Gli Italiani e il risparmio. Acri/Ipsos. Giovani al centro sud più fiduciosi del nord

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In occasione della 94ª Giornata Mondiale del Risparmio, l’Acri ha presentato i risultati dell’indagine sugli Italiani e il Risparmio, che da diciotto anni realizza insieme a Ipsos. I risultati sono suddivisi in due macroaree: la prima, comune a tutte le rilevazioni (dal 2001 al 2018), che consente di delineare quali siano oggi l’atteggiamento e la propensione degli Italiani verso il risparmio, evidenziando i cambiamenti rispetto al passato; la seconda focalizzata sul tema specifico della Giornata, che quest’anno è “Etica del risparmio e sviluppo”.

 

IN SINTESI

 

Gli italiani stanno vivendo una fase di incertezza. Consapevoli di elementi di miglioramento rispetto al passato sperano in una situazione più positiva per il futuro, anche se in maggioranza ritengono che la crisi durerà ancora qualche anno. Più positivi risultano i giovani fino ai 30 anni nel Centro Sud, molto meno i 31-44enni del Nord Est, per i quali si registra un calo di fiducia. In questo contesto la tensione al risparmio rimane molto forte, con segnali di ulteriore rafforzamento, soprattutto in un’ottica cautelativa. Cresce anche il valore sociale che al risparmio viene attribuito: l’80% degli italiani ritiene, infatti, che sia utile per lo sviluppo sociale e civile del Paese. In un presente che appare complesso e contraddittorio, le scelte di consumo diventano più guardinghe e accorte, frenando la tendenza al recupero dei consumi che si era registrata negli ultimi anni. Le prospettive dell’Italia sembrano fortemente legate all’Europa: se da una parte è forte la delusione per i progressi del processo di unificazione europea (il 53% ha una bassa fiducia), dall’altra ancor più che in passato si ritiene fondamentale la scelta europeista del Paese (il 66% ritiene che l’uscita sarebbe un danno per il Paese, in crescita rispetto al 61% del 2017; chi ritiene l’uscita un vantaggio scende dal 17% al 14%). Allo stesso tempo sempre più italiani sono convinti che – in una prospettiva di medio periodo – rimanere nell’euro sia la scelta più idonea (il 56% ritiene che sarà un vantaggio, contro il 29% che preferirebbe non avere l’euro in futuro).

 

Il 2018 sembra essere un anno di attesa per molti italiani, che stanno vivendo una situazione non definita, un equilibrio precario. Sospesi tra un passato recente, rispetto al quale si rendono conto dei miglioramenti, e grandi aspettative per il futuro, vivono la situazione attuale con incertezza, anche perché la crisi non sembra mai definitivamente superata (si attendono in media ancora 4 anni di crisi); il presente appare complesso e contraddittorio. L’ottimismo circa il futuro sembra essere molto diffuso nel Centro-Sud, soprattutto tra coloro che hanno meno di 30 anni (gli ottimisti riguardo la situazione personale sopravanzano i pessimisti di 36 punti percentuali), che negli anni passati si erano mostrati più negativi. Appare, invece, più in difficoltà il Nord Est; fra coloro che si trovano nella fascia d’età tra i 31 e i 44 anni, in cui si definiscono le principali scelte famigliari, cresce il numero di quelli che temono un peggioramento delle prospettive, sicché il differenziale tra ottimisti e pessimisti, pur sempre a favore dei primi, passa da +18 a +15. Altro elemento di contraddizione è l’aumento delle famiglie che non hanno avuto nessuna difficoltà a mantenere il proprio tenore di vita (sono il 37%, erano il 35% nel 2017, il 32% nel 2016) e parimenti la crescita di quelle che che dichiarano di essere state colpite direttamente dalla crisi riguardo al lavoro: nel 2017 erano il 19%, nel 2018 salgono al 24%.

 

Le prospettive dell’Italia sembrano fortemente legate all’Europa: se da una parte è forte la delusione per i progressi del processo di unificazione europea (il 53% ha una bassa fiducia), dall’altra ancor più che in passato si ritiene fondamentale la scelta europeista del Paese (il 66% è contro ogni ipotesi di uscita, in crescita rispetto al 61% del 2017; chi vuole uscire scende dal 17% al 14%, gli altri non hanno opinioni definite). Allo stesso tempo sempre più italiani sono convinti che – in una prospettiva di medio periodo – rimanere nell’euro sia la scelta più idonea (il 56% ritiene che sarà un vantaggio, contro il 29% che preferirebbe non avere l’euro in futuro).

