Le professioni regolamentate tra le priorità della nuova Strategia per un mercato unico dell’UE più semplice, omogeneo e forte.

Il 21 maggio la Commissione europea ha pubblicato la comunicazione dal titolo “Mercato Unico: il nostro mercato interno dell’UE in un mondo incerto. Una strategia per rendere il mercato unico semplice, continuo e forte”.  

La strategia mira a rilanciare e rafforzare il ruolo del mercato unico (Single Market) quale catalizzatore di crescita, prosperità e solidarietà a fronte dell’incertezza economica causata dalle sfide geopolitiche e dalle tensioni commerciali. La strategia propone un nuovo approccio per sviluppare ulteriormente il mercato unico semplificandolo, rendendolo più omogeneo e più forte

 

Detto approccio si fonda sui seguenti nove pilastri: 1. Meno barriere; 2. Più ambizione del mercato europeo dei servizi; 3. Maggiore attenzione alle PMI comprese le start-up e le scale-up; 4. Digitalizzazione più efficace; 5. Più semplificazione riducendo drasticamente i red tape; 6. Attuazione e applicazione più efficaci; 7. Maggiore partecipazione a livello politico e dei singoli SM; 8. Più sinergia tra risorse europee e riforme normative volte a rimuovere gli ostacoli al mercato unico; 9. Più protezione, con uno scudo contro le pratiche commerciali scorrette. 

 

Tra le “10 terribili barriere” da rimuovere con urgenza per rendere più semplice, continuo e forte il mercato unico dell’UE, c’è anche il riconoscimento delle qualifiche professionali tra Stati membri. 

Il trattato sul funzionamento dell’UE (TFUE) garantisce la libera circolazione dei lavoratori e dei servizi e la libertà di stabilimento all’interno del mercato unico dell’UE

Il Mercato Unico, quindi, è quello spazio economico all’interno del quale tutti i cittadini e le cittadine dell’UE, sia lavoratori dipendenti che autonomi, possono muoversi liberamente per motivi professionali o per stabilire la propria attività economica. Questi diritti rientrano nelle quattro libertà fondamentali dell’UE: libera circolazione di merci, servizi, capitali e lavoratori. 

Un contesto unico dove circolare liberamente e lavorare, con le proprie competenze e qualifiche. 

La libera circolazione è strettamente connessa al riconoscimento, da parte dello Stato di stabilimento, delle qualifiche acquisite nel Paese di provenienza (interno o esterno all’UE). 

 

Gli Stati membri hanno il diritto di stabilire norme per l’accesso alle professioni. Se vengono stabilite norme per professioni specifiche, queste ultime sono denominate “professioni regolamentate”. Il riconoscimento delle qualifiche professionali è destinato ai coloro che acquisiscono la qualifica professionale in uno Stato membro e desiderano esercitare una professione regolamentata in un altro Stato membro. Per esercitare la loro professione è necessario che il paese ospitante riconosca le loro qualifiche professionali. Senza detto riconoscimento, possono comunque trasferirsi e lavorare all’estero, ma senza poter esercitare la professione voluta. 

Il concetto di riconoscimento delle qualifiche professionali differisce da quello del riconoscimento dei titoli accademici. Quest’ultimo, disciplinato dalla Convenzione di Lisbona, è legato all’istruzione e al diritto di studiare all’estero e di vedersi riconosciuti detti studi.

 

E’ bene sottolineare che il diritto dell’UE prevede il riconoscimento reciproco da parte degli Stati membri delle qualifiche professionali ottenute in un altro Paese dell’UE e necessarie per esercitare in modo permanente servizi regolamentati. 

 

Nella Comunicazione del 21 maggio, tuttavia, la Commissione riconosce che esistono ancora diverse difficoltà nel riconoscimento delle qualifiche professionali tra Stati membri e che cittadini e cittadine europei sono pertanto limitati nel loro diritto alla libera circolazione nel mercato unico e in quello di stabilimento e offerta di servizi professionali in un altro Stato membro. 

Ulteriori ostacoli possono essere: le differenze nei dispositivi di sicurezza sociale e la mancata armonizzazione dei regimi pensionistici o di assicurazione sanitaria tra Stati membri.

 

La nuova Strategia proposta dalla Commissione intende intervenire su questa criticità rendendo più rapido il riconoscimento delle qualifiche professionali, al fine di facilitare la mobilità dei cittadini e cittadine e la possibilità di lavorare in altri Stati membri nonché l’operatività transfrontaliera dei fornitori di servizi. Sono infatti ancora troppo lunghe e complesse le procedure di riconoscimento e impediscono di esercitare la propria professione in altri Stati membri. L’introduzione di processi digitali – sollecitata dalla Commissione agli Stati membri – potrebbe accelerare le procedure di riconoscimento, troppo spesso ancora cartacee.

