La piattaforma ESIP si conferma interlocutrice privilegiata della Commissione su sicurezza sociale, salute e mercato unico.

Il Forum ESIP 2025 ha visto la partecipazione di oltre 200 esperti e stakeholder del settore della sicurezza sociale. Le tre tavole rotonde dell’evento hanno affrontato temi inerenti al contributo della sicurezza sociale alla crescita e competitività dell’Europa. Per la prima volta i direttori e presidenti degli enti di sicurezza sociale si sono alternati sul palco del Forum per discutere delle strategie di finanziamento dello stato sociale (nei rispettivi paesi e a livello dell’Unione), della salute come pilastro della sicurezza europea e della protezione sociale nell’era dell’intelligenza artificiale. 

Francesco Corti, membro del gabinetto della vicepresidente esecutiva della Commissione europea, Roxana Mînzatu, ha messo in luce l’importanza di avere interlocutori come ESIP per competenza e capacità di reazione alle proposte della Commissione. In particolare, in considerazione del mandato della vicepresidente, che include la protezione sociale, il lavoro e le competenze, e delle linee politiche della presidente von der Leyen per il suo secondo mandato, tutte improntate alla crescita e alla competitività nella salvaguardia del modello sociale europeo. 

Corti ha ricordato che, non a caso, il terzo regolamento dell’Unione dopo il Trattato di Roma è stato quello sul coordinamento della sicurezza sociale (regolamento 883/2004). Quando si discute del rafforzamento o approfondimento del Mercato Unico (priorità chiave dell’attuale Commissione) si parla innanzitutto di aumento della “mobilità”, delle merci, dei servizi, dei capitali ma anche del lavoro. 

La mobilità del lavoro, tuttavia, non può essere considerata solo come una “adjustable variable” per le istituzioni di sicurezza sociale, che devono adattarsi alle norme semplificate in velocità dai legislatori europei e nazionali, né può essere una variabile regolabile per i lavoratori mobili o per le aziende, che potrebbero utilizzare le norme sulla sicurezza sociale come “vantaggio competitivo” nel mercato unico europeo. 

Corti ha affermato che, dal punto di vista sociale, nel discutere di competitività a livello europeo e di rafforzamento del Mercato Unico, è necessario partire da un quesito fondamentale, ossia perché nell’UE esistono norme per il coordinamento della sicurezza sociale e quali sono i principi cui esse si ispirano. Innanzitutto, l’imparzialità per l’individuo (Individual fairness), le norme devono essere disegnate in modo da non creare condizioni di svantaggio per i lavoratori mobili, né la mobilità europea dovrebbe comportare una riduzione dei benefici per i lavoratori. Poi, l’equità finanziaria (financial fairness) che deve instaurarsi tra il paese di destinazione e quello dove si è iniziato ad accumulare i contributi sociali. E, infine, ma non meno importante, la semplicità amministrativa (administrative ease), grazie a norme disegnate per un’agevole attuazione da parte delle amministrazioni nazionali ed efficienti dal punto di vista dei costi e dell’individuazione di rischi, frodi, errori amministrativi. 

Nell’ottica del mercato unico europeo, un altro principio riassume i precedenti, quello dell’equità competitiva (competitive fairness), che presume che le norme debbano essere disegnate per facilitare la mobilità, l’imparzialità per l’individuo, la facilità di attuazione, l’equità finanziarie, nonché in chiave preventiva per far sì che non possano essere sfruttate per una scorretta competitività interna (frodi sociali, errori amministrativi, dumping sociale). 

Nell’impact assessment condotto dalla Commissione europea sul regolamento 883/2004 nel 2016, questi principi sono tutti presenti compresa la loro evoluzione (parallela all’evoluzione normativa). Si vede come il livello di complessità nell’interazione e nel coordinamento a livello UE si sia ampliato. Francesco Corti ha ricordato come l’evoluzione della sicurezza sociale a livello nazionale, le modalità di coordinamento disciplinate nella normativa di livello europeo, i criteri di eleggibilità nella sicurezza sociale, i flussi di mobilità del lavoro abbiano tutti effetto sulle misure inserite nelle leggi di bilancio. 

