“Il Covid-19 ha avuto un impatto dirompente sul mondo del lavoro, rivoluzionandone dinamiche ed equilibri. Lo smartworking ha assunto un ruolo centrale ma spesso è un termine utilizzato impropriamente. Inapp, con le sue analisi, ci aiuta a orientarci per capire come si lavorerà domani” è questa la breve presentazione della ricerca targata Inapp, pubblicata su Il Sole 24 Ore.
“I dati in nostro possesso – scrive Riccardo Mazzarella Responsabile del gruppo di ricerca “Atlante lavoro” – filtrati attraverso il sistema informativo Atlante lavoro, mostrano una realtà del mercato del lavoro significativamente contrassegnata dalla mobilità occupazionale e professionale. Questi dati testimoniano come siamo di fronte a un bacino di offerta di lavoro che tende a riempirsi nello stesso momento in cui si svuota, dove la traiettoria di andata è rilevante come quella di ritorno. In questa dinamica circolare, per non trasformare la mobilità in precarietà è importante valorizzare le esperienze di lavoro pregresse come altrettanti momenti di apprendimento, utili a rinforzare l’occupabilità e la competitività delle persone sul mercato del lavoro”.
Effetti collaterali dello smart working
In un policy brief focalizzato sulle conseguenze future del lavoro agile, Inapp ha esplorato il ruolo dell’attitudine allo smart working (Asw, una variabile la cui diffusione è stata al centro di studi recenti, in Usa e in Europa) nella distribuzione del reddito da lavoro in Italia. I lavoratori con un’alta attitudine al lavoro agile – sostiene la ricerca – hanno in media un vantaggio salariale del 10% rispetto a quelli con una bassa attitudine allo smart working, che raggiunge il 17% tra i redditi più alti. Viene dimostrato che l’attitudine al lavoro agile favorisce le fasce di reddito più alte, i dipendenti di sesso maschile, i più adulti e quelli che vivono nelle province più colpite dal Coronavirus.
“L’eventuale scelta del lavoro da remoto come modalità ordinaria per molti lavoratori – si legge nelle conclusioni del paper – richiede una profonda ristrutturazione dei processi produttivi e dell’organizzazione del lavoro, basata sulle nuove opportunità che la tecnologia digitale mette a disposizione. Indipendentemente, però, dal fatto che il lavoro agile venga confermato o meno come soluzione duratura dopo la pandemia da Covid-19, i risultati suggerIscono che l’effetto di polarizzazione del progresso tecnico in questa direzione richiede l’affiancamento di politiche di riduzione della disuguaglianza, come le misure di sostegno al reddito abbastanza ampie da coprire i dipendenti più vulnerabili nel breve periodo e le politiche attive in grado di colmare potenziali lacune di conoscenza nel lungo periodo. Si rischia, altrimenti, di esacerbare le disuguaglianze già presenti nel mercato del lavoro italiano”.