Studio Confprofessioni. Stella “Delusi dalla Politica”

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“Ci rimane l’amaro in bocca per una manovra che ha come unico obiettivo quello di ‘fare cassa’, mettendo le mani nelle tasche dei liberi professionisti” così il Presidente di Confprofessioni, Gaetano Stella, nel suo intervento introduttivo del congresso nazionale “Ritorno al futuro”.

“Non è tanto quello che sta scritto nella futura Legge di Bilancio – ha denunciato Stella – quanto piuttosto quello che non c’è scritto a provocarci quella spiacevole sensazione di non essere compresi dalla politica, visto che da anni, chiediamo alle Istituzioni l’urgenza di interventi di sostegno allo sviluppo del nostro settore: mancano norme per favorire lo sviluppo infrastrutturale degli studi professionali, a cominciare dall’incentivazione dei processi di aggregazione tra giovani professionisti, latitano interventi per favorire il welfare dei lavoratori autonomi e delle loro famiglie, anche promuovendo l’accesso a forme mutualistiche di sanità integrativa. Una manovra che ignora il diritto dei professionisti ad accedere ai benefici di Industria 4.0, disattendendo quella parità con le Piccole e medie imprese (Pmi) prevista a livello europeo”.

“Nella Legge di Bilancio 2019 venne inserita una norma che avrebbe esteso, dal 2020, il regime della ‘flat tax’ ai professionisti con compensi fino a 100.000 euro – ha spiegato Stella – un provvedimento che, finalmente, avrebbe consentito a moltissimi professionisti di crescere e di investire nella propria attività, che avrebbe permesso a molti giovani di trovare spazio in un mercato sempre più ristretto, ma non è andata esattamente così: la sorpresa è contenuta nella manovra di Bilancio per il 2020, e ha il sapore di una beffa”.

“Il quadro che emerge dal Rapporto 2019 di Confprofessioni coglie le peculiarità, ma anche i limiti, di una forza economica e sociale che sta attraversando una fase di profonda trasformazione che investe tutto il ceto medio – ha continuato il presidente di Confprofessioni, – Numerosi indicatori economici indicano una crescita tendenziale del settore libero professionale in Italia e in Europa, ma un’analisi più attenta fa emergere una realtà estremamente polarizzata tra professione e professione, ma anche all’interno della stessa professione, tra regione e regione, tra uomini e donne, tra classi di reddito. Una professione a due velocità che ci spinge a individuare nuovi percorsi nel mercato del lavoro e, al tempo stesso, a costruire una rete di tutele universali che abbraccino gli interessi comuni sia della parte “forte” sia quella “più debole” del nostro mondo”.

Ma chi sono i professionisti italiani e quanto “pesano” sul sistema Paese?

Sicuramente sono professionisti altamente specializzati, come ha spiegato il professore Paolo Feltrin, curatore dello studio.

“La crescita dei professionisti è concentrata, come era facile attendersi, tra i laureati e tra i dottorati, i quali vanno a ingrossare le fila sempre più ampie di quelli che vengono chiamati knowledge workers – ha sottolineato Feltrin – Di conseguenza nei prossimi anni andrà dedicata molta attenzione alla programmazione dei corsi universitari e al monitoraggio degli sbocchi professionali così da offrire alla popolazione giovanile adeguati strumenti di orientamento scolastico e professionale”.

Anche perché il dato che emerge dallo studio fotografa, ancora una volta, sia il gap di genere sia l’age pay gap.

Negli ultimi 10 anni l’età media passa infatti dai 45 ai 47 anni, anche se nel settore socio-sanitario si registra un’inversione di tendenza, con un calo dell’età media che scende da 46 a 40 anni. Una tendenza che trova puntuale riscontro nel gap generazione. Tra il 2011 e il 2018, la quota di professionisti under 34 passa da 234 mila a 257 mila unità, mentre gli over 55 salgono da 270 mila del 2011 a 421 mila nel 2018. Un fenomeno imputabile non solo al fisiologico invecchiamento della popolazione professionale, ma anche al nuovo ingresso di professionisti in età matura.

Non solo, l’indagine 2019 di Confprofessioni mette in evidenzia un marcato gap di genere, dove prevale la componente maschile: il 64% dei liberi professionisti sono uomini, mentre le donne rappresentano il 36%. Si tratta di un fenomeno consolidato nel comparto del lavoro indipendente, che però tende a ridursi soprattutto tra i professionisti più giovani, dove il gender gap è quasi nullo.

Ma quanto guadagnano i professionisti?

Nonostante il fatturato complessivo dei liberi professionisti risulti in tendenziale aumento negli ultimi anni, arrivando nel 2017 a sfiorare il tetto dei 211 miliardi di euro, pari al 12,2% del Pil, l’analisi sui redditi professionali mostra una forte polarizzazione tra chi vede aumentare in modo significativo i propri redditi e chi vede assottigliarsi sempre più le proprie entrate. In questo ambito, le professioni che registrano una forte riduzione sono gli studi di architettura (-12,1%) e di ingegneria (-12,8%), mentre dall’altra parte ci sono i revisori contabili, periti, consulenti (+15%).

I redditi medi delle professioni ordinistiche oscillano in media tra i 36 mila e i 52 mila euro annui, a seconda che si prenda come riferimento i dati dell’Adepp, l’associazione delle Casse di previdenza privata delle professioni, o del Sose, la società che si occupa degli studi di settore, questi ultimi mediamente più alti poiché non calcolano gli oltre 300 mila liberi professionisti che aderiscono al regime forfettario e che presentano un reddito medio di poco superiore ai 10 mila euro.

I professionisti nel mondo del lavoro. Con poco più di 1,4 milioni unità, il settore delle libere professioni rappresenta nel 2018 oltre il 6% della forza lavoro e quasi il 27% del lavoro indipendente in Italia, in controtendenza rispetto ad altri settori. Secondo i dati Istat elaborati dall’Osservatorio libere professioni, infatti, negli ultimi 10 anni il lavoro indipendente nel suo complesso ha registrato una contrazione del 7,5% (-430 mila lavoratori), mentre i liberi professionisti continuano a crescere. Un fenomeno che si registra anche in tutta Europa, dove la quota di professionisti è passata dai 4,8 milioni del 2009 agli oltre 5,7 milioni del 2018 (+19%). Tra il 2011 e il 2018 la crescita occupazionale dei liberi professionisti si attesta al 17% e si riscontra in tutte le aree professionali, con punte che raggiungono il 53% nel settore socio-sanitario e del 38% per le professioni scientifiche. Lo stesso trend si registra anche a livello territoriale, con incrementi superiori al 30% in Campania, Molise, Veneto e Marche, mentre Calabria e Liguria segnano un calo rispettivamente del 8% e del 4,5%.

I professionisti nell’economia del Paese. Uno dei dati più rilevanti che emerge del Rapporto 2019 di Confprofessioni indica una stretta relazione tra Pil pro capite e presenza di professionisti, vero e proprio indice di ricchezza di una regione. A valori maggiori di Pil pro capite corrisponde infatti una maggior densità di liberi professionisti. Insomma, più professionisti, più Pil. Il contributo dei professionisti all’economia italiana si misura anche in termini di creazione di posti di lavoro. Il settore degli studi professionali rappresenta infatti uno sbocco occupazionale in costante aumento: nel 2018 sono oltre 204 mila i liberi professionisti datori di lavoro (il 14,4% del totale), che occupano 484 mila dipendenti, con una crescita su base annua del 3,3%.