 

L’incertezza che stanno vivendo gli italiani ha degli effetti evidenti sulle decisioni di risparmio e di consumola tensione al risparmio, ovvero il desiderio di risparmiare, è molto forte e riguarda l’86% degli italiani, come lo scorso anno, ma ben il 38% addirittura non vive tranquillo se non mette da parte dei risparmi (+1 sul 2017), e il 39% delle famiglie afferma di essere riuscito effettivamente a risparmiare (+2 punti percentuali sul 2017), mentre diminuiscono coloro che consumano tutto il reddito: sono il 37% contro il 41% del 2017. Al contempo aumentano lievemente le famiglie in saldo negativo di risparmio: dal 21% del 2017 al 22% attuale; in quest’ambito decresce il numero di coloro che intaccano il risparmio accumulato (dal 16% dello scorso anno al 14% attuale), ma aumentano coloro che ricorrono a prestiti (sono l’8% contro il 5% del 2017). L’aumento del risparmio lordo delle famiglie (+18% rispetto allo stesso periodo del 2017) è riscontrato anche dall’Istat (ricordiamo che Istat rileva lo stock di risparmio, non il numero dei risparmiatori). Le scelte di consumo divengono, invece, più guardinghe e accorte, frenando la tendenza al recupero dei consumi che si era registrata negli ultimi anni.

 

Gli italiani sono piuttosto soddisfatti (13% molto soddisfatti e 54% abbastanza soddisfatti) di come gestiscono i propri risparmi: la preferenza per la liquidità è sempre elevata e riguarda quasi 2 italiani su 3, anche se aumentano di 4 punti percentuali coloro che preferiscono investire, quantunque una piccola parte di risparmio. L’investimento ideale non esiste più: gli italiani si dividono in 3 gruppi quasi omogenei: il 30% ritiene che l’investimento ideale proprio non ci sia (-3 punti rispetto al 2017), il 32% lo indica negli immobili (+1 punto sul 2017), il 31% indica gli investimenti finanziari reputati più sicuri. Ultimi, con il 7%, sono coloro che indicano come ideali gli strumenti finanziari più rischiosi (con una percentuale stabile rispetto all’anno passato).

 

Cosa rappresenta per gli italiani il risparmio? Risparmiare è tranquillità, saggezza, pensare al futuro, ma anche un sacrifico. Per il 64% significa attenzione alle spese superflue ed evitare gli sprechi (pensionati 69%), per il 18% è aderire a offerte vantaggiose, per il 9% rimandare le spese considerate superflue, per il 9% guadagnare più di ciò che si spende. Risparmiare è qualcosa alla portata del quotidiano, un atteggiamento di vita, un’attenzione continua che parte dalle piccole cose e arriva alle più grandi, piuttosto che una costante rinuncia o una rincorsa allo sconto. La sensazione è che si faccia un po’ meno di ciò che si dovrebbe: si pensa che le generazioni passate abbiano risparmiato assai più di quella presente (85%).

 

Quando gli italiani pensano al risparmio i rimandi sono soprattutto positivi (82%), legati all’idea della tranquillità (39%), della tutela (21%) o della saggezza (19%). Però il risparmio è anche sacrificio per il 30%, cioè una rinuncia a consumare oggi, o una situazione che ricorda la crisi (7%) e a volte mette un po’di tristezza (4%). Il risparmio è anche molto legato all’idea di futuro (27%), al pensiero di cosa succederà, a farsi trovare pronti per il domani, bello o brutto che sia. Infatti, si risparmia soprattutto per tutelarsi personalmente dai rischi futuri (37%) o per accumulare risorse per un progetto da realizzare (26%), altri ritengono che risparmiare sia eticamente corretto, a prescindere dalla propria personale situazione (14%), altri ancora sentono la tensione al risparmio innata, parte della propria indole (13%).

 

Cresce la quota di italiani che attribuiscono al risparmio una valenza che va oltre la sfera privata. È utile per educare le giovani generazioni a una vita consapevole ed equilibrata (per il 51% degli italiani questo aspetto è fondamentale) e per abituarli a programmare e a pensare al futuro più prossimo (43%) o al dopo pensione (43%). Inoltre l’80% degli italiani ritiene che il risparmio sia utile per lo sviluppo sociale e civile del Paese e sono sempre più coloro che, quando risparmiano, percepiscono di fare – oltre ai propri interessi – anche quelli del Paese: erano un quarto nel 2017 (24%), sono circa un terzo adesso (32%).

 

Le aziende, in quanto protagoniste del mondo produttivo ed eventualmente oggetto di investimento da parte dei risparmiatori, devono però meritarsi la fiducia dei cittadini, dei consumatori, dei risparmiatori: per ottenerla – secondo il 79% degli italiani – devono essere attente alle conseguenze delle loro azioni sull’ambiente e sul tessuto socialeIl consumatore sollecita le aziende ad operare in modo responsabile e sostenibile: il 68% della popolazione mondiale ritiene che le aziende che avranno successo sono quelle che non si limiteranno a fornire buoni prodotti o servizi, ma che daranno un contributo positivo alla società. Le aziende ne stanno prendendo consapevolezza: secondo il 53% degli italiani una buona parte di esse sta rispondendo adeguatamente a questa richiesta. Inoltre il 59% dei top-manager mondiali ritiene che sia il momento più propizio di sempre per agire nella direzione di un modello di sviluppo più sostenibile.

