Istat. Niente di buono sotto il sole del Bel Paese

595

E’ stato presentato a Roma, presso la Sala della Regina della Camera dei Deputati, il rapporto annuale dell’Istituto di ricerca che fotografa il nostro Paese,  ne sottolinea pregi (pochi), gap e possibili vie d’uscita.

“La ventisettesima edizione del Rapporto – scrivono infatti gli autori dello studio – propone come chiave di lettura quella dell’interazione tra dotazioni di risorse, fragilità, resilienza del “Sistema Italia” e opportunità per creare una crescita robusta, inclusiva e sostenibile. Si tratta di una chiave di lettura ampia, in grado di valorizzare diversi tematismi e il complesso dell’informazione statistica disponibile”.

Lo sviluppo recente dell’economia e della società, le tendenze demografiche, le dimensioni e la qualità delle risorse naturali e produttive del Paese, il capitale umano e il potenziale di sviluppo del mercato del lavoro, la competitività e la crescita,  l’equità e la sostenibilità: sono solo alcuni dei temi trattati nel rapporto.

“L’Italia è una realtà composita, eterogenea, bellissima e contraddittoria. È una terra ricca di tesori, arte e bellezza, ma è altresì una nazione ricca di problemi irrisolti, talvolta a seguito di alcune eredità, una per tutti quella del tema ricorrente circa il debito pubblico, che certo avremmo preferito acquisire con beneficio di inventario”, ha dichiarato il presidente dell’Istat, Gian Carlo Blangiardo, in occasione della presentazione del Rapporto che ha lanciato l’allarme anche su un secondo problema spinoso: la demografia..

“La recessione demografica che sta colpendo l’Italia, ormai dal 2015, appare significativa e si sta traducendo in un vero e proprio calo numerico di cui si ha memoria nella storia d’Italia solo risalendo al lontano biennio1917-1918, un’epoca segnata dalla Grande Guerra e dai successivi drammatici effetti dell’epidemia di spagnola – ha detto Blangiardo – Se fino al secolo scorso la componente demografica ha mostrato segnali di vitalità e ha spesso fornito un impulso alla crescita del Paese anche sul piano economico, oggi potrebbe svolgere, al contrario, un effetto frenante. Viene da chiedersi se siamo (e saremo ancora) un popolo che guarda avanti e investe sul suo futuro o se invece dobbiamo perlopiù sentirci destinati a gestire il presente”.

Nel 2050, la quota dei 15-64enni potrà scendere al 54,2% del totale, circa dieci punti percentuali in meno rispetto a oggi. Si tratta di oltre 6 milioni di persone in meno nella popolazione in età da lavoro.

E se sul fronte demografia l’allarme è forte e chiaro, non è di meno per quanto riguarda il Pil che, per l’istituto di ricerca, la contrazione nel secondo trimestre di quest’ultimo sarà pressoché certa (65%). Eppure lo stesso Istituto aveva certificato che i primi tre mesi dell’anno si erano  chiusi con un +0,1% prevedendo un mese fa una crescita dello 0,3% nel 2019.

“C’è un panorama internazionale in continuo movimento – ha sottolineato il Presidente dell’Istat – e nei nostri modelli teniamo conto anche di questo. Questo non vuol dire necessariamente che sia in discussione la stima fatta su base annua, che si attestava ad un + 0,3%,  che riteniamo possa continuare a reggere perchè riteniamo che nella seconda parte dell’anno ci possa essere una discreta tenuta”.

 

Il Rapporto completo o la sintesi si può consultare e scaricare dal sito https://www.istat.it/it/archivio/230712