Osservatorio Confprofessioni. I Professionisti tengono nonostante la crisi

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E’ il Lazio a guidare la classifica di un “settore” che ha saputo affrontare una delle più gravi crisi degli ultimi anni. La pandemia ha colpito infatti categorie “meno protette” rispetto ai lavoratori dipendenti. Da sottolineare che i professionisti ordinistici hanno potuto contare almeno sull’aiuto delle proprie Casse di previdenza private che hanno messo in campo azioni di sostegno ad hoc.

Tornando ai dati (la maggior parte dei quali presi dall’Istat e solo alcuni dalle stesse Casse di previdenza) contenuti nel “2° Rapporto Regionale sulle libere professioni” targato Confprofessioni, questi fotografano un sistema che ha a che fare sia con gap regionali sia demografici sia di genere.

E’ infatti lo stesso assessore alla Regione Lazio Claudio Di Berardino a margine dell’evento online di presentazione del Rapporto a sottolineare che il rapporto “descrive un settore che ha saputo reagire alla crisi pandemica. L’impatto del Covid nell’ultimo anno si è fatto sentire su tutto il Paese, con un calo di oltre 18mila lavoratori delle libere professioni ma il Lazio in controtendenza, registra invece nel medesimo periodo la crescita maggiore in Italia (+20.306 liberi professionisti) con il +11,1%, passando dunque dai 182.423 professionisti del primo trimestre del 2019 ai 202.729 del primo trimestre del 2020. Nel Rapporto vediamo come le professioni scientifiche in ambito socio-sanitario e scientifico in generale siano state quelle maggiormente cresciute, e si rileva anche una buona partecipazione da parte dei giovani tra i 15 e i 34 anni. Preoccupa vedere al contrario come il gap di genere in tutta la penisola sia marcato non solo nel numero, ma anche nella retribuzione tra lavoratrici e lavoratori”.

Dai importanti che per l’assessore serviranno “per pianificare delle politiche del lavoro attive, in cui i lavoratori siano trasversalmente tutelati”.

Alcuni dati e osservazioni contenuti nel Rapporto

L’incidenza dei liberi professionisti sui lavoratori indipendenti varia molto in funzione dei territori. In alcune regioni del Sud, in particolare, il contributo delle libere professioni appare molto inferiore a quello che si riscontra in media nazionale: rispetto al 27% nazionale, il peso dei liberi professionisti scende al 19-20% in Sardegna e Basilicata e, di contro, le cifre più elevate si riscontrano in Lombardia e Lazio.

La differenza di presenza dei liberi professionisti al Nord e al Sud dipende in modo significativo dal reddito prodotto in ogni territorio, vista la correlazione positiva tra PIL pro capite e numero di liberi professionisti. Le regioni che detengono i valori più bassi per entrambe le dimensioni sono quelle meridionali. In conclusione, viene confermata l’idea di una rivoluzione silenziosa in corso nel ‘multiverso’ del lavoro indipendente.

La quota di lavoratori dipendenti e indipendenti la cui attività è stata “bloccata” fino al 3 maggio 2020: come si può notare il blocco delle attività ha riguardato il 31,8% degli occupati. Gli indipendenti registrano una percentuale più elevata (40,2%) di lavoratori con Ateco bloccati e al loro interno i liberi professionisti sono la tipologia di lavoratori che è risultata meno colpita dalle disposizioni attuative del decreto (16,8%).

Nello specifico, i liberi professionisti bloccati sono stati poco meno di 240.000. Va tuttavia sottolineato come l’attività libero professionale sia particolarmente influenzata dai restanti comparti dell’economa reale, per cui un arresto delle attività produttive e commerciali si traduce immediatamente in un blocco pressoché completo anche del lavoro dei liberi professionisti.

I dati suddivisi per Regione si possono leggere e scaricare cliccando su 2° Rapporto regionale sulle libere professioni | Confprofessioni