Si intitola “Il processo di aggregazione e la digitalizzazione negli studi professionali” l’ultimo report pubblicato dalla Fondazione Nazionale dei Commercialisti e dal Consiglio Nazionale. Un focus che evidenziando “La storica difficoltà dei Commercialisti ad aggregarsi, attestata da tutti i dati disponibili” sottolinea come “è invero una caratteristica comune alla maggior parte delle professioni liberali che, come sostiene il Censis, continuano ad esprimere una forte “voglia di autonomia”, conservando una “forte impronta individuale”.
“Tuttavia, l’evoluzione economica e sociale degli ultimi anni, in particolare, la sempre più spinta specializzazione nel mondo delle professioni e la sempre maggiore complessità dei sistemi socioeconomici pubblici e privati si legge ancora nella prefazione del report – rendono sempre più inadeguato il modello “atomistico” della professione. La spinta alla concorrenza e la crescente complessità normativa che coinvolgono il mondo delle Pmi italiane, si riflette inevitabilmente nell’aumento di costi e responsabilità professionale e ciò si traduce inevitabilmente in maggiori oneri per gli studi soprattutto quelli individuali È certamente in questa chiave che possiamo leggere la gran parte dei fenomeni di crisi che interessano la professione di Commercialista, tra i quali il calo dei praticanti, degli abilitati e conseguentemente dei giovani iscritti all’albo”.
Ed ancora
“Ad esempio, la più veloce obsolescenza delle competenze durata delle competenze dei professionisti, certificata da numerosi studi internazionali, e quindi la necessità di ricorrere sempre di più alla formazione continua o a nuova formazione “specialistica”, si riflette in maniera notevole sui costi di esercizio della professione, ma anche sulla qualità del lavoro che, in condizioni estremamente parcellizzate, è spesso fonte di crisi. D’altro canto, la digitalizzazione a tutti i livelli dei processi amministrativi del nostro Paese rappresenta, oltre che un costo nell’immediato per professionisti e imprese, anche una straordinaria opportunità per modernizzare il sistema Italia e favorire di riflesso un profondo rinnovamento della nostra professione”.
“La digitalizzazione del fisco, delle pratiche camerali e di ormai quasi tutti gli adempimenti normativi che interessano le imprese e, in generale, i contribuenti, fino alla rivoluzionaria introduzione dell’obbligo della fatturazione elettronica tra privati, determinano un cambiamento epocale per la professione di Commercialista che non può e non deve essere visto solo come un processo adattivo, imposto dall’alto, frustrante e costoso, bensì come l’opportunità per far evolvere concretamente la professione stessa”.
Come?
“Migliorando notevolmente i processi gestionali degli studi professionali e ampliando significativamente gli spazi sul mercato, sia per la possibilità di entrare in nuovi segmenti (ad esempio, quello delle imprese più strutturate), sia per la possibilità di svolgere nuove attività (ad esempio nel campo dell’internazionalizzazione, della privacy e della sicurezza informatica, della consulenza aziendale) sia, ancora, per la possibilità di sfruttare l’integrazione con altri professionisti per rafforzare la propria presenza sul mercato”.
“I motivi per cui i modelli aggregativi esistenti, da quello tradizionale dell’associazione professionale a quello più recente della società tra professionisti, sono poco diffusi tra i Commercialisti possono essere individuati, da un lato, nei limiti culturali tipici del modello atomistico, e, dall’altro, nei limiti statutari e normativi dei modelli esistenti. Infatti, nonostante le migliori performance economiche dello studio associato e della STP, solo un commercialista su 5 è associato. Ciò è avvalorato dai dati forniti dalla Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza dei Dottori Commercialisti, ad esempio, chi esercita la professione in forma associata o societaria (totale o parziale) ha un reddito medio pari a ben 125 mila euro (volume di affari 245 mila euro) contro i 49 mila euro di chi esercita esclusivamente in forma individuale (volume di affari 80 mila euro)”.
“Nella consapevolezza che tali limiti possono essere, almeno in parte, spiegati dalla natura evolutiva dei processi in corso e dalla difficoltà dei sistemi giuridici di adeguarsi rapidamente ai mutamenti economici e, nella convinzione che l’aggregazione sia un modello vincente, abbiamo individuato forme alternative di aggregazione che possano superare quei limiti sfruttando le nuove tecnologie disponibili. Il documento offre, dunque, alcuni strumenti ed alcuni spunti di riflessione per approcciare sia strategicamente che operativamente l’attività tendente all’aggregazione, con l’obiettivo di indicare nuovi modelli di aggregazione, anche “leggeri”, resi possibili dall’innovazione tecnologica e dalla digitalizzazione dell’attività professionale”.