 

Come devono comportarsi le aziende per essere ben considerate? Innanzitutto dovrebbero avere a cuore i propri dipendenti (77%), e dovrebbero porre attenzione allo stesso modo ai propri clienti e all’ambiente (entrambi al 38%). Alcuni comportamenti, inoltre, non sono accettabili se si vuol essere considerati sostenibili: l’azienda deve rifiutare le nuove forme di schiavitù, specie minorile (80%), ogni tentativo di corruzione (77%) e deve evitare di far correre qualunque rischio al consumatore (75%).

 

PIÙ IN DETTAGLIO

 

Il Futuro dell’economia, personale e globale

 

Il 2018 ci racconta un’Italia in equilibrio precario: l’italiano ha notato un miglioramento negli anni e guarda con maggiore ottimismo al futuroIl presente però appare complesso e contraddittorio: questa situazione porta a una rinnovata attenzione riguardo ai consumi e a un parallelo rafforzamento della tensione al risparmio, che gli italiani vivono come un sacrificio, ma da farsi per la tranquillità futura.

 

Nonostante la crescita del Pil registrata negli ultimi 4 anni, la fine della crisi sembra ancora lontana; gli italiani ritengono che per uscirne ci vorranno almeno 4 anni, ma il numero di coloro che la vedono molto lontana si è andato riducendo nel tempo: erano il 50% nel 2016, il 42% nel 2017, il 40% oggi.

 

Gli italiani indicano un lieve miglioramento della propria situazione rispetto a 2-3 anni fa. Il 7% dichiara che nel 2018 la propria situazione economica è migliorata (era il 6% nel 2017 e nel 2016), il 37% che non ha avuto nessuna difficoltà a mantenere il proprio tenore di vita (nel 2017 erano il 35%, nel 2016 il 32%), mentre sono scesi al 40% (contro il 42% del 2017 e il 44% del 2016) coloro hanno sperimentato qualche difficoltà nel far quadrare tutti i conti. Prosegue inoltre, seppur lievemente, il calo della quota di famiglie che segnalano difficoltà serie a mantenere il proprio tenore di vita: sono il 16% (erano il 17% nel 2017, il 18% nel 2016). Il miglioramento più sensibile lo si è registrato tra coloro che hanno meno di 30 annicoloro che hanno sperimentato un miglioramento sono il 10% (erano il 3% nel 2017), e anche coloro che non hanno avuto difficoltà aumentano dal 37% del 2017 al 40%; infatti scendono molto coloro che dichiarano di aver sperimentato difficoltà relative (44% nel 2017, 32% nel 2018), mentre crescono di un punto coloro che hanno avuto serie difficoltà (16% nel 2017, 17% oggi).

 

Gli italiani che si dicono soddisfatti della propria situazione economica si riducono rispetto all’anno scorso di un punto (55% nel 2018, 56% nel 2017, 51% nel 2016). Peraltro si riduce anche il numero dei per niente soddisfatti (dal 15% del 2017 al 13% del 2018). Aumentano, invece, coloro che sono poco soddisfatti (dal 29% al 32%).

 

È preoccupante l’aumento del numero delle famiglie che dichiarano di essere state colpite direttamente dalla crisi riguardo al lavoro: nel 2017 erano il 19%, nel 2018 salgono al 24%. Il 13% ha perso il lavoro (come nel 2017); l’11% ha sperimentato un peggioramento delle condizioni di lavoro (contratto, guadagno, orario), erano il 5% del 2017 (un andamento, questo, che riguarda soprattutto la fascia d’età fra i 31 e i 44 anni, periodo della vita in cui ci si crea una famiglia); il 6% ha dovuto cambiare lavoro; il 2% non riceve la dovuta retribuzione.

 

Guardando al futuro, il numero dei fiduciosi sul miglioramento della propria situazione personale è nettamente superiore a quello degli sfiduciati (11% gli sfiduciati, 25% i fiduciosi, saldo +14 a favore di questi ultimi rispetto al +10 dello scorso anno), anche se il 61% degli intervistati non si attende cambiamenti della propria situazione economica. Il maggior recupero di fiducia si registra tra gli individui fra i 18 e i 30 anni, con un saldo positivo superiore alla media della popolazione (+36) e un aumento di 18 punti percentuali rispetto al 2017 (era +18); in compenso troviamo in flessione la fascia 31-44 anni (da +19 punti percentuali nel 2017 a +15 nel 2018), in progresso quella 45-64 (da +7 punti a +11 punti), mentre calano per il terzo anno di fila gli over 65 (-8 nel 2018, -6 nel 2017, -3 nel 2016, saldo nullo nel 2015).

