Con 393 si, 74 contrari e 46 gli astenuti la riforma a firma Fornero è passata in via definitiva. Dopo le due votazioni di martedì, l’aula di Montecitorio ha votato la quarta e ultima fiducia chiesta dall’esecutivo. Quasi metà del Pdl non ha votato la riforma Fornero. Dai tabulati della votazione sul provvedimento finale risulta, infatti, che sono stati 87 i deputati del partito di Angelino Alfano che a vario titolo non hanno votato a favore del ddl. Del gruppo alla Camera fanno parte 209 deputati. Tra questi 7 hanno votato contro, 34 si sono astenuti, 11 erano in missione, 35 non hanno partecipato al voto. Via libera invece dal Pd: «Con l’approvazione alla Camera del disegno di legge – ha commentato in una nota Cesare Damiano, capogruppo Pd nella commissione Lavoro di Montecitorio – i partiti che sostengono il Governo hanno dimostrato la coerenza del loro impegno e l’alto senso di responsabilità nelle scelte».
Monti aveva raccomandato di approvare la riforma prima del vertice Ue del 28-29 giugno, per mostrare che l’Italia non è solo un Paese con i conti in ordine, ma che ha anche approvato quelle «riforme strutturali» senza le quali la Germania non vuole c edere alla messa in comune delle garanzie sul debito. Il presidente del Consiglio ha anche aggiunto che, raggiuntoil voto finale, scriverà al presidente del Consiglio europeo, per sottolineare i «progressi» dell’Italia nelle riforme strutturali. «Ho apprezzato lo sforzo rilevante che il Parlamento ha fatto per approvare definitivamente la riforma entro oggi – ha detto – proprio per presentare l’Italia in modo migliore in questa importante e difficile vertice europeo» che si terrà giovedì e venerdì”. Ma vediamo che cosa contiene la riforma.
ART.18– Addio reintegro automatico in caso di licenziamento per motivi economici. Prevista in alcuni casi un’indennità risarcitoria. La procedura di conciliazione, obbligatoria in questo primo caso, non potrà più essere bloccata da una malattia «fittizia» del lavoratore. Uniche eccezioni saranno maternità o infortuni sul lavoro. Resta sempre nullo invece il licenziamento discriminatorio intimato, per esempio, per ragioni di credo politico, fede religiosa o attività sindacale. Nei casi dei licenziamenti disciplinari (giusta causa o giustificato motivo soggettivo) ci sarà minor discrezionalità del giudice nella scelta del reintegro, che sarà deciso solo sulla base dei casi previsti dai contratti collettivi e non più anche dalla legge.
CONTRATTI A TEMPO – La durata del primo contratto a termine, che può essere stipulato senza che siano specificati i requisiti per i quali viene richiesto (la causale), sarà di un anno. Le pause obbligatorie fra uno e l’altro salgono dagli attuali 10 giorni per un contratto di meno di 6 mesi a 20 giorni e a 30 per uno di durata superiore. Il Parlamento ha reso più soft quanto previsto dal governo.
APPRENDISTI – Arrivano norme più stringenti, anche se il Senato ha allentato un pò i vincoli previsti dal ministro Fornero. Sarà infatti sempre possibile assumere un nuovo apprendista, ma i contratti in media dovranno durare almeno 6 mesi e cambia il rapporto con le maestranze qualificate.
CO.CO.PRO, DA SALARIO BASE A UNA TANTUM – Definizione più stringente del progetto con la limitazione a mansioni non meramente esecutive o ripetitive e aumento dell’aliquota contributiva di un punto l’anno fino a raggiungere nel 2018 il 33% previsto per il lavoro dipendente. Lo stipendio minimo dei co.co.co dovrà poi fare riferimento ai contratti nazionali di lavoro. Si rafforza l’attuale una tantum per i parasubordinati. Ad esempio, chi ha lavorato 6 mesi potrà avere oltre 6mila euro.
P.IVA, STANARE LE FALSE – La durata di collaborazione non deve superare otto mesi (6 nel ddl originario); il corrispettivo pagato non deve essere superiore dell’80% di quello di dipendenti e co.co.co (75% nel ddl); il lavoratore non deve avere una postazione «fissa» in azienda: non si può avere una scrivania insomma ma il telefono sì. Le partite Iva che hanno un reddito annuo lordo di almeno 18mila euro sono considerate vere.
ASPI – La nuova assicurazione sociale per l’impiego parte nel 2013 e sostituirà a regime, nel 2017, l’indennità di mobilità e le varie indennità di disoccupazione. Ne potranno usufruire oltre i lavoratori dipendenti anche gli apprendisti e gli artisti. La contribuzione è estesa a tutti i lavoratori che rientrino nell’ambito di applicazione dell’indennità. L’aliquota sarà gravata di un ulteriore 1,4% per i lavoratori a termine. Sarà possibile trasformare l’indennità Aspi in liquidazione per poter così avere un capitale e avviare un’impresa. Il lavoratore che però rifiuta un impiego con una retribuzione superiore almeno del 20% rispetto all’indennità che percepisce perde il sussidio.
JOB ON CALL, BASTA UN SMS – Per attivare il lavoro a chiamata basta un sms alla Direzione provinciale del lavoro. In caso di mancato avviso l’azienda rischia da 400 a 2400 euro di multa. Il job on call sarà libero per under 25 e over 55.
EQUITÀ GENERE – Norme di contrasto alle dimissioni in bianco e il rafforzamento fino a tre anni di età del bambino del regime di convalida delle dimissioni rese dalle lavoratrici madri (al momento è un anno). Viene introdotto il congedo di paternità obbligatorio ma solo per un giorno e due facoltativi, che però si sottraggono ai 20 settimane di congedo della mamma (se lei è d’accordo).
VOUCHER ASILI – Il buono baby-sitter per agevolare le lavoratrici nei primi mesi di nascita del figlio potrà essere utilizzato anche per pagare asili-nido pubblici o privati.
IMMIGRATI – Sale da si mesi ad un anno la validità del permesso di soggiorno per il lavoratore extracomunitario che beneficia di interventi di ammortizzazione.
BONUS PRODUTTIVITÀ – Confermati con un emendamento del governo gli sgravi contributivi introdotti in via sperimentale per il triennio 2008-2010. –
VOLI E AFFITTI – Riformare costa. Vengono ridotte le deduzioni sulle auto aziendali e quelle sulla tassa al servizio sanitario nazionale, che si applica sulle assicurazioni Rc auto. Tagliato dal 15 al 5% lo sconto forfait previsto per chi dichiara con l’Irpef i redditi derivanti da affitto (non tocca chi applica la cedolare). Aumentata di due euro la tassa di imbarco aereo. (Ansa)







