Biologi. La staffetta per la ripresa del Paese

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di Tiziana Stallone Presidente Enpab

Nella pandemia da coronavirus i biologi si sono ritrovati divisi in due: una parte sul piede di guerra per la lotta al virus e una parte in ginocchio per l’assenza di lavoro.

Alle professioni con codice Ateco 72.11.00, quello del biologo professionista, non è stato mai impedito perentoriamente di lavorare dai divieti governativi varati per la Covid-19. Questo codice ha però aperto un inimmaginato scenario all’interno di una categoria professionale estremamente variegata. Una scelta etica ha affidato al singolo biologo la discrezionalità dell’esercizio della propria attività durante la pandemia. Mi spiego meglio. La biologia ha tantissime aree di attività solo per citarne alcune: ricerca, diagnostica, laboratorio, biotecnologie, nutrizione, sicurezza, ambiente. Biologo è anche lo zoologo, il botanico e il biologo marino. Tutte professioni estremamente diverse, accumunate dalla stessa numerazione Ateco.

L’”indicazione guida” del nostro Ordine professionale per tutti i biologi senza distinzione di attività è stata quella di svolgere la professione in sicurezza, responsabilità e discrezionalità a seconda dell’effettiva necessità della prestazione. Cosa effettivamente fosse “lo stato di necessità” della persona che ricorre alla prestazione professionale del biologo è stata una decisione rimessa al biologo stesso.

Uno zoologo che lavora in spazi aperti per dei campionamenti può essere considerato un lavoratore responsabilmente mosso da uno stato oggettivo di necessità?

Un laboratorista che esegue i noti tamponi per rilevare la positività da Coronavirus, il ricercatore che sperimenta un farmaco o che ricerca un vaccino si muovono in uno stato di oggettiva necessità, ma il nutrizionista che opera per la prevenzione può considerare la sua attività necessaria in emergenza sanitaria?

Una categoria quella del biologo ad oggi di fatto con un ginocchio in terra, per l’assenza di lavoro e il crollo del proprio fatturato, e in parte sul piede di guerra per la lotta al virus. Questo nuovo scenario ci ha fatto riflettere sul reale significato della nostra professione e sulla responsabilità che come sanitari abbiamo verso la salute del prossimo.

Prendiamo ad esempio il nutrizionista. Sappiamo quanto lo stato nutrizionale sia strettamente correlato alla funzionalità del sistema immunitario, tuttavia nessuna azione migliorativa nella dieta può agire in maniera immediata e soprattutto avrebbe potuto impedire una infezione da Coronavirus. Pertanto, tra il migliorare lo stato di salute e proteggere il paziente dal pericolo dell’infezione (oltre che lo stesso professionista), proprio questo ramo della professione, rappresentativa di oltre il 40% degli iscritti alla cassa, ha di fatto visto bloccata la propria attività per quasi due mesi. Le stesse decisioni hanno segnato i biologi che lavorano in altri ambiti di fatto non emergenziali.

Al di là delle considerazioni di quanto i 600 euro anticipati dalle Casse per lo Stato non possano né garantire la sostenibilità economica in assenza di lavoro né agevolare la ripartenza in fase 2, pesa l’aggravante delle inique esclusioni dalla misura. Pensiamo alla negazione dell’indennità ai percettori di pensioni dirette e indirette a prescindere dall’importo (abbiamo dovuto negare i 600 euro anche a coloro che percepivano una pensione mensile di invalidità di 21 euro), nonché l’esclusione (per altro nel corso di raccolta delle domande) delle doppie posizioni previdenziali Enpab ed Inps anche causa incarichi di docenza di poche centinaia di euro.

La nostra Cassa ha operato concretamente e prontamente per il sostegno dei professionisti con delibere d’urgenza. I pagamenti dei contributi e delle rateizzazioni sono stati bloccati in via opzionale per tutto il 2020. Stiamo riconoscendo indennità ai biologi in quarantena fiduciaria e obbligatoria e sostegni economici ai ricoverati per Covid-19. Abbiamo stanziato risorse dedicate a quegli scritti ingiustamente esclusi dal sostegno economico dei decreti. Abbiamo infuso tranquillità attraverso una pronta informazione di tutte le iniziative della Cassa e delle azioni di governo a sostegno dei redditi. Con uno sguardo alla ripresa del lavoro abbiamo organizzato decine di webinar sul tema dell“empowerment della professione” con percorsi finalizzati alla promozione della cultura imprenditoriale.

Mai come in questo periodo i biologi hanno compreso il ruolo delle Casse di previdenza integrato allo Stato per la tutela dei professionisti, anche attraverso una costante attività di moral suasion verso il governo per la loro tutela.

Credo che ritorno più grande per i biologi sia stato la piena consapevolezza del significato profondo della loro professione, organizzata in una frangia di biologi di frontiera che fronteggia l’epidemia e una schiera di biologi in attesa. Una suddivisione di compiti tra fase 1 e 2, una staffetta per tutelare la salute dell’uomo e del suo ambiente.

Non saranno dunque i 600 euro attribuiti (o negati) a darci la vera spinta per ripartire, ma questo ritrovato o rafforzato amore per la nostra professione che salvaguarda la vita in tutte le sue innumerevoli espressioni.