 

Nel complesso, considerando l’andamento dei vari indicatori rilevati (personale, territorio, Italia, Ue e mondo) si assiste a una ripresa di ottimismo (il saldo tra ottimisti e pessimisti è positivo di 5 punti contro il +2 dello scorso anno), trainata, oltre che dalla percezione legata al futuro personale, da una rinata fiducia nella crescita dell’economia mondiale (+7 nel 2018, +1 nel 2017). Stazionaria la percezione del futuro del proprio territorio (saldo +2), del Paese (-3) e dell’Europa (+2).

 

La lenta ripresa della fiducia sul futuro la si coglie anche guardando la tendenza di lungo periodo dell’indagine Ipsos Global@dvisor: in un clima di generale miglioramento internazionale, l’Italia mostra segnali di ripresa. L’Europa prosegue il trend positivo già evidenziato negli ultimi due anni, il Nord America e l’area dell’Asia-Pacifico crescono confermandosi come aree più ‘positive’, mentre il Sud America inverte il dato in calo del 2017 con una crescita sensibile. (dati Ipsos Global@dvisor agosto 2018).

L’Europa e l’euro

 

Gli italiani mettono in discussione la scelta europeista ancor meno che nel passato: il 66% rigetta l’idea di Italexit (il 61% nel 2017), si riducono sia coloro che la vivrebbero come un vantaggio (scendono al 14% nel 2018 dal 17% del 2017) sia coloro che ritengono non cambierebbe nulla (dal 19% del 2017 al 13% odierno). Il 7% non sa esprimersi sul tema.

 

Peraltro l’Unione Europea continua a dividere gli italiani: il 47% ne ha fiducia, mentre il 53% si fida poco: l’anno scorso il 51% si fidava e il 49% si fidava poco. Diminuisce la quota di italiani che ritengono che l’Europa andrà nella giusta direzione (51%) rispetto a quelli che pensano sbaglierà strada (32%).

 

Nel complesso, dunque, la sfiducia sembra esprimere un rammarico per ciò che l’Europa potrebbe essere anziché un rifiuto del progetto Ue.

 

L’Euro, principale elemento di debolezza dell’Ue nella percezione degli italiani, lentamente riguadagna consensi. Gli insoddisfatti dell’euro, sia pur ancora in netta maggioranza, scendono: erano il 74% nel 2014, il 65% nel 2017, sono il 63% oggi. I più soddisfatti sono i giovani (43%) e gli abitanti nel Nord Ovest (46%). Si riducono coloro che pensano che tra 20 anni sarà meglio essere usciti dall’euro (dal 33% del 2017 al 29% del 2018), mentre crescono coloro che pensano sarà un importante vantaggio rimanere nell’euro (56% attuale, erano il 54% del 2017).

 

Il Risparmio: ultimi 12 mesi e attese per i prossimi 12

 

Il numero di italiani propensi al risparmio rimane estremamente elevato: sono l’86% (come nel 2017); di questi sono il 38% quelli che non vivono tranquilli senza mettere da parte qualcosa (erano il 37%), il 48% coloro che ritengono sia bene fare dei risparmi senza troppe rinunce (erano il 49%). Diminuisce lievemente la quota di coloro che preferiscono godersi la vita senza pensare a risparmiare: sono il 10% (-2 punti percentuali sul 2017). Il 4% non sa decidersi.

 

Aumenta (e ritorna maggioritaria) di 2 punti percentuali la quota di italiani che affermano di aver risparmiato negli ultimi dodici mesi: passano dal 37% del 2017 al 39% attuale, mentre diminuiscono coloro che consumano tutto il reddito (il 37%, erano il 41% nel 2017). Al contempo aumentano lievemente le famiglie in saldo negativo di risparmio: dal 21% del 2017 al 22% attuale; in quest’ambito decresce il numero di coloro che intaccano il risparmio accumulato (dal 16% dello scorso anno al 14% attuale), ma aumentano coloro che ricorrono a prestiti (sono l’8% contro il 5% del 2017). L’aumento del risparmio lordo delle famiglie (+18% rispetto allo stesso periodo del 2017) è riscontrato anche dall’Istat (ricordiamo che Istat rileva lo stock di risparmio, non il numero dei risparmiatori).

 

Combinando l’andamento del risparmio delle famiglie italiane nell’ultimo anno (2018) e le previsioni per quello futuro (2019), si nota che aumenta il numero di coloro che migliorano la propria situazione (trend positivo o in risalita sono il 34%, erano il 33%) e si riduce quello di coloro che si situano in ‘crisi grave’ di risparmio (sono il 24%, erano il 25%).

