Anedda “Tener conto delle prospettive lavorative”

1701

“Durante un convegno, un esperto in demografia ha affermato che ormai l’Italia è un paese sempre più povero di giovani con giovani sempre più poveri. E’ una frase che mi è rimasta impressa perché l’ho immediatamente declinata con l’ambito professionale. Ciò che sta accadendo al paese in termini di invecchiamento della popolazione e aggiungo in termini di minore capacità di coinvolgimento dei giovani coinvolge tutta la realtà in primis, forse, quella professionale” così il Presidente della Cassa dei dottori commercialisti, Walter Anedda, durante la presentazione del progetto “Selfi€Employment”, organizzata da Anpal, Invitalia e l’Ente nazionale per il Microcredito.

“Il nostro compito come Casse di previdenza è quello di tener conto delle prospettive di chi svolge l’attività professionale affinché riesca a garantirsi un futuro pensionistico dignitoso. I dati del centro studi AdEPP hanno evidenziato che il tasso tra la popolazione non attiva, ossia sotto i 15 anni e sopra i 65 anni, rispetto invece a quella lavorativa nel 2048/2050 si attesterà sull’85%. L’indice che riguarda, invece, oggi i lavoratori fino ai 65 anni è sopra al 50%. Sono tutti dati in crescita, valori negativi, che determinano il fatto che l’Italia sia un Paese che sta invecchiando molto velocemente. E quello che emerge a livello Paese lo troviamo anche a livello professione. Se io vado a leggere il rapporto presentato lo scorso anno dall’AdEPP, scopro che gli iscritti sono aumentati, negli ultimi 15 anni, del 36%, una dato che potrebbe sembrare positivo ma guardando le fasce di età leggo che proprio durante questo periodo coloro che sono tra i 30 e i 40 anni sono passati dal 33% al 21%. Quindi sempre meno giovani. Se vado a prendere la fascia tra i 50 e i 60 anni invece passiamo dal 18% al 25%”.

“Il punto è perché meno giovani? Forse nella non appetibilità del mondo professionale, forse fare il professionista non ha più quegli elementi che lo caratterizzavano anche socialmente? Oggi iniziare a fare il professionista, che sia un dottore commercialista un avvocato o un ingegnere, ha un costo di partenza particolarmente elevato. Ci sono su questo una serie di studi che potrei citare ma parlando da commercialista, che nella sua funzione affianca un professionista anche quando avvia la propria attività, vi posso dire che il costo da affrontare si aggira intorno ai 30/40mila euro. Ma non solo. Oggi che io faccia il medico o il commercialista ho bisogno di determinati strumenti che hanno un costo. La digitalizzazione, l’innovazione è una realtà che ha già effetti sulla professione”.

“Tra i costi per l’attività c’è poi l’assicurazione professionale, la contribuzione previdenziale che ricordiamo è un costo vivo. Anzi lo è sempre e comunque quando si versano i cosiddetti minimi. Al di là del reddito che tu percepisci e dichiari devi, infatti, versare i minimi. La nostra Cassa ha deciso di mettere in campo versamenti minimi anche agevolati ma nonostante questo se vado a leggere i dati in mio possesso io so già che il neo collega prima di poter raggiungere il reddito in funzione del quale dovrebbe pagare il minimo ha davanti 7 anni. Fondamentalmente il collega ha 7 anni durante i quali  non percepisce un reddito sufficiente a versare i minimi.  Quindi, la contribuzione previdenziale, nei primi anni lavorativi, è sì un investimento per il futuro ma nella sostanza è un costo vivo”.

“Da qui la necessità di attivare quelle politiche che facilitino l’ingresso nel mondo del lavoro. Attenzione quando parliamo di facilitazione dell’ingresso nell’ambito professionale dobbiamo fare riferimento anche a quegli aspetti di accompagnamento che riguardano la formazione professionale. Un aspetto che registriamo è quella che si definisce obsolescenza dell’attività professionale. Oggi è un continuo innovarsi e rinnovarsi e questo ha un costo anche per i giovani”.

“Infine e qui chiudo. Se guardiamo i dati sui redditi, il reddito medio di categoria nell’ambito professionale si aggira intorno ai 35mila euro. Vi faccio però notare una cosa. Dal 2005 al 2007 il valore nominale si è ridotto del 13% circa, se andiamo però a vedere il reddito reale la riduzione è di quasi il 20%. La Cassa dei dottori commercialisti è una delle Casse che registra tra i propri iscritti i redditi più elevati, si aggirano intorno ai 67mila euro. Un reddito medio di una certa importanza, ma sapete quanto guadagna la mediana ossia la fascia che sta in mezzo? Intorno ai 30mila euro. Che significa? Significa che il 50% dei colleghi dichiara meno di 30mila euro. E andando ad analizzare in termini anagrafici e di genere, quelli che hanno redditi sotto i 30mila euro sono giovani. E c’è un altro aspetto gravissimo. Sta aumentando notevolmente la femminilizzazione delle professioni. Crescono di più le professioniste,  e se sul piano sociale siamo tutti felici sul piano previdenziale meno. Il reddito delle donne è inferiore del 34% degli uomini. E’ per questo che devo sottolineare che, in ambito previdenziale, se aumenta il dato sulla presenza delle donne che hanno redditi medi più bassi io ho un problema”.