, l’Associazione per gli studi internazionali e comparati sul diritto del lavoro e sulle relazioni industriali, che sottolinea “ Non sorprende quindi, il cospicuo divario che ci allontana dal resto d’Europa su tutti i principali indicatori  del mercato del lavoro a partire dal nodo della produttività. In Italia il tasso di occupazione è ancora fermo al 58,2%ّ, al penultimo posto nell’Area Euro, nonostante la ripresa occupazionale degli ultimi anni”.

E lo studio punta su alcuni temi oggi al centro dell’interesse degli studiosi dei fenomeni legati al lavoro e all’occupazione.

Tecnologia

Se la tecnologia porterà diversi impatti nel mondo del lavoro, ad oggi è difficile immaginare , sulla base delle ricerche disponibili, che si avvereranno le previsioni più apocalittiche. Più realistico invece ipotizzare uno scenario di profonda trasformazione composto da distruzione/trasformazione di vecchi lavori e creazioni di nuovi. Gli impatti si vedranno quindi sulle professioni che muteranno generando una nuova domanda di professionalità da parte delle imprese, nuovi modelli di organizzazione del lavoro, nuovi modelli di welfare, fino ad ampissime conseguenze sulla struttura dei mercati del lavoro, caratterizzati da una nuova idea di stabilità, non più basata sul posto di lavoro ma sulla costruzione di carriere discontinue.

 

Demografia

Un neonato del 1976 aveva una probabilità del 90 per cento di essere ancora in vita all’età di 50 anni, se maschio, e a quella di 59 anni, se femmina. Quaranta anni più tardi, un neonato del 2016 può confidare di sopravvivere con un 90% di possibilità fino a 64 anni se è maschio, fino a 70 se è femmina. Questo dato, unito al calo demografico e alla sfida migratoria può far immaginare la tendenza all’invecchiamento e ai cambiamenti della popolazione e insieme dei lavoratori. Ciò comporterà non solo forti pressioni sulla sostenibilità dei sistemi pubblici di welfare ma anche una popolazione di lavoratori in media più anziana da gestire parallelamente ad una spinta alla innovazione che richiede invece un costante aggiornamento di competenze soprattutto in ambito digitale.

Un’analisi che non poteva non concludersi con una serie di proposte:

Semplificazione (qualitativa) e razionalizzazione (quantitativa) del quadro regolatorio nazionale

Apertura di un confronto serio sulla possibilità di un processo di unificazione di regolamentazione sul lavoro a livello europeo in modo da ridurre i livelli di regolazione e di adattamento a livello nazionale che non poco hanno penalizzato il nostro Paese.

Ripensamento del sistema previdenziale, senza distruggere quanto di importante fatto negli ultimi al fine di tutelare le transizioni occupazionalie costruire un sistema in cui pilastro pubblico e privato garantiscano chi si affaccia oggi nel mercato del lavoro.

Ripensamento del sistema di politiche attive intervenendo sull’impianto delle infrastrutture di governo e gestione del mercato del lavoro. Sarebbe inoltre importante introdurre un insieme di politiche preventive volte a prevenire o gestire anticipatamente la disoccupazione attraverso interventi basati sulla  attività di outplacement che intervengano  nella fase di uscita del lavoratore dalla impresa, sia in caso di supporto nell’ambito di una risoluzione consensuale o di licenziamento individuale, sia nell’ambito di licenziamenti collettivi. Allo stesso modo andrebbero sperimentati strumenti moderni di accompagnamento delle transizioni occupazionali come il conto professionale di attività,  introdotto recentemente in Francia, che pare un tassello essenziale nel nuovo welfare della persona.

Per quanto riguarda il tema delle Tecnologie e della digitalizzazione ripensamento degli attuali schemi di classificazione e inquadramento del personale;  ripensamento dell’attuale normativa sull’orario di lavoro per renderla più compatibile con l’economia digitale; promuovere il riconoscimento di nuove figure come i ricercatori industriali; immaginare nuove forme di flessibilità contrattuale che incontri bisogni di imprese e lavoratori; garantire un quadro normativo chiaro per le attività economiche e il lavoro nelle piattaforme online; incentivare l’introduzione e lo sviluppo di nuovi modelli  di organizzazione del lavoro.

Demografia: promozione di politiche attive per la promozione dell’occupabilità dei lavoratori con malattie croniche;  promozione di assessment di carriera lungo l’arco di vita dei lavoratorisostenere e potenziare forme di welfare a livello nazionale, regionale e aziendale ; stesura di un Testo Unico  del welfare.

E poi ancora: rilanciare l’alternanza scuola-lavoro, ripensare il rapporto tra pubblico e privato all’interno del sistema universitario; sviluppare nelle imprese e nei lavoratori la cultura della formazione come diritto/dovere individuale e come investimento sulla persona e sul capitale umano; ripensare al ruolo dei fondi interprofessionali rilanciando la logica della bilateralità e della sussidarietà.