L’intervento. Treu “Welfare anche ai professionisti iscritti alle Casse”

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“Questo rapporto, come gran parte delle analisi economiche sociali di questo anno, ci presenta, per svariate ragioni, un quadro non solo inconsueto ma del tutto eccezionale. Anzitutto per l’impatto sconvolgente della crisi su tutto il mondo del lavoro e delle imprese, i cui aspetti sono rappresentati nei vari capitoli del testo” così il Presidente del Cnel, Tiziano Treu, nella sua prefazione al XXII rapporto sul mercato del lavoro e contrattazione collettiva, presentato nei giorni scorsi.  Un intervento che riserva un capitolo a parte ai lavoratori autonomi inclusi i liberi professionisti iscritti alle Casse

“La pandemia – scrive Treu – si è rivelata un acceleratore di tendenze al cambiamento già presenti negli ultimi anni. Tuttavia, l’accelerazione è talmente potente da alterare le stesse categorie fondamentali con cui abbiamo letto le varie realtà economiche sociali e ambientali come i dati relativi al mercato del lavoro. La esplosione del lavoro digitale a distanza ha modificato i luoghi e il tempo delle attività umane. È cresciuta la interdipendenza fra lavoro salute e contesto ambientale. Si è resa, per questa via, evidente la necessità di integrare fra loro politiche del lavoro, istituti della salute e cambiamenti del contesto socioeconomico. L’importanza di questi nessi sarà indicata nel nostro rapporto”.

“La pandemia, oltre a cambiare I fondamentali del mercato del lavoro, ha messo a rischio la salute e la vita delle persone in tutto il mondo e sta modificando in modo non ancora del tutto percepibile i comportamenti dei singoli e delle collettività. Ancora più a fondo ha seminato disorientamento e incertezze influenzando in profondità il benessere fisico e mentale di milioni di persone. Ha provocato reazioni divaricate fra Paesi e gruppi sociali, accrescendo le tensioni già aggravate dalle difficoltà economiche e dalla angoscia del futuro. All’emergenza provocata dal contagio e dalle condizioni di salute, si è aggiunta la emergenza economica e sociale con effetti destinati a essere duraturi, anche se incerti”.

Ed ancora. “La diversità di questa crisi e la pervasività delle sue implicazioni incidono anche sul modo di analizzare le questioni del lavoro, non solo perché il lavoro è al centro della vita sociale ed economica, ma perché hanno accentuato le connessioni fra i vari aspetti delle vicende economiche e sociali. Oggi meno che mai le questioni del lavoro, anche quelle su aspetti specifici non possono leggersi e affrontarsi in modo separato dal contesto, non solo quello macroeconomico nazionale e internazionale, ma anche quello sociale, ambientale e in questi mesi sanitario.  Lo stringersi delle relazioni fra diversi campi della economia e della vita mette in atto un intreccio di influenze che accresce la complessità della attuale realtà e pone sfide inedite alla analisi e alle policies. Questa interdipendenza ci chiede di integrare i nostri metodi di analisi superando barriere disciplinari e schemi ideologici del passato; ancora più a fondo, ci spinge ad aprire la mente su categorie e ipotesi nuove”.

E tra categorie e ipotesi nuove, l’ex Ministro del lavoro  e della Previdenza sociale (Governo Dini e Governo Prodi) affronta anche il tema dei lavoratori autonomi, dei liberi professionisti e delle Casse di previdenza

“Il sistema di welfare storicamente riservato al lavoro dipendente – sottolinea nella sua introduzione Treu – si è aperto ad alcune categorie del variegato mondo del lavoro autonomo e professionale. Questa strada andrà proseguita, con le variazioni del caso, anche per i professionisti iscritti alle casse private di previdenza, e il rapporto suggerisce di dare seguito alla norma della legge 81/2017 che prevedeva una delega in tema di protezioni sociali dei professionisti iscritti alle Casse”.

Il lavoro autonomo e professionale: tipologie e esigenze di tutela.

“La crisi sanitaria e poi quella economica – scrive Treu – hanno colpito duramente non solo il lavoro dipendente, ma anche le diverse forme di lavoro autonomo e professionale. Queste hanno pagato un prezzo particolarmente alto in termini di occupazione e di perdita di reddito, mostrando la eterogeneità e la fragilità delle condizioni di lavoro e reddituali di queste categorie. In questo caso, gli interventi di emergenza del governo hanno fornito a tali lavoratori un ristoro solo parziale, e hanno sollecitato la necessità di prevedere un sistema di tutela adeguato ai loro bisogni, pur nella prospettiva della universalità della protezione civile che si sta affermando non solo in Italia. E’ necessario allargare gli interventi alle protezioni sul mercato del lavoro prospettando la costruzione di un sistema di welfare specifico per il lavoro autonomo professionale, quale avviato in altri paesi europei. Tale necessità è implicitamente riconosciuta dal regolamento europeo SURE che include anche i lavoratori autonomi fra i destinatari delle risorse per il sostegno al reddito in questa fase emergenziale. Il riconoscimento del carattere imprenditoriale dell’attività professionale da parte della giurisprudenza europea (ma alquanto discusso in Italia) è stato deciso in base ai principi della concorrenza iscritti nei trattati comunitari, ma non può essere inteso come una preclusione a valutare la posizione economica di questi lavoratori sul mercato al fine di predisporre rimedi alla debolezza della loro capacità reddituale. Semmai la posizione di (relativa) autonomia di tali lavoratori può suggerire, come si è riconosciuto in altri paesi e proposto anche da noi, che tali rimedi siano graduati per tenere conto delle condizioni economiche e dei caratteri organizzativi dei diversi tipi di lavoro autonomo e professionale, nonché della perdita effettiva di reddito rispetto a cui occorre intervenire. Il sistema di welfare storicamente riservato al lavoro dipendente si è così aperto ad alcune categorie del variegato mondo del lavoro autonomo e professionale. Questa strada andrà proseguita, con le variazioni del caso, anche per i professionisti iscritti alle casse private di previdenza, e il rapporto suggerisce di dare seguito alla  norma della legge 81/2017 che prevedeva una delega in tema di protezioni sociali dei professionisti iscritti alle Casse”.

