Finanza d’impresa e investimenti pubblici: quale contributo possono dare le Casse?

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Di Stefano Distilli*

Se il legame tra enti di previdenza privata e investimenti in ambito e in partnership con il pubblico è certamente più immediato, considerato il ruolo di investitori istituzionali che le Casse ricoprono, meno intuitivo potrebbe essere il contributo che come Cassa possiamo dare allo sviluppo di una pianificazione finanziaria efficace per le imprese e di strumenti di raccolta, impiego e gestione del capitale privato, anche e soprattutto nell’ambito del Pnrr.

Anche in questo caso, però, le sinergie sono evidenti se ci caliamo nel nostro ruolo di investitori istituzionali impegnati a sostenere la cosiddetta “economia reale” in cui veniamo a contatto con gestori di fondi alternativi, sia di carattere internazionale che “domestici”, che considerano i nostri colleghi come il vero anello di snodo e congiunzione tra le imprese e il capitale privato, come soggetti in grado di interloquire e mediare con gli operatori finanziari che allo stesso tempo conoscono intimamente le imprese e gli imprenditori.

Sicuramente questo, insieme a molti altri potenzialmente, è e sarà sempre di più un ambito di sviluppo “nobile” della professione, così come lo sarà tutto il settore della consulenza e del supporto all’evoluzione delle imprese e della pubblica amministrazione in un’ottica ESG, spazi che altrimenti saranno di certo occupati da altri.

Guardando allora al ruolo concreto che la nostra Cassa può svolgere torniamo a un’altra formula forse spesso abusata e che non deve rischiare di rimanere un’etichetta vuota ma deve essere riempita di contenuti, quella di “welfare strategico” pensato per supportare la crescita professionale degli iscritti.

Lo sviluppo di competenze nuove, così come la collaborazione intra e interprofessionale, possono certamente contribuire a mettere insieme quella cassetta degli attrezzi ormai indispensabile per rinnovare la professione e rimanere competitivi in un ambito come quello della consulenza alle aziende che, anche nell’ambito del Pnrr, si trova davanti a cambiamenti repentini e sfide sempre nuove.

Bisogna quindi puntare sull’innovazione e sulla contaminazione di competenze, nel segno di quanto sosteneva l’economista e sociologo Friedrich Von Hayek ovvero che “Nessuno può essere un grande economista, se è solo un economista” per ridisegnare la professione, con una particolare attenzione nei confronti dei professionisti più giovani che spesso si trovano davanti ostacoli di natura diversa o hanno bisogno di sostegno per affrontare le spese di avvio. In questo contesto, la formazione, le specializzazioni e l’acquisizione di competenze nuove, così come le aggregazioni tra professionisti diventano elementi strategici che, come Cassa, possiamo contribuire ad alimentare tramite iniziative di welfare specifiche.

E tanto più quella della formazione è una chiave fondamentale se è vero, per esempio, che non è sufficiente “digitalizzare” gli studi se poi non si è in grado di mettere a frutto adeguatamente le opportunità messe a disposizione dalla digitalizzazione, così come emerge da da una ricerca realizzata dal dipartimento di management dell’Università di Torino che rileva come il 78% dei professionisti ammette di non conoscere tutte le funzionalità messe a disposizione da programmi e strumenti.

Altro filone, legato anch’esso al PNRR, è quello della riqualificazione immobiliare e della rigenerazione urbana, ambito verso il quale da tempo come Casse stiamo orientando i nostri investimenti, per operare una valorizzazione il più possibile sostenibile, anche in prospettiva, del patrimonio degli iscritti.

 

I progetti di rigenerazione urbana che afferiscono alla quinta missione del Pnrr, ovvero quella per l’inclusione e la coesione sociale, sono finalizzati a dare nuova vita a quartieri e agglomerati urbani, rinnovandone le infrastrutture e i servizi per offrire una maggiore vivibilità e favorendo un benessere sempre più diffuso per la comunità locale.

Questo tipo di progetti contribuisce a stimolare lo sviluppo stesso di quei territori, fornendo nuova linfa al tessuto imprenditoriale locale e creando, quindi, un terreno fertile per lo sviluppo di nuove opportunità consulenziali per i professionisti. Un vero e proprio circolo virtuoso che, oltre a valorizzare il patrimonio degli iscritti in termini di redditività e di stabilità prospettica, contribuisce a recuperare la centralità dei liberi professionisti nel percorso di crescita del sistema Paese.

 

Restano comunque alcuni ostacoli da superare per facilitare questi percorsi, prima di tutto le barriere di natura normativa e fiscale.

Riguardo alle STP, ad esempio, sarebbe importante poter contare su un intervento legislativo per eliminare quegli elementi distorsivi  come la duplicazione del contributo integrativo, che rappresentano un freno al ricorso a questo importante veicolo di crescita professionale e reddituale, come dimostra il fatto che, secondo gli ultimi dati registrati, il reddito medio di un dottore commercialista che lavora esclusivamente in STP è di circa 1 volta e mezza superiore a quello di chi opera individualmente.

Allo stesso tempo sarebbe utile una riformulazione dei livelli di imposizione fiscale previsti per gli investimenti delle Casse nell’ambito della gestione istituzionale dei patrimoni, che ancora oggi sono sottoposti a una tassazione sui rendimenti e rendite assimilabile a quella che si applica nel caso di soggetti dal profilo speculativo.

*Presidente Cassa Dottori Commercialisti