E’ l’esperienza della pandemia a far diventare lo smart working la “normalità” e a convincere i professionisti ad investire sulle nuove tecnologie. A sostenerlo l’ultima ricerca pubblicata dall’Osservatorio Professionisti e Innovazione Digitale della School of Management del Politecnico di Milano, condotta su un campione di oltre 3.000 studi di avvocati, commercialisti e consulenti del lavoro.
La pandemia ha, secondo lo studio, accelerato i processi di digitalizzazione delle professioni, che hanno risposto alle problematiche legate alla gestione del lavoro aumentando gli investimenti nelle nuove tecnologie, ripensando anche le modalità di gestione e relazione col cliente e riprogettando spazi e modelli organizzativi dello studio.
“L’emergenza sanitaria non ha scoraggiato gli studi professionali, anzi ne ha accelerato la trasformazione digitale e organizzativa e ha dato una scossa di consapevolezza anche a quei professionisti che ancora non avevano imboccato la strada della digitalizzazione – afferma Claudio Rorato, Responsabile scientifico dell’Osservatorio Professionisti e Innovazione Digitale -. Circa il 20-25% degli studi che aveva già iniziato da qualche anno il processo di rinnovamento ha avuto conferma della bontà degli investimenti effettuati, riuscendo ad adattarsi con successo a modalità di lavoro e relazioni con la clientela sempre più tech driven e arricchendo il portafoglio clienti. Restano ancora ai margini, invece, i micro studi e quei professionisti che per diverse ragioni anche culturali non riescono ad avviare il rinnovamento, anche dal punto di vista collaborativo”.
“Le tecnologie sono le protagoniste della trasformazione organizzativa degli studi, perché cambiano le modalità di lavoro e di relazione con la clientela e abilitano nuovi servizi – afferma Federico Iannella, Ricercatore dell’Osservatorio Professionisti e Innovazione Digitale -. Il loro impiego è aumentato ed è stato fondamentale per garantire la continuità di business in un momento in cui, contrariamente a quanto si pensi, il lavoro per gli studi non è diminuito ma è aumentato, per effetti dei vari provvedimenti governativi. E hanno consentito di gestire non solo le emergenze contingenti ma anche di pensare al futuro, elaborando una nuova visione e gettando le basi per realizzarla”.
I dati
Nel 2020 avvocati, commercialisti e consulenti del lavoro hanno investito 1,694 miliardi di euro in strumenti digitali, con un aumento del 7,9% rispetto all’anno precedente, Le previsioni 2021 indicano un’ulteriore crescita, pari al 5,6%, per un importo complessivo di 1,8 miliardi.
+ 34% la spesa affrontata dagli studi di piccole, medie e grandi dimensioni per gli investimenti in tecnologie per la gestione elettronica documentale, strumenti di workflow (+57%), CRM (+120%), business intelligence (+86%) e machine learning (+125%).
Tutte le categorie professionali hanno implementato soluzioni per la fatturazione elettronica (adottata dall’85% degli avvocati, dal 92% dei commercialisti, dall’86% dei consulenti del lavoro e dal 96% degli studi multidisciplinari), ma anche applicazioni per le videochiamate (89% legali, 74% commercialisti, 71% consulenti del lavoro e 70% studi multidisciplinari).
Nuova consapevolezza
- Maggiore comprensione dei propri punti di forza e di debolezza, soprattutto tra gli avvocati (nel 25% dei casi);
- Più attenta valutazione delle attitudini dei collaboratori, soprattutto fra consulenti del lavoro (34%) e studi multidisciplinari (43%);
- Ripensamento modelli organizzativi per il 25% degli studi legali, commercialisti e multidisciplinari;
- Nuova modalità di gestione della clientela per il 70% dei professionisti, basata ora su tecnologie collaborative e una maggiore qualificazione digitale dei dipendenti dello studio.
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