 

A queste difficoltà si aggiunga la necessità dell’UE di rimanere competitiva a livello globale, rafforzando la propria capacità di attrarre e trattenere talenti che possono contribuire a colmare le carenze di competenze nel mercato del lavoro. Non veder riconosciute le proprie qualifiche professionali può spingere i professionisti a ricoprire ruoli meno qualificati nei Paesi ospitanti. E, al contempo, può aggravare gli effetti sul mercato del lavoro delle attuali tendenze demografiche.

 

Secondo una recente relazione della Corte dei conti europea, solo due Stati membri prevedono procedure di riconoscimento completamente elettroniche o l’uso della posta elettronica senza richiedere ulteriori documenti fisici. Va ricordato che le procedure di riconoscimento automatico consentono un riconoscimento più rapido ed efficiente delle qualifiche professionali, ma sono limitate solo ad alcune professioni, in particolare nel settore sanitario. Nel 2023 (ultimo dato disponibile), tra le professioni regolamentate afferenti alle Casse, le più interessate da mobilità all’interno del mercato unico nel sono: infermieri (26.624), medici (25.162), fisioterapisti (12.963), dentisti (11.291), assistenti sanitari (6.210), veterinari (5.553), farmacisti (22.867), architetti (2.137), ingegneri civili (1.966), psicologi (1.894), avvocati (1.593) 

 

L’estensione del campo di applicazione delle procedure di riconoscimento automatico attraverso strumenti come gli attuali quadri comuni di formazione (Common Training Framework, CTF) può rendere il riconoscimento delle qualifiche professionali più rapido ed efficace. 

Il programma “Unione delle competenze” (Union of Skills) prevede un’iniziativa per la portabilità delle competenze che mira specificamente ad affrontare gli ostacoli alla mobilità dei lavoratori. 

 

Tra le azioni previste dalla nuova Strategia per eliminare la barriera della  barriera al mercato unico: 

  • Riesaminare la legislazione dell’UE per individuare e superare gli ostacoli alla mobilità dei lavoratori 
  • Rendere più rapide ed efficienti le procedure per il riconoscimento delle qualifiche professionali attraverso un maggiore uso degli strumenti digitali, entro il 4° trimestre 2026
  • Facilitare il riconoscimento delle qualifiche professionali estendendo i sistemi di riconoscimento automatico, ad esempio attraverso quadri comuni di formazione (CTF- Common Training Framework), entro il 4° trimestre 2026
  • Riesaminare la legislazione dell’UE per stabilire norme comuni per il riconoscimento e la convalida delle qualifiche e delle competenze dei cittadini di Paesi terzi, entro il 4° trimestre 2026. 

 

Di seguito alcuni spunti dalla relazione della Corte dei conti europea sul riconoscimento delle qualifiche professionali tra Stati membri. 

 

La Corte dei conti europea ritiene che ci siano ancora molti ostacoli per i cittadini e cittadine dell’UE che desiderano lavorare o creare un’impresa in un altro Stato membro. Far riconoscere le proprie qualifiche professionali continua ad essere problematico. Nel 2005, l’UE ha adottato una direttiva volta a facilitare il riconoscimento e a impedire agli Stati membri di imporre condizioni e vincoli eccessivi ai cittadini. Al contempo, tuttavia,  vi sono ancora carenze nelle modalità con cui la direttiva è applicata dalle autorità nazionali e dalla Commissione europea e le informazioni rese disponibili ai cittadini sono spesso inattendibili. Infine, il rapporto della Corte dei conti europea fa notare che le autorità nazionali non sono ancora giuridicamente obbligate a consultare il registro delle segnalazioni elencante i professionisti che hanno tenuto condotte illecite.

 

A settembre 2005 il Parlamento europeo e il Consiglio hanno adottato la direttiva sul riconoscimento delle qualifiche professionali, che ha consolidato il precedente quadro giuridico dell’UE. Tale direttiva ha definito cosa si intende per “professione regolamentata”, specificando alcuni requisiti che gli Stati membri devono soddisfare durante le procedure di riconoscimento al fine di promuovere la libera circolazione di lavoratori, imprese e prestatori di servizi. La direttiva sul riconoscimento delle qualifiche professionali non si applica alle professioni non regolamentate nel paese ospitante, anche se tale professione è regolamentata nel paese di origine; alle attività o alle professioni nel settore statale e all’esercizio dei pubblici poteri, vale a dire ai funzionari statali; ai notai.

 

Tra il 2012 e il 2014, il Consiglio europeo ha rilevato che la regolamentazione delle professioni costituisce un ostacolo al mercato interno e ha chiesto agli Stati membri di ridurre il numero delle professioni regolamentate e di eliminare gli ostacoli ingiustificati all’accesso a dette professioni. Nel 2021 il Parlamento europeo ha invitato la Commissione a individuare i settori in cui gli Stati membri bloccavano in modo sproporzionato l’accesso alle professioni regolamentate (eccesso di norme e vincoli). 