Giovani

L’Italia si trova oggi davanti a un drammatico bivio. Da un lato c’è un sentiero stretto e in salita che porta ad una nuova fase di sviluppo economico e sociale. Sull’altro lato c’è un’ampia strada che va verso il declino. Il peso del debito pubblico, assieme a quello degli squilibri demografici, in combinazione con quello dei NEET (i disoccupati più gli inattivi non in formazione), ci sbilancia fortemente verso la seconda strada. Su tutti questi fronti, come ben noto, l’Italia occupa le posizioni peggiori in Europa, ma sono anche gli stessi su cui si concentrano le maggiori preoccupazioni rispetto al peggioramento prodotto dalla pandemia. Quando l’emergenza sarà passata ci troveremo, in positivo, con una maggiore attenzione alla salute pubblica, ma anche, in negativo, con la peggiore combinazione – in Europa e nella nostra storia repubblicana – di alto debito pubblico, bassa natalità, bassa presenza degli under 35 nel sistema produttivo italiano.

Lo scarso investimento pubblico sulle nuove generazioni (in particolare la parte che va efficacemente a rafforzare la loro formazione e l’inserimento solido nel mondo del lavoro) è il principale nodo che vincola al ribasso le possibilità di crescita italiane, da sciogliere prima ancora che sul piano del rapporto tra giovani e lavoro, su quello più alto del ruolo delle nuove generazioni nel modello di sviluppo del Paese. Se non si inverte questa tendenza non solo si pregiudicano le prospettive economiche del Paese, ma si rischia di alterare in profondità il patto fra le generazioni che è un elemento costitutivo dell’assetto sociale, della sua equità e stabilità. Non si tratta ora solo di contenere il peggioramento prodotto dalla pandemia sulle condizioni degli attuali e futuri entranti nel mondo del lavoro. Va prima di tutto capito cosa non funzionava in Italia prima della crisi sanitaria nella capacità di preparare bene le nuove generazioni, all’altezza delle sfide dei propri tempi, inserirle in modo efficace nel mondo del lavoro, valorizzare il loro capitale umano nel sistema produttivo.

Donne

Le donne hanno pagato il prezzo più alto della crisi in quanto impegnate a ricoprire ruoli e a svolgere lavori più precari, soprattutto nei servizi. Le donne non sono un soggetto svantaggiato. Sono la metà del mondo, la battaglia per l’uguaglianza di genere non può essere più solo un punto di un programma politico aggiunto ma deve essere al centro di azioni concrete creando vantaggi economici, sociali e culturali per l’intero Paese. Tutti i dati confermano che la condizione della donna lavoratrice è penalizzata soprattutto dalla difficile conciliazione dei tempi di vita e di lavoro. È questa difficoltà che contribuisce a mantenere la quota di occupazione femminile (meno del 50%) al di sotto delle medie europee. Tale dato si è aggravato nel corso della pandemia senza che il ricorso allo Smart working abbia giovato a correggerlo, perché esso è stato limitato dall’aggravio di compiti familiari, specie sulle donne con figli impediti di frequentare le scuole. Per lo stesso motivo si spiegano il crollo della occupazione femminile e la crescita del tasso di disoccupazione in occasione della maternità per le donne indotte a lasciare il lavoro per prendersi cura dei figli. Su questa base il CNEL ha più volte sottolineato come per promuovere la occupazione femminile non bastino politiche di incentivazione economica alle assunzioni, ma serva anzitutto allargare la offerta di servizi, non soltanto asili nido, ma scuola a pieno tempo e servizi per gli anziani, nonché promuovere forme organizzative del lavoro più favorevoli alla conciliazioneNell’occupazione femminile giocano un ruolo fondamentale i percorsi formativi. La minore frequenza con cui le ragazze scelgono percorsi di studio nelle materie STEM rispetto ai maschi comporta conseguenze sia nel breve sia nel lungo periodo: se infatti nel breve periodo la componente femminile è meno presente nei percorsi di studio più richiesti e meglio remunerati dalle imprese, nel lungo periodo sono proprio i settori STEM che presentano le maggiori prospettive di crescita.

Fondi Europei

Un capitolo nuovo analizza entità e uso dei fondi europei contenenti incentivi alle imprese per le assunzioni. un insieme imponente di risorse a disposizione specie del Mezzogiorno, che fra il 2015 e 2019 ha beneficiato un gran numero di aziende e di lavoratori di quei territori e finanziato fra l’altro le assunzioni della garanzia giovani. Si rileva che i contratti incentivati manifestano una buona tenuta nel tempo, ma non aiutano a correggere le tendenze del mercato, in particolare i divari di genere che vanno a scapito della occupazione femminile, e producono effetti non univoci sulle decisioni delle imprese relative alle assunzioni.