 

Analizzando i sei gruppi di tendenza rispetto al risparmio, si registra un lento ritorno alla normalità: aumenta chi riesce a ‘galleggiare’ o a migliorare lievemente, si riducono un poco le situazioni problematiche. Nel dettaglio:

 

  • Famiglie con trend di risparmio positivo – hanno risparmiato nell’ultimo anno e lo faranno di più o nella stessa misura anche nei prossimi dodici mesi: sono il 29%, il dato più elevato della serie storica, in aumento rispetto al 2017-2016-2015 (+2 punti) e ancor di più rispetto agli anni precedenti (+9 punti percentuali rispetto al 2014, +15 rispetto al 2013, +13 rispetto al 2012 quando il dato era il 16%).
  • Famiglie con risparmio in risalita – hanno speso tutto senza far ricorso a risparmi/debiti, ma nei prossimi dodici mesi pensano di risparmiare di più: sono il 5%, in lieve diminuzione rispetto al 6% del 2017 e in linea con il 2016 (6% nel 2015, 4% nel 2014, 5% nel 2013, 4% nel 2012 e nel 2011).
  • Famiglie che galleggiano – hanno speso tutto senza far ricorso a risparmi/debiti e pensano che lo stesso avverrà nel prossimo anno, oppure hanno fatto ricorso a risparmi/debiti, ma prevedono di risparmiare di più nei prossimi dodici mesi: sono il 27%, in lieve calo rispetto al 28% del 2017, ma in crescita rispetto agli anni precedenti (+2 punti percentuali rispetto al 2016, +1 punto rispetto al 2015, +5 punti rispetto al 2014, +8 punti rispetto al 2013).

 

  • Famiglie col risparmio in discesa – sono riuscite a risparmiare, ma temono di risparmiare meno nei prossimi dodici mesi: sono il 9%, in linea con il 2017 (nel 2016 erano il 12%, nel 2015 l’8%).
  • Famiglie in crisi moderata di risparmio – hanno consumato tutto il reddito e nei prossimi dodici mesi temono di risparmiare meno: sono il 7%, in lieve calo rispetto agli anni passati (nel 2017 erano il 9%, nel 2016 l’8%, nel 2015 il 9%, nel 2014 il 16%, nel 2013 il 18%).
  • Famiglie in crisi grave di risparmio – hanno fatto ricorso ai risparmi accumulati e a debiti (famiglie in “saldo negativo”) e pensano che la situazione del prossimo anno sarà identica o si aggraverà: sono sostanzialmente stabili, nel 2018 sono il 17% (contro il 16% dell’anno scorso, il dato più basso dell’intera serie storica).

 

8 famiglie su 10 riuscirebbero a far fronte a una spesa imprevista di 1.000 euro con risorse proprie (il 78%, dato in calo di 2 punti percentuali rispetto al 2017); ma se la spesa imprevista fosse maggiore, 10.000 euro (ossia un furto d’auto, una complessa operazione dentistica, la sistemazione di un tetto o una cartella esattoriale non attesa), potrebbero farvi fronte con le sole proprie forze poco più di 1 famiglia su 3 (il 36%, 2 punti percentuali in più rispetto al 2017): in questa situazione abbastanza stabile si evidenzia come aumentino sia le famiglie in grado di avere almeno 10.000 euro da parte, sia quelle in maggiore difficoltà.

 

La relazione tra risparmio e investimento

 

La preferenza degli italiani per la liquidità è sempre elevata e riguarda il 62%, in lieve calo rispetto al 67% del 2017. Aumenta chi desidera investire una parte minoritaria dei propri risparmi, che passa dal 22% al 26%. Costanti coloro che ne investono la maggior parte (7%), mentre il 5% non si esprime.

 

Rispetto al 2017 la situazione è sostanzialmente costante: stabile la quota dei possessori di certificati di deposito e di obbligazioni (8%, come l’anno passato), di assicurazioni sulla vita/fondi pensione (25%, come nel 2017), di buoni postali (10%, come nel 2017), mentre calano lievemente i fondi di investimento (12%, -1 punto percentuale rispetto al 2017) e diminuiscono i libretti di risparmio (18%, -5 punti) e il numero di correntisti (81%, -3 punti).

 

Sembra che l’investimento ideale, per gli italiani, non esista più: essi si dividono in 3 gruppi quasi omogenei. Il 30% ritiene che l’investimento ideale proprio non ci sia (in lieve calo, -3 punti rispetto al 2017), il 32% lo indica negli immobili (+1 punto sul 2017), il 31% indica gli investimenti finanziari reputati più sicuri (+2 punti rispetto al 2017). Ultimi, con il 7%, sono coloro che indicano come ideali gli strumenti finanziari più rischiosi (stabili rispetto all’anno passato).

