I Comitati permanenti di ESIP affrontano con regolarità i temi di interesse degli enti e associazioni aderenti alla Piattaforma

Nel corso dell’ultimo incontro del Comitato Pensioni a Vienna si è discusso dell’adeguatezza dei sistemi pensionistici rispetto alla differenza di genere degli anziani età in relazione alla povertà. Sono stati presentati i dati di uno studio europeo sulle differenze di genere nella terza età in relazione ai redditi, spesso imputate alle diversità dei singoli sistemi pensionistici nonché alle storie lavorative personali.

Lo studio ha evidenziato che le donne anziane sono a maggior rischio di povertà e che la dimensione della povertà varia in relazione alla tipologia di nucleo familiare (single o in coppia). Le donne che vivono sole, infatti, mostrano livelli di povertà più elevati rispetto agli uomini soli e alle donne conviventi. In molti Paesi il rischio di povertà è più elevato per chi vive da solo, ad esempio in Svezia il rischio di povertà per le donne con più di 75 anni è pari al 41%, mentre per gli uomini è del 26%.

Ciò che influisce sul grado di povertà delle persone anziane è, inoltre, la presenza di due redditi o di un solo reddito. Il rischio di povertà per le famiglie di due persone e oltre è più alto nei Paesi dell’Europa meridionale, dove spesso si riscontra anche la presenza di una o più persone disoccupate nel nucleo familiare.

Nelle conclusioni si raccomanda la conduzione di ulteriori ricerche per comprendere l’impatto della storia personale (anche lavorativa) sul benessere economico degli anziani, nonché per conoscere meglio la condizione dei nuovi nuclei monoparentali e il rischio di povertà tra le persone divorziate, mai sposate e vedove (dati disaggregati per genere). Potrebbero inoltre essere realizzati studi sull’evoluzione delle strutture familiari e degli stili di vita, e relativo impatto sul rischio di povertà nell’età avanzata per uomini e donne (probabilità di vivere da soli, con persone diverse dal partner, in istituti, ecc.). Nei processi decisionali delle politiche sociali e previdenziali dovrebbe pertanto essere tenuta in considerazione la struttura del nucleo familiare.

Al centro della riunione del Comitato Salute del 25 giugno scorso due tematiche: il rapporto tra spesa sanitaria e PIL e l’impatto delle attività di cura sul cambiamento climatico (studio tedesco). Secondo l’Università di Vienna, tra i fattori che a breve e a lungo termine possono comportare un aumento della spesa pubblica per la salute, troviamo: l’invecchiamento (breve termine); la carenza di personale nel settore sanitario e della cura (breve e lungo termine); lo shock pandemico (breve termine); gli shock economici (breve termine); la concorrenza tra privato e pubblico (lungo termine); l’inflazione (breve e lungo termine).

I ricercatori viennesi hanno esaminato i drivers della crescita della spesa sanitaria del loro paese utilizzando un modello che considera volume e costi.Per volume si intendono: la crescita popolazione, l’invecchiamento, i cambiamenti nella copertura (popolazione e servizi), preferenze, guadagni nell’efficienza (o perdite), stili di vita e invecchiamento in salute/non in salute. Per costi (price effects): l’inflazione, i cambiamenti tecnologici, la bassa crescita della produttività (effetto Baumol).

Conclusioni: l’invecchiamento è una variabile relativamente consistente nella crescita della spesa sanitaria e da considerare come fattore “importante” nel lungo periodo; l’effetto medio attuale dell’invecchiamento sulla crescita della spesa sanitaria (0,56%) è equivalente a una crescita della spesa sanitaria in termini reali del 15% entro 25 anni (ciò non comprende l’effetto dell’invecchiamento della forza lavoro del settore della sanità/cura né l’aumento del costo del lavoro); l’inflazione è un fattore da considerare nella pianificazione nel breve periodo della spesa sanitaria (le spinte inflattive nel breve periodo possono comportate un movimento verso il privato della spesa sanitaria, che tuttavia è maggiormente esposta ai rischi e crea disuguaglianze del mercato).

Il secondo tema trattato dagli esperti del Comitato Salute concerne il legame tra cambiamento climatico e attività di cura, ossia l’impronta di carbone derivante dal settore sanitario. Le aree sanitarie maggiormente sensibili all’adattamento al cambiamento climatico sono la prevenzione (nei confronti di insetti portatori di malattie, quali zanzare, microbi, zecche, ecc.), il trattamento sanitario, le cure di lungo periodo, la salute pubblica. Sono stati presentati dati sul ruolo del settore sanitario tedesco nella produzione di emissioni di idrocarburi a effetto serra (che pesa per il 6% delle emissioni totali di idrocarburi in Germania, due terzi dei quali sono da attribuire alla produzione e distribuzione dei farmaci e relativa catena di fornitura).

In Germania sono state rilasciate delle “Linee guida per l’approccio alla salute del pianeta” che promuovono uno stile di vita/comportamenti più salutari e strutture sanitarie più sane, con l’obiettivo di migliorare la salute individuale e contribuire alla protezione delle risorse naturali e del clima (ad es. con una corretta dieta alimentare, usando la bici al posto dell’auto, ecc.). Le linee guida individuano gli ambiti/ambienti che possono contribuire a mitigare l’impronta di carbone. Nella discussione seguita alla presentazione dello studio, il Presidente Oliveti è intervenuto portando l’esempio degli interventi previsti dal PNRR per la realizzazione delle “Case della Salute” e la partecipazione delle Casse di previdenza a questo investimento del PNRR. Ha ricordato la necessità di rispettare il principio del “Non arrecare danno significativo” all’ambiente (DNSH) previsto dal regolamento del Recovery Resilience Fund, anche per gli interventi nel settore sanitario e della cura.

Infine, il Comitato EurelPro, del quale AdEPP ricopre la vicepresidenza, ha discusso delle possibili ricadute sulle libere professioni del Piano d’azione sulle carenze di manodopera e di competenze (Action Plan on labour and skills shortages) pubblicato dalla Commissione europea a marzo 2024 e della necessità di seguire con attenzione l’esame che sarà svolto in Consiglio europeo sulla nuova proposta della Commissione. I membri del Comitato EurelPro sono stati quindi informati sulle attività condotte da ESIP in materia di salute mentale. Lo scambio di opinioni seguito ha portato alla proposta di indagare l’eventuale impatto della malattia mentale anche sugli iscritti degli enti di previdenza dei liberi professionisti.