Ocse. L’italia spende meno in istruzione e aumentano i neet

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E’ stato pubblicato, nei giorni scorsi, il rapporto OCSE “Education at a glance 2019”, lo studio che mette sotto la lente di ingrandimento vari aspetti del mondo dell’istruzione, dalla scuola all’università. E il nostro Paese, ancora una volta, si posiziona nella parte bassa della classifica. Colpa, anche, delle poche risorse destinate all’istruzione e della quota, questa sì, alta dei neet ossia i giovani che non lavorano, non studiano, non risultano frequentino corsi di formazione. Ma vediamo punto su punto.

L’Italia spende circa il 3,6% del suo Pil per l’istruzione dalla scuola primaria all’università, mentre la media Ocse è del 5%. La spesa, inoltre, è diminuita del 9% tra il 2010 e il 2016 sia per la scuola sia per l’università. La spesa per studente spazia da circa 8000 dollari nell’istruzione primaria (94% della media OCSE) a 9200 dollari nell’istruzione secondaria (92% della media OCSE) e 11600 dollari nei corsi di studio terziari (74% della media OCSE). Sebbene la spesa per studente aumenti ai livelli superiori di istruzione, il divario rispetto alla media OCSE diventa più ampio in quanto la spesa per l’istruzione aumenta maggiormente in altri Paesi dell’OCSE.

Altro capitolo con indici negativi per il nostro Paese riguarda i neet (l’acronimo sta per Not Engaged in Education, Employment or Training). Il 26% dei giovani di età compresa tra 18 e 24 anni è Neet, rispetto alla media Ocse del 14%. L’Italia e la Colombia sono gli unici due Paesi con tassi superiori al 10% per le due categorie (inattivi e disoccupati) tra i 18-24enni. Circa l’11% dei 15-19enni sono neet, ma questa quota triplica per i 20-24enni e sebbene il livello d’istruzione sia più alto tra le donne, il tasso di giovani Neet aumenta fino al 37% per le donne di età compresa tra i 25 e i 29 anni e scende al 26% per gli uomini.

E mentre il numero degli italiani che studiano all’estero è in continuo aumento (+36%) il bel paese continua ad essere poco attrattivo per gli studenti stranieri. Infatti, pur essendo questi ultimi aumentati del 12% tra il 2013 e il 2017, la loro quota si attesta al 6%, in linea con la media OCSE, ma con un valore assai minore rispetto ai Paesi anglofoni (dal 21% dell’Australia, al 13% del Canada) ed inferiore a Repubblica Ceca, Francia (13%) e Germania (9%). L’aumento dei cittadini italiani che studiano in altri Paesi OCSE e Paesi partner (+36% tra il 2013 e il 2016) si inquadra in un contesto di aumento generalizzato della mobilità degli studenti registrato nell’ultimo ventennio (5,3 milioni di studenti mobili stranieri nel 2017).

Nessuna buona notizia anche sul fronte “corpo docente”. Gli insegnanti italiani sono i più anziani nei Paesi OCSE, con la quota più elevata di docenti ultra 50enni. Sebbene questo rapporto sia notevolmente diminuito nella scuola primaria e secondaria, dal 64% nel 2015 al 59% nel 2017 a seguito delle recenti assunzioni, l’Italia si troverà a dover sostituire circa la metà degli attuali docenti entro i prossimi dieci anni. Quanto alle retribuzioni dei docenti, da contratto i salari a inizio carriera sono leggermente inferiori alla media OCSE (91% nella scuola secondaria superiore di indirizzo generale, 97% nella scuola dell’infanzia).

Ma tra tanti segni meno ce n’è uno più che positivo. Tutti i giovani di età compresa tra i 6 e i 14 anni (scuola dell’obbligo) sono scolarizzati. La piena scolarizzazione (i tassi di scolarizzazione superiori al 90%) inizia in Italia all’età di 3 anni, con un tasso di scolarizzazione del 94% tra i bambini di età compresa tra i 3 e i 5 anni, rispetto all’87% in media nei Paesi dell’OCSE.

E sul fronte “laurea”, l’Italia registra la seconda quota più elevata (29%) di adulti laureati nelle discipline artistiche ed umanistiche, in scienze sociali, giornalismo e nel settore dell’informazione. Discipline molto apprezzate dai giovani sia italiani (31%) sia stranieri (37%). La quota di adulti con un’istruzione terziaria in ingegneria, industria manifatturiera ed edilizia è comparativamente bassa (15%), sebbene sia leggermente più alta tra i neo-laureati (17%). Il tasso di occupazione è inferiore per gli adulti laureati nelle discipline artistiche (72%) o umanistiche (78%)

In generale, comunque il dato che emerge dal rapporto evidenzia come la percentuale di adulti di età compresa fra i 25 e i 34 anni in possesso di una laurea sia passata tra il 2008 e il 2018 dal 35% al 44%, nonostante il tasso di occupazione dei 25-34enni con un titolo di studio terziario sia del 67%, rispetto all’81% dei 25-64enni.

Le lauree di secondo livello sono relativamente apprezzate: si stima che il 22% degli italiani dovrebbe iscriversi a un corso di studio di secondo livello prima di aver compiuto 30 anni, rispetto al 14% in media tra Paesi dell’Ocse.

In Italia, chi arriva a una laurea di primo livello (tasso di conseguimento: 31%) ha maggiori probabilità di iscriversi a un corso di laurea di secondo livello rispetto ad altri Paesi dell’Ocse. Il tasso di diploma al secondo livello in Italia ha raggiunto il 22% nel 2017 (media: 18%).

I percorsi universitari e di istruzione terziaria sono presentati come la via principale attraverso la quale i giovani possono avere successo nella vita e contribuire al superamento delle sfide poste dall’innovazione ai sistemi economici. I soggetti in possesso di un livello di istruzione terziaria sono infatti più resilienti rispetto alla disoccupazione. Nel 2018 il tasso di occupazione dei laureati era superiore del 9% rispetto ai non laureati con un titolo di istruzione di secondo livello.  Inoltre, in Italia, gli adulti con un’istruzione universitaria guadagnano il 39% in più rispetto agli adulti diplomati, rispetto al 57% in più, in media, nei diversi Paesi dell’Ocse.

Sebbene in Italia i titolari di un dottorato registrino un più ampio vantaggio occupazionale rispetto ai titolari di una laurea di secondo livello, solo lo 0,5% degli adulti hanno conseguito un dottorato (media OCSE è 1,2%). Più donne che uomini conseguono un dottorato: la percentuale di donne tra i dottori raggiunge il 53% in scienze naturali, matematica e statistica, il 58% nelle discipline artistiche e umanistiche e il 64% nei settori della sanità e della previdenza sociale. Più uomini conseguono un dottorato in ingegneria, industria manifatturiera ed edilizia (64%), ma la percentuale di donne in questo campo (36%) è comunque superiore alla media OCSE (32%).

Ma nel nostro Paese mandare un figlio all’Università costa, e molto. Le tasse universitarie sono più elevate rispetto a molti altri Paesi europei e sono simili al livello delle tasse universitarie dei Paesi Bassi e della Spagna, inferiori comunque a quelle dell’Inghilterra e della Lettonia.

Per questo, secondo il report, nei Paesi dove le rette universitarie sono più care, circa il 70% degli studenti beneficia di borse o prestiti.