Irap e professionisti, tutto quello che avreste voluto sapere e … la Cassazione dice

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La sentenza della Corte di Cassazione n°1662 del 28 gennaio 2015 ha stabilito che i professionisti che condividono spazi di lavoro, collaboratori e attrezzature, non costituiscono un’ “autonoma organizzazione” e, come tali, non sono soggetti passivi di IRAP. Questo punto è rilevante, in particolare, per gli studi professionali o le associazioni professionali.

La sentenza stabilisce che per il professionista in questione c’è l’esenzione IRAP, perché «l’associazione alla quale il contribuente aderisce non prevede sostituzione fra gli associati nell’assistenza alla rispettiva clientela» e risulta di fatto «finalizzata esclusivamente all’utilizzo comune di sedi, attrezzature mediche e personale amministrativo». E questa situazione, secondo la sentenza, non rappresenta un esercizio in forma associata di un’arte o professione, ma «una forma di mera condivisione di servizi (e delle relative spese) fra soggetti ognuno dei quali svolge autonomamente la propria attività, trattenendone interamente il relativo reddito e senza alcuna partecipazione al reddito derivante dall’attività degli altri».

Inoltre, la sentenza della Corte di Cassazione n. 13488/2015 ha chiarito che non sussiste il requisito dell’autonoma organizzazione, e quindi l’IRAP non è dovuta, in presenza di una certa esiguità di investimenti e dell’organizzazione dei fattori produttivi. In altre parole, in assenza di dipendenti o di investimenti in beni strumentali di entità considerevole il professionista, secondo la Corte, non è chiamato a pagare l’IRAP. Nel caso in esame non sussisteva l’autonoma organizzazione poiché vi era assenza di lavoro dipendente o di collaborazione di terzi, esiguità dei beni strumentali di proprietà, non utilizzo di capitali di prestito.