A partire dal 2014 la Commissione ha proceduto a una “valutazione reciproca” per esortare gli Stati membri a valutare adeguatamente i motivi per i quali regolamentano le professioni, con l’obiettivo di ottenere una riduzione del numero di professioni regolamentate. Gli Stati membri dovevano presentare alla Commissione i piani d’azione nazionali entro il 2016. 

Sulla base di tale valutazione e nell’ambito del processo del semestre europeo nel 2017, 2018 e 2019 la Commissione ha formulato sei raccomandazioni specifiche per paese sulle professioni regolamentate per due Paesi membri: Austria e Lussemburgo. 

Nel 2018 è stata adottata una direttiva sulla proporzionalità a integrazione della direttiva sul riconoscimento delle professioni regolamentate. Agli stati membri è stato chiesto di introdurre valutazioni d’impatto al momento di proporre nuove professioni regolamentate o di modificare i requisiti di quelle esistenti. 

Nonostante questi sforzi, la Corte dei conti europea ha riscontrato un deterioramento della situazione e dall’insieme dei dati relativi alle professioni regolamentate nell’UE emerge che il numero complessivo di queste ultime è aumentato da 5.400 nel 2016 a circa 5.700 nel 2023 (la media per Stato membro è pari a 212 con un massimo di 415 professioni regolamentate in Ungheria e 88 in Lituania). In Italia sono 189, in Francia 254, in Germania 170, in Spagna 187. 

 

In relazione alla mobilità interna all’UE dei professionisti di professioni regolamentate, purtroppo, non sono prodotte statistiche specifiche sul numero dei cittadini/e coinvolti. Esistono dati sull’immigrazione per fascia d’età e cittadinanza (mobilità tra Stati membri), e sul numero totale di riconoscimenti della qualifica professionale regolamentata dichiarati alle autorità competenti come richiesto, peraltro, dalla banca dati delle professioni regolamentate (detenuta dalla DG GROW della Commissione europea). Secondo questi dati, nel periodo 2017-2019 le richieste di riconoscimento della qualifica professionale hanno riguardato solo il 6% dei cittadini che si sono trasferiti un altro Stato membro (141.000 su 2.256.000). 

 

Nel 2024, nella sua relazione sul mercato unico (Much more than a market), Enrico Letta invita a estendere il sistema di riconoscimento automatico delle qualifiche professionali e a riesaminare la necessità di procedere, e in quale misura, a una regolamentazione delle professioni. Nell’ambito del mercato unico, ad esempio, per rafforzare la sanità e l’accesso ai farmaci, chiede all’UE di promuovere attivamente il reciproco riconoscimento delle qualifiche professionali, nelle professioni farmaceutiche. 

C’è ancora da considerare il peso delle tariffe addebitate ai cittadini/e per il riconoscimento delle qualifiche professionali regolamentate, che costituiscono uno degli ostacoli alla libera circolazione dei lavoratori qualificati.

 

Nel concludere l’audit la Corte dei conti europea raccomanda alla Commissione europea di agire sulle principali carenze riscontrate, che incidono direttamente sui cittadini che intendono esercitare una professione regolamentata in altro Stato membro:

  1. l’assenza di procedure digitali; 
  2. le tariffe per l’utilizzo della procedura di riconoscimento sono fissate in modo arbitrario e variano notevolmente tra Stati membri; 
  3. le autorità chiedono più documenti di quanto previsto dalla direttiva e dal codice di condotta; sono imposte verifiche preventive e provvedimenti di compensazione eccessivi; 
  4. le procedure sono più lunghe di quanto stabilito. 

 

Al tempo stesso, la Corte rileva positivamente che il sistema di informazione del mercato interno per le qualifiche professionali è utilizzato e ha facilitato la cooperazione tra SM e quella tra SM e Commissione. Tuttavia, nel concedere il riconoscimento delle qualifiche professionali, le autorità competenti non hanno tenuto conto delle allerte codificate nel sistema da altri SM, persino quando riguardavano “ragioni di sostanza” (ad esempio precedenti condotte illecite, misure disciplinari, condanne).
Tra le raccomandazioni alla Commissione

  1. Garantire un’applicazione uniforme del sistema di riconoscimento delle qualifiche professionali per es. l’esame centralizzato (in Commissione?) dei test di proporzionalità effettuati dagli SM; 
  2. Integrare il meccanismo di allerta nella procedura di riconoscimento (entro il 2025);
  3. Aggiornare l’allegato V e ridurre il termine ultimo per il riconoscimento attraverso il sistema automatico delle professioni settoriali (entro 2026); 
  4. Garantire informazioni attendibili e coerenti ai cittadini (entro il 2025).  

 

  • Per consultare la relazione della Corte dei Conti cliccare qui
  • Per scaricare la comunicazione COM(2025)500 cliccare qui