 

La dinamica degli investimenti immobiliari segna comunque una crescita per il quarto anno di fila; siamo al 32% (nel 2014 era il 24%, nel 2015 il 29%, nel 2016 il 30%, nel 2017 il 31%, ma molto lontani dal 2006, quando la percentuale di coloro che vedevano nel mattone l’investimento ideale era il 70%). La crescita della tensione all’immobiliare si registra solo al Sud e nelle Isole (38%); nel Nord, e soprattutto tra chi ha accumulato risparmi nel 2018, la preferenza va alle forme di investimento più sicure.

 

Il risparmiatore italiano rimane attento alla (bassa) rischiosità del tipo di investimento: il dato è in crescita rispetto all’anno scorso (dal 39% del 2017 al 43% di oggi) e torna quasi al livello del 2016 (era al 44%). Diminuisce invece la rilevanza della solidità del proponente (dal 30% del 2017 al 26% di oggi). In lieve crescita l’attenzione ad attività che aiutino lo sviluppo dell’Italia (il 20% nel 2018 contro il 17% nel 2016).

 

Il risparmiatore italiano è preoccupato del sistema di tutele messo a difesa del suo risparmio: il 64% ritiene poco efficaci regole, leggi e controlli (era il 66% lo scorso anno), mentre il 36% li ritiene efficaci (erano il 34% nel 2017). Il 48% si aspetta che in futuro il risparmiatore sarà ancor meno tutelato, dato comunque in contrazione rispetto al 52% del 2017; gli ottimisti in fatto di tutela passano dal 19% al 24%, con un bel balzo di 5 punti percentuali; il 28% non si sbilancia: tutto resterà come ora, o non sa proprio che previsioni fare.

 

Quello che si delinea è il ritratto di un risparmiatore che rifugge il rischio, ma questo atteggiamento – pur tranquillizzandolo – non riesce a renderlo pienamente soddisfatto: il 13% è molto soddisfatto (+2 punti rispetto al 2017) di come gestisce i suoi risparmi, il 54% è abbastanza soddisfatto (come lo scorso anno), il 28% è poco o per nulla soddisfatto, il 5% non si esprime.

 

Etica del risparmio e sviluppo

 

Per il 64% degli italiani risparmio significa attenzione alle spese superflue e agli sprechi: cercare le offerte, differire i consumi non sono atteggiamenti diffusi. Si risparmia soprattutto per tutelarsi personalmente da rischi futuri (37%) o per accumulare risorse per un progetto da realizzare (26%); altri ritengono che risparmiare sia eticamente corretto, a prescindere dalla propria personale situazione (14%), altri ancora sentono la tensione al risparmio innata, parte della propria indole (13%). Per la maggioranza, il risparmio è qualcosa alla portata del quotidiano, un atteggiamento di vita, un’attenzione continua che parte dalle piccole cose e arriva alle più grandi, piuttosto che una costante e dolorosa rinuncia.

 

Quando gli italiani pensano al risparmio i rimandi sono soprattutto positivi (82%), legati all’idea della tranquillità (39%), della tutela (21%) o della saggezza (19%). Però il risparmio è anche sacrificio per il 30%, cioè una rinuncia a consumare oggi, o una situazione che ricorda la crisi (7%) e a volte mette un po’ di tristezza (4%).

 

Il risparmio è anche molto legato all’idea di futuro (27%), del pensare a cosa verrà, a prepararsi al domani, bello o brutto che possa essere, a farsi trovare pronti. Chi risparmia è visto come una persona che si preoccupa per il futuro (68%), piuttosto che indifferente (12%) o fiduciosa (18%); il 2% non indica. Ciò rafforza ancor più l’idea del risparmio come tutela, come riserva di welfare che tutti dovrebbero avere, cui attingere nei momenti bui. Tant’è che chi non risparmia è visto come una persona indifferente al futuro (52%), concentrata sul presente; il 26% pensa che l’assenza di risparmio sia determinata dalla preoccupazione di non goderne in futuro, e il 17% da una baldanzosa fiducia, che induce a godersi la vita.

 

La sensazione degli italiani è che si faccia un po’ meno di ciò che si dovrebbe: le generazioni passate erano più attente al risparmio assai più di quella presente (85%). Solo l’8% ritiene che l’attenzione al risparmio sia più forte ora e il 7% pensa che sarà più forte nelle generazioni future. Nondimeno risparmiare è utile per educare le giovani generazioni a una vita consapevole ed equilibrata (per il 51% degli italiani questo aspetto è fondamentale) e per abituarli a programmare e a pensare al futuro più prossimo (43%) o al dopo pensione (43%). Minore enfasi viene data a una miglior capacità di fare acquisti quotidiani (31%) e così contribuire allo sviluppo sostenibile (24%).

