Avvocati. L’Italia supera Spagna, Francia e Germania

“Sebbene in Italia non vi sia un limite al numero di volte in cui è possibile sostenere l’esame di abilitazione forense, chi non lo supera al primo tentativo per pochi punti ha una probabilità inferiore di 20 punti percentuali di ottenere in seguito la licenza per esercitare la professione di avvocato rispetto a chi lo supera di poco”. E’ questa la prima analisi contenuta nell’ultimo rapporto dell’Inps e messa sotto la lente di ingrandimento dai ricercatori Omar Bamieh e Andrea Cintolesi che hanno voluto dedicare un capitolo intero proprio alla professione forense.

Grazie all’uso dei codici identificativi personali – scrivono di due studiosi – possiamo collegare i candidati all’esame con i loro esiti lavorativi presenti negli archivi INPS per un periodo di oltre vent’anni, osservandoli nel pieno della loro vita lavorativa. I risultati mostrano che i candidati con la licenza guadagnano il 50 per cento in più rispetto ai candidati che non sono diventati avvocati. Questo vantaggio retributivo si mantiene stabile nel corso dei 23 anni successivi al primo tentativo di esame. Con un tasso di sconto annuo del 5 per cento, il valore attuale dei redditi derivanti dall’esercizio della professione legale (il “premio” derivante dalla licenza) su un arco di 23 anni ammonta a quasi 250 mila euro. Il premio risulta molto eterogeneo lungo la distribuzione dei redditi. Al di sotto della mediana, non emergono differenze significative nei redditi, mentre al di sopra del 70º percentile gli avvocati guadagnano sensibilmente più dei non avvocati.

Nel lavoro si analizzano alcuni possibili meccanismi che possono spiegare i risultati: la più bassa concorrenza ascrivibile alle barriere all’ingresso, le differenze nelle ore lavorate e il premio al rischio reddituale intrinseco alla professione forense rispetto ad altre e più sicure occupazioni alternative.

Tre diverse ragioni suggeriscono che il premio salariale non derivi dalla poca concorrenza tra gli avvocati.

In primo luogo, se il premio salariale derivasse da rendite di monopolio, i prezzi dovrebbero
diminuire all’aumentare della concorrenza. I nostri risultati mostrano che, al netto di effetti fissi di sistema locale del lavoro, all’aumentare del numero di avvocati nel territorio, i prezzi (misurati attraverso i ricavi aggregati) rimangono invariati, suggerendo che gli avvocati non percepiscono rendite monopolistiche.

Secondo, con 217.000 avvocati, l’Italia ha una densità di avvocati molto più elevata rispetto a Spagna, Germania e Francia, e molti di questi non guadagnano più dei laureati che non praticano la professione. Terzo, l’esame di abilitazione non è una barriera insormontabile.

“Nel nostro campione, il 60 per cento di coloro che hanno riprovato l’esame dopo un primo fallimento è riuscito infine a superarlo. Se vi fossero rendite derivanti dalla ridotta competizione, ci si aspetterebbe che un numero maggiore di candidati fosse disposto a ripetere l’esame piuttosto che optare per altre occupazioni”.

In alternativa, gli avvocati potrebbero guadagnare di più rispetto ai non avvocati semplicemente perché lavorano più ore. Secondo la Rilevazione sulle Forze di Lavoro, in Italia gli avvocati lavorano il 13 per cento in più rispetto ai laureati in giurisprudenza occupati in altre professioni. Sebbene la differenza di ore lavorate possa spiegare parte del premio salariale misurato nella nostra analisi, questa non sembra sufficiente a giustificare l’intera differenza.

Infine, i lavoratori con la licenza potrebbero avere redditi più alti come compensazione per la maggiore volatilità dei loro ricavi rispetto ai non avvocati. Pur guadagnando mediamente di più, gli avvocati sperimentano una maggiore volatilità dei guadagni rispetto ai non avvocati, anche nella parte bassa della distribuzione dei redditi dove non si riscontrano differenze medie.

I risultati indicano che la deviazione standard dei redditi degli avvocati è il doppio di quella dei laureati in giurisprudenza in altre professioni, sia tra individui diversi che per lo stesso individuo nel tempo. Pertanto, il maggior reddito degli avvocati potrebbe riflettere una remunerazione per il maggiore rischio intrinseco alla professione.