A sostenerlo il Rapporto annuale del CNEL sui servizi sociali territoriali, curato dall’Osservatorio Nazionale Servizi Sociali Territoriali (ONSST) istituito presso il Consiglio, ulla dimensione economico-finanziaria e in particolare sulla spesa sostenuta dai Comuni nel 2022, confrontandola con gli anni precedenti, attraverso un’analisi degli andamenti a livello nazionale, regionale e locale, in riferimento agli Ambiti Territoriali Sociali (ATS).
“Nel Paese – ha affermato il consigliere Alessandro Geria, coordinatore dell’Osservatorio nazionale sui servizi sociali territoriali – emerge un bisogno crescente di politiche sociali che debbono rappresentare un vero e proprio pilastro del nostro sistema di welfare. Lo dimostra il fatto che, pur crescendo, la spesa sociale risulta ancora insufficiente, ferma a mezzo punto di Pil e che le persone utenti dei servizi con una cartella sociale sono in aumento, superando quota 2 milioni e 300 mila, di cui oltre un terzo bambini e nuclei familiari con figli, cui vanno aggiunti tutti i beneficiari di servizi che non richiedono una presa in carico. Ragionare quindi a 25 anni dalla Legge 328/2000, che ha istituito il sistema integrato di servizi sociali territoriali, significa non ridurre le politiche sociali alla automatica somma di interventi e prestazioni e considerare che questo segmento delle politiche pubbliche ha bisogno di un ecosistema in cui istituzioni, parti sociali e terzo settore dialogano e programmano insieme le strategie per contrastare il disagio e favorire il benessere di persone e famiglie”.
Per Livia Turco, già ministro per la Solidarietà Sociale “La 328 ha messo al centro la promozione del benessere delle persone a partire dalla valorizzazione delle capacità di ogni individuo, specialmente i più fragili. I veri problemi delle persone non li risolvi con la politica dei trasferimenti monetari, ma tirando fuori le loro capacità e attivando le relazioni umane. L’idea di fondo è che conviene di più investire su un servizio e magari integrarlo con un intervento monetario, piuttosto che affidare tutto al trasferimento di risorse. Mi auguro che si prosegua su questa strada”.
“E’ cruciale mettere al centro i bisogni dei cittadini, abbandonando la logica di un welfare standardizzato. Oggi i servizi sociali dipendono troppo spesso dal codice di avviamento postale – ha sottolineato il consigliere del CNEL Vincenzo Falabella – cioè da dove le persone risiedono. Inoltre, le politiche sociosanitarie sono storicamente scollegate. È fondamentale invertire questo paradigma, ponendo le persone al centro, indipendentemente dalla loro condizione. Un esempio lampante è il bisogno di attuare i progetti di vita personalizzati per le persone con disabilità, come previsto dalla Legge 227/2021, un richiamo al mai attuato articolo 14 della Legge 328. Dobbiamo ricordare che le persone con disabilità sono rese vulnerabili dai contesti sociali, non dalla loro condizione. È anche necessario poter disporre delle risorse necessarie, altrimenti la norma, per quanto all’avanguardia, non può trovare applicazione”.
“A venticinque anni dalla legge 328, la nostra società – ha concluso il Viceministro del Lavoro e delle Politiche Sociali, Maria Teresa Bellucci – è profondamente cambiata: l’invecchiamento della popolazione, la crescita delle fragilità e le nuove forme di bisogno ci impongono di aggiornare il modello di welfare, superando definitivamente logiche meramente assistenzialiste. Come Governo abbiamo già avviato un percorso strutturale: rafforzamento degli Ambiti Territoriali Sociali e potenziamento del personale, introduzione di nuove misure di assistenza e supporto con ADI e SFL, strumenti innovativi di monitoraggio della spesa pubblica in ottica di maggiore efficienza e sostenibilità con il Fascicolo sociale e lavorativo elettronico, progetti di sostegno alle famiglie fragili e ai minori in condizione di esclusione sociale. Inoltre, con la riforma per la popolazione anziana stiamo costruendo una reale integrazione tra sociale e sanitario, e con la nuova legge di Bilancio, dal 2027 istituiamo un sistema nazionale di garanzia dei LEPS”.
Principali evidenze del Rapporto
LA SPESA SOCIALE TERRITORIALE HA RAGGIUNTO IL SUO MASSIMO STORICO
La spesa sociale territoriale ha raggiunto il massimo livello nominale storico, attestandosi a 8,9 miliardi di euro, pari allo 0,46% del PIL. Considerando anche la quota dei contributi degli utenti e del Servizio Sanitario Nazionale (SSN), l’ammontare complessivo sale a 10,9 miliardi, equivalenti allo 0,57% del PIL. Nel periodo 2003-2022, ad eccezione della contrazione legata alla crisi del 2011, la spesa sociale territoriale ha registrato una crescita costante, con un incremento complessivo del +71%, a fronte di un aumento dei prezzi al consumo del +37,1%. Nel quadriennio 2019-2022 la spesa è incrementata del +18%, raggiungendo circa il 16% delle risorse correnti comunali. A fronte di un’implementazione progressiva del Fondo di Solidarietà Comunale (FSC), i dati evidenziano un percorso di rafforzamento strutturale della spesa dei servizi sociali locali, in linea con gli obiettivi di equità e coesione territoriale perseguiti a livello nazionale. Tale tendenza nazionale è confermata anche dai dati di spesa registrati nei bilanci dei Comuni degli anni 2023 e 2024.