 

L’effetto del risparmio non si esaurisce nella sfera personale o famigliare. L’80% degli italiani ritiene che il risparmio sia utile per lo sviluppo sociale e civile del Paese: il 32% pensa sia fondamentale (+4 punti percentuali rispetto al 2017, rafforzando un trend in atto da diversi anni), mentre il 48% lo ritiene importante, in contrazione di 4 punti. Il dato generale quindi è stabile rispetto al 2017, ma va radicalizzandosi verso un convincimento sempre più forte della rilevanza sociale del risparmio. E sempre più italiani, quando risparmiano percepiscono di fare – oltre ai propri interessi – anche quelli del Paese: erano un quarto nel 2017 (24%), sono circa un terzo adesso (32%).

 

Cresce la quota di italiani che ritengono che il risparmio abbia una valenza che va oltre la sfera privata, che sia in grado di sostenere il Paese, la società e le aziende. Le aziende, in quanto protagoniste del mondo produttivo ed eventualmente oggetto di investimento da parte dei risparmiatori, devono però meritarsi la fiducia dei cittadini, dei consumatori, dei risparmiatori: per ottenerla – secondo il 79% degli italiani – devono essere attente alle conseguenze delle loro azioni sull’ambiente e sul tessuto sociale. Secondo il 53% degli italiani una buona parte delle aziende sta rispondendo adeguatamente a questa richiesta; per il 39% esse, invece, sono statiche; per l’8% in realtà stanno regredendo.

 

Il consumatore sollecita le aziende a operare in modo responsabile e sostenibile: il 68% della popolazione mondiale ritiene che le aziende che avranno successo in futuro sono quelle che non si limiteranno a fornire solo buoni prodotti o servizi, ma che daranno un contributo positivo alla società; e il 64% della popolazione italiana considera la responsabilità sociale un elemento importante del successo aziendale. Le aziende ne stanno prendendo consapevolezza: il 55% dei top-manager è convinto che i consumatori si aspettino che le aziende prendano posizione riguardo alle problematiche della società, e il 59% ritiene che sia il momento più propizio di sempre per agire nella direzione di un modello di sviluppo più sostenibile.

 

Come devono comportarsi le aziende per essere ben considerate? Nel loro operare le aziende dovrebbero avere soprattutto a cuore i propri dipendenti (77%), poi dovrebbero porre attenzione allo stesso modo ai clienti e all’ambiente(entrambi al 38%), alla comunità in cui operano (30%) e agli azionisti (11%).

 

Per essere considerate sostenibili, invece, le aziende devono tenere fortemente presenti innanzitutto elementi che riguardano il loro interfacciarsi con il mondo esterno: rifiutare le nuove forme di schiavitù, specie minorile (80%), ogni tentativo di corruzione (77%), qualsiasi rischio per il consumatore (75%). In secondo luogo devono evitare discriminazioni sessuali e trattare bene i dipendenti (entrambi al 69%), nonché impegnarsi per la salvaguardia dell’ambiente. In terza battuta devono evitare qualsiasi discriminazione legata al paese d’origine di lavoratori, utenti, clienti e stakeholder in generale; devono avere a cuore l’interesse dei propri clienti e rispettare la cultura del posto in cui operano (48%) o sostenerne lo sviluppo (45%); infine, devono impegnarsi in cause umanitarie e per la tutela del patrimonio artistico e culturale (43%).

 

I Consumi

 

Dopo anni di migliore disposizione verso i consumi, per la prima volta osserviamo un diffuso rallentamento. L’italiano torna ad essere più attento, e ciò riguarda soprattutto i beni che più erano cresciuti nel recente passato: in primis gli investimenti semi-durevoli e poi alcuni beni di prima necessità, quali alimentari e casalinghi. Farmaci, fuori-casa e divertimento vengono invece ridotti lievemente rispetto al 2017, mentre è sostanzialmente costante la spesa per la cura di sé. Si riduce la disponibilità al dono.

 

La situazione può essere riassunta in questo modo, analizzando le diverse tipologie di famiglie, che sperimentano situazioni differenti:

 

  • Da una parte ci sono coloro che sono stati effettivamente colpiti in modo serio dalla crisi: continuano ad adottare una forte razionalizzazione delle proprie spese, quando non una vera e propria austerità. Queste persone mantengono quindi un approccio sostanzialmente cauto verso il consumo, vivono ancora tutte le difficoltà del consumatore.
  • Chi ha sperimentato qualche difficoltà ha una forte virata verso la razionalizzazione dei consumi: riduce quelli legati al fuori casa, abbigliamento, elettronica ed elettrodomestici e spese per l’auto; mantiene invece il proprio livello di spesa per telefono e telefonia e per i consumi alimentari e la casa
  • Chi non ha difficoltà aumenta i propri consumi di elettronica, telefonia, prodotti alimentari, spostamenti e veicoli; tende a rimanere più cauto sul fuori-casa e riguardo alle spese di abbigliamento.
  • Chi sta bene incrementa quasi tutte le spese, tranne cinema, teatro e concerti.: ciò che li distingue dagli altri è l’incremento di spesa per viaggi e vacanze, ristorantiabbigliamento e accessori, ma soprattutto per libri e spese per l’auto/trasporti, oltre all’immancabile spesa per la telefonia.

