Lo studio. Itinerari Previdenziali e gli investimenti delle Casse

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“Nonostante la lunga crisi negli ultimi 13 anni il patrimonio dei Fondi Pensione e delle Casse Privatizzate è più che raddoppiato e così pure quello delle Assicurazioni e del welfare privato” a sostenerlo il Settimo Report su “Investitori istituzionali italiani: iscritti, risorse e gestori per l’anno 2019” targato Itinerari Previdenziali e presentato a Roma lo scorso 9 settembre.

Il focus sulle Casse di previdenza è affidato a Alessandro Bugli e Francesca Colombo, entrambi ricercatori del Centro studi di Itinerari Previdenziali, report che riportiamo di seguito. In allegato, invece, le slide di presentazione.

“I dati ricavati dai bilanci recentemente pubblicati delle Casse di Previdenza fanno ovvio riferimento al 2019. È chiaro, quindi, che i numeri e i trend non tengono conto del semestre nero COVID-19 e di quello che ne sarà.

La categoria dei professionisti ante COVID-19 conosce un lento, ma continuo, incremento del numero di iscritti (1,676 milioni; +0,75%) e si attesta a un 7% della forza lavoro totale, a cui bisogna aggiungere i familiari a carico, tutti i lavoratori dipendenti e parasubordinati che operano per conto degli stessi professionisti. Insomma, una macchina che dà lavoro e “sfama” un’importante parte della popolazione del Paese. 

Ma soprattutto, per quel che diremo, una spina dorsale necessitata e tautologicamente “professionalmente” qualificata in un mondo 4.0. Se il numero complessivo dei professionisti cresce, non tutte le categorie però registrano un incremento, alcune – a mero titolo di esempio – risentono delle modifiche del mondo della distribuzione (ad esempio, Fondazione Enasarco), altre (come la Cassa Nazionale di Previdenza ed Assistenza a favore dei Ragionieri e Periti Commerciali) scontano le dinamiche macroeconomiche del Paese sulle attività produttive e i sempre maggiori costi relativi all’esercizio della professione e all’incremento della responsabilità professionale.

Si continua poi a leggere di una positiva fotografia data dal pressoché totale pareggio tra uomini e donne nelle professioni. Il dato è confermato anche per il 2019. Siamo un rapporto di 40 a 60, con ancora un leggero gap per le professioniste; gap che potrebbe essere agilmente recuperato nel medio termine, sia per il genere di professionista in ingresso sia per il fatto che, nelle fasce giovani di popolazione, le donne sono complessivamente di più degli uomini (importante il dato delle professioniste under 40).

Questo trend, oramai consolidato, fa mettere a riposo l’originario presidio maschile di alcune delle principali professioni. Basti pensare che nella nostra categoria, quella degli avvocati, il rapporto di genere (nel 1981) contava 7 colleghe per ogni 100 avvocati; già nel 1995 si saliva a 21 e, poi, a 36 nel 2005. Oggi (2019) siamo a 48 su 100 (dato che depurato dei pensionati attivi, arriva alla sostanziale parità).

Guardando i dati, almeno per alcune professioni, pur arrivandosi a un rapporto numerico di pareggio tra professionisti donne e uomini, restano però forti divari in termini di reddito. Guardando ancora una volta alla nostra categoria, per mero esempio (il dato è ancora quello del 2018), gli uomini hanno redditi superiori del 120% rispetto alle colleghe; anche se, a onor del vero, sono proprio quest’ultime a crescere meglio in termini percentuali di reddito rispetto al precedente periodo di rilevazione.

C’è poi il tema generazionale di reddito che tanto incide sulla tenuta prospettica degli Enti (pur a fronte della qualità di gestione delle risorse che sarà analizzata i prossimi 8 e 9 settembre in occasione della presentazione del Settimo Report sugli Investitori istituzionali italiani), ma anche sull’attrattività di questi mondi per le future generazioni. Se, da un lato, è normale che un professionista di lunga esperienza abbia redditi superiori a un novizio, di converso, è necessario un equilibrio sostanziale tra generazioni e una soglia minima di sussistenza.

Il reddito annuale dichiarato è per alcune giovani generazioni insufficiente a garantire lo sviluppo dell’individuo nella sfera familiare e professionale (si pensi al dato degli avvocati under 35 con 15mila euro di reddito medio su base nazionale). Gli interventi sulla fiscalità degli autonomi e, altrettanto, la messa in campo di importanti misure di assistenza da parte delle Casse dei Professionisti aiutano certamente a dare risposte all’esigenza delle giovani generazioni di garantirsi un tenore di vita dignitoso, ma è necessario persistere e affinare per consentire a molti di questi di non divenire mero “capitale umano” (secondo l’odiosa definizione in uso) per realtà che dispongano di mezzi e strumenti per valersi dell’impegno altrui e giocare sul momento di crisi”.