Come pure, l’evoluzione della digitalizzazione del coordinamento tra Stati membri, avviata con il sistema EESSI dall’UE, ha effetti sul modo in cui si coopera tra amministrazioni di diversi Paesi. Quindi, in un certo senso, secondo Corti, il coordinamento della sicurezza sociale e il ruolo della sicurezza sociale nel mercato unico rappresentano una sorta di “stato sociale nascosto” dell’UE (hidden welfare state). Si pensi solo ai 235 milioni di tessere europee di assicurazione malattia già rilasciate (European Health Insurance Card) o al numero di lavoratori mobili, distaccati o meno, in Europa (circa 50 milioni, in prospettiva, una sorta di settimo stato dell’UE per popolazione).  

Dal punto di vista politico questi numeri possono essere letti in due modi: a) non è ancora abbastanza, ossia, non rappresentando la maggior parte della popolazione europea, è necessario eliminare o ridurre le barriere esistenti per facilitare sempre più la mobilità (“per una buona Unione economica e monetaria è fondamentale l’alta mobilità del lavoro”), ma questo dovrebbe già rientrare tra gli obiettivi della semplificazione normativa; b) la sicurezza sociale di tutte queste persone mobili può essere un facilitatore dell’Agenda per la competitività, dunque, le norme sulla mobilità e coordinamento sociale devono essere non solo semplificate, ma anche qualificate per prevenire i possibili abusi. 

 

Sono questi i due approcci che stanno guidando la Vicepresidente esecutiva Mînzatu nel suo mandato e che si traducono in un’azione in due fasi.
La prima fase è la conclusione del negoziato sulla revisione del regolamento 883/2004 sul coordinamento della sicurezza sociale entro il primo semestre 2026, come parte di un pacchetto più ampio che vede la sicurezza sociale al centro dell’Agenda per la competitività facilitando la mobilità e la protezione sociale dei lavoratori (dal punto di vista del lavoratore mobile, dell’azienda, dell’istituzione di sicurezza sociale e dello Stato membro). 

La seconda fase concerne il Pacchetto mobilità – formalizzato nel programma di lavoro della Commissione per il 2026 – incentrato proprio sui principi sopra richiamati con l’obiettivo di facilitare l’enforcement, la semplificazione e la digitalizzazione dei sistemi di sicurezza sociale

La proposta legislativa che accompagnerà il Pacchetto si focalizzerà, innanzitutto, sul rafforzamento dell’Autorità europea del lavoro (ELA) nella gestione dei dati, tenuto conto del fatto che per combattere le frodi e il social dumping è necessaria un’Autorità sovranazionale che possa accedere ai dati personali e aziendali e segnalare agli Stati membri i casi sospetti, grazie a un’adeguata valutazione dei rischi. Dunque, che non conduca in autonomia le ispezioni, bensì che possa affiancare le amministrazioni nazionali nelle verifiche e ispezioni multi-paese. Il fulcro di questa attività resta in ogni caso la capacità degli Stati membri di scambiarsi informazioni essenziali

Con particolare riferimento al mondo delle professioni, Corti ha segnalato che il Pacchetto mobilità comprende anche il riconoscimento automatico delle qualifiche professionali per facilitare il libero movimento delle persone nel mercato unico, espandere il numero di professioni, accorciare i tempi del riconoscimento della qualifica (a tre mesi). 

Ancora, la messa a sistema di ESSPASS (digitalizzazione della sicurezza sociale) nei 27 paesi membri, a valle della conclusione della fase pilota in 6 paesi. L’azione sulla digitalizzazione nel Pacchetto mobilità comprende l’accordo quadro sul telelavoro transnazionale (cross border teleworker), quale secondo step della revisione del coordinamento della sicurezza sociale che dovrà essere allargata ai lavoratori nomadi digitali, al telelavoro, ecc. 

Nel concludere il suo intervento, Corti ha segnalato il caso dell’accordo di cooperazione sulla sicurezza sociale sottoscritto tra Italia e Francia il 15 maggio 2025 per lo scambio di dati su frodi ed errori di sicurezza sociale. Pur riconoscendone l’importanza e il valore, ha ribadito quanto sia necessario pervenire a soluzioni strutturate per lo scambio di dati tra i 27 paesi membri dell’UE e, in un secondo momento, anche all’interoperabilità delle banche dati (più complessa, ma decisamente risolutiva per il settore). 

Ci sono gli strumenti e i mezzi per ripensare tali modalità con la predisposizione di norme idonee sia a facilitare la mobilità contribuendo alla competitività dell’Unione, sia ad agevolare l’individuazione delle frodi, prevenire il social dumping e facilitare la collaborazione tra amministrazioni.