 

Nello specifico dei settori merceologici, si registra una diffusa stasi, o ridimensionamento.

 

  • Viaggi e vacanze: nell’ultimo anno i consumi in questo settore sono stati ridotti dal 41% degli italiani contro il 12% di coloro che li hanno incrementati, mentre il 47% li ha tenuti costanti. Il saldo negativo è perciò di -29 punti percentuali, in linea rispetto al -28 dello scorso anno. È da sottolineare che chi ha migliorato la propria situazione economica dichiara di aver molto accresciuto i consumi in questo ambito.
  • Il 37% degli italiani dichiara di aver ridotto la propria frequentazione di ristoranti, bar e pizzerie negli ultimi 2-3 anni; solo il 10% afferma di averla incrementata e il 53% di averla tenuta costante. Il saldo negativo tra chi ha incrementato e chi ha ridotto è di -27 punti, in lieve miglioramento rispetto al -29 dello scorso anno.
  • Cinema, teatro e concerti registrano una contrazione presso il 41% degli italiani, solo l’8% ne ha rafforzato la fruizione; per il 51% è stabile. Il saldo è negativo di -33 punti, ma in questo caso un anno fa era migliore: -30 punti.
  • Vestiario, abbigliamento e accessori registrano una riduzione presso il 32% degli italiani, un incremento presso l’11%, mentre il 57% dichiara di non aver modificato i propri consumi al riguardo. Ciò genera un saldo negativo di -21 punti: importante e lievemente peggiore rispetto a quello del 2017 (-18 punti percentuali).
  • Stabile il saldo dei consumi nel settore della cura della persona e della bellezza: il saldo negativo passa da -9 punti del 2017 a -8 del 2018; il dato è positivo solo per chi ha visto migliorare la propria situazione.
  • Libri, giornali e riviste sono sostanzialmente stabili nel saldo negativo (da -15 a -13 punti) e lo stesso accade per giochi e lotterie (con un saldo negativo passato dai -16 punti del 2017 a -17).
  • Prodotti alimentari e per la casa ed elettronica/elettrodomestici evidenziano saldi peggiori rispetto al 2017; il saldo è a 0 nel primo caso ed è negativo (-2) nel secondo. 
  • Telefono e telefonia hanno un saldo positivo di 12 punti percentuali, in calo rispetto al +17 del 2017. È da notare che in quest’ambito sono stati significativamente incrementati i consumi sia da parte di coloro che hanno visto un miglioramento del proprio tenore di vita, sia di coloro che non hanno sperimentato problemi, mentre sono costanti per chi ha dovuto fronteggiare qualche difficoltà. 
  • I medicinali continuano ad essere acquistati molto. Pur dominando la stabilità, con il 55% di italiani che dichiara di fare un uso di medicinali uguale al passato, si nota che coloro che ne hanno aumentato il consumo (39%) sono assai più di coloro che lo hanno ridotto (6%); il saldo è decisamente positivo, di 2 punti inferiore rispetto al 2017 (+35), ma superiore a quello degli anni passati (+31 nel 2016, +19 nel 2015, +20 nel 2014).
  • Le donazioni ad associazioni caritatevoli, ambientali, culturali, medico-scientifiche sono sostanzialmente costanti, anche se coloro che dichiarano di averle ridotte (16%) sopravanzano quelli che le hanno aumentate (10%) con un saldo di -6.

 

La ricerca: metodologia

 

L’indagine è stata realizzata, come ogni anno, nella settimana a cavallo tra settembre e ottobre, tramite interviste telefoniche con tecnologia Cati – Computer Aided Telephone Interviews – ed è stata arricchita di alcuni dei risultati delle indagini congiunturali prodotte dall’Istat e di altre indagini condotte da Ipsos nel 2018. Sono state svolte circa 1.000 interviste, presso un campione rappresentativo della popolazione italiana adulta, stratificato in base ai seguenti criteri: area geografica e ampiezza del centro, sesso ed età. In corso di elaborazione i risultati sono stati ponderati al fine di riprodurre fedelmente l’universo di riferimento.

 

Link per scaricare la versione integrale dell’indagine sugli Italiani e  ilRisparmio:
http://www.acri.it/_upload/Eventi/94_GMR/Report_integrale_indagine_Acri-Ipsos_2018.pdf