PERMANGONO DISOMOGENEITÀ TRA I VARI LIVELLI TERRITORIALI
La spesa sociale territoriale pro-capite, al netto dei contributi dell’utenza e del SSN, ha raggiunto in media 150 euro per abitante. L’analisi condotta a livello di Ambiti Territoriali Sociali (ATS) mette in evidenza, tuttavia, forti disomogeneità, non solo tra le diverse ripartizioni geografiche, ma anche all’interno delle stesse Regioni e dei singoli contesti locali. La distanza tra l’ATS con la spesa pro-capite più elevata e quella con la più bassa supera di oltre tre volte il valore medio nazionale (462 euro). Emergono forti squilibri tra i Comuni capoluogo e quelli di cintura, che evidenziano un potenziale divario centro-periferie, peraltro analogo a quello fra i Comuni di grandi dimensioni e di piccole dimensioni. Il 52% dei “micro-Comuni” si colloca al disotto dei fabbisogni standard.
SEGNALI DI PARZIALE RIEQUILIBRIO NEL DIVARIO NORD-SUD
Nel lungo periodo (2003-2022), l’analisi delle variazioni assolute di spesa per ripartizione geografica evidenzia alcuni segnali di parziale riequilibrio tra i territori. La spesa sociale territoriale è infatti cresciuta in misura più sostenuta nel Sud (+95%) e nelle Isole (+93%), in linea con la media nazionale nel Centro (+71%), mentre ha registrato incrementi più contenuti nel Nord-Est (+62%) e nel Nord-Ovest (+63%). I territori che appaiono maggiormente esposti a rischi strutturali continuano comunque ad essere quelli del Mezzogiorno, dove la crescita della spesa non è ancora sufficiente a compensare i ritardi accumulati, oltre ad alcune aree del Centro e del Nord caratterizzate da declino demografico e stagnazione della spesa sociale. Particolare attenzione andrà riservata agli ambiti di piccola dimensione, spesso collocati in aree periferiche o montane, dove la combinazione tra spopolamento e debolezza organizzativa rischia di compromettere la sostenibilità nel tempo dei servizi sociali. Fondamentale è sostenere la cooperazione intercomunale e accelerare la piena attuazione dei Livelli Essenziali delle Prestazioni Sociali (LEPS).
ESPERIENZE VIRTUOSE ANCHE NEL MEZZOGIORNO
I dati rivelano come il quadro non sia uniformemente negativo per le regioni meridionali. In diversi ambiti funzionali emergono realtà del Sud caratterizzate da livelli di spesa pro-capite o per potenziale utente di riferimento superiori alla media nazionale, a testimonianza di una capacità di intervento e di allocazione delle risorse più efficace di quanto comunemente si ritenga. Nel settore delle adozioni e dell’affido dei minori, ad esempio, a fronte di una media nazionale di spesa per minore residente pari a 10 euro, alcune ATS delle regioni meridionali raggiungono valori superiori a 16 euro. Per quanto riguarda l’assistenza domiciliare alle persone con disabilità, a fronte di una media nazionale di 341 euro pro-capite, molte ATS del Sud destinano risorse superiori ai 600 euro, segnalando un’attenzione particolare verso la domiciliarità. Anche nell’area degli interventi per gli anziani si riscontrano performance sopra la media in alcune realtà del Mezzogiorno. Questi risultati invitano a superare una lettura meramente dicotomica del divario Nord-Sud e a riconoscere la presenza di esperienze territoriali virtuose anche in contesti tradizionalmente considerati più deboli.
GESTIONE DEI SERVIZI CARATTERIZZATA DA MARCATA FRAMMENTAZIONE
La gestione dei servizi resta caratterizzata da una marcata frammentazione. Nella stragrande maggioranza dei casi, la spesa continua infatti a essere gestita dai singoli Comuni, che nel 2022 hanno amministrato in media il 67% del totale. Laddove sono presenti entità associative autonome tra enti locali l’allocazione della spesa sociale risulta più stabile e costante, indipendentemente dalla situazione finanziaria dei singoli bilanci comunali. Ciò suggerisce che tali forme organizzative, dotate di una propria autonomia gestionale e bilancio, siano in grado di garantire una maggiore resilienza del sistema dei servizi sociali territoriali.







