I veterinari si tingono di rosa

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Come è cambiata Enpav e la professione in  questi anni? Lo scopriamo insieme al presidente Gianni Mancuso arrivato ormai a metà del suo secondo mandato. E tra un riforma e l’altra, tra una sostenibilità a 50 anni e la spending review ha cavalcato quasi un decennio non proprio facile.

“Diciamo che ho vissuto di prima persona questo cambiamento, sono a metà del secondo mandato quinquennale, in questi 7 anni e mezzo ho, insieme al mio Consiglio di amministrazione, dato impulso a creare o meglio irrobustire, perché qualche servizio già l’Ente lo erogava, il cosiddetto welfare. Per cui nella A di assistenza del nostro acronimo Enpav abbiamo inserito in questi anni  nuove opportunità  e laddove esistevano già dei servizi li abbiamo rivisitati e un po’ ampliati. Una scelta dettata dalla consapevolezza e dalla necessità. Sapevamo, infatti,che la doppia riforma, che ho vissuto  in prima persona sia quella per la sostenibilità a lungo termine a 30 anni e poi la successiva quella voluta dalla Fornero a 50 anni, hanno ovviamente richiesto di mettere mano alle leve e quindi ai portafogli dei colleghi che si erano abituati a corrispondere il 10% del loro reddito. Oggi siamo arrivati gradualmente al 13% , con una prospettiva nel medio e lungo termine di arrivare al 22.

Ho letto sul vostro sito che prevedete dei sussidi alla genitorialità

Si è un titolo un po’ troppo politicamente corretto …. non ci ho pensato troppo quando mi è stato proposto, così lo abbiamo adottato. Tutto nasce  dall’idea di voler essere più vicini alle colleghe veterinarie, le donne sono in grande aumento, ormai rappresentano il 45% della nostra platea nazionale e sono destinate ad aumentare e a sopravanzare i colleghi maschi. Il rapporto tra donne e uomini iscritti alla facoltà di veterinaria è di 7 a 2.  Anche la nostra, come tutte le professioni sanitarie, è destinata a femminilizzarsi. Allora in quest’ottica ci siamo chiesti cosa potessimo fare di più,  visto che la maternità è già dovuta per legge in tutti gli Enti di previdenza. Abbiamo così deciso di dare un coupon che ammonta a 300 euro e che viene erogato nel periodo che va da 5 a 8 mesi, a fronte della dimostrazione del pagamento della retta della scuola materna. L’assegnazione avviene attraverso un bando al quale è molto semplice partecipare. La cifra stabilita è bassa, ci riserviamo di fare una verifica nei prossimi due anni, dopodiché vedremo se ampliarla. Nessun finanziamento a pioggia però perché è una modalità che non ci trova in accordo e comunque non è fattibile per legge.  A questo vorremmo aggiungere un ulteriore intervento, che attualmente è allo  studio, per coprire le gravidanze a rischio, 3/7 mesi. Vedremo se farlo noi direttamente o se inserirlo nella polizza assicurativa.

Il saldo tra i nuovi iscritti e chi va in pensione è in pareggio?

Dal punto di vista del saldo generale abbiamo ancora davanti anni buoni nel senso che vanno in pensione molti meno colleghi di quanti si iscrivono. La nostra platea oggi è di 28mila iscritti e poco più, si è quindi irrobustita negli ultimi anni . Il fatto di non avere avuto il numero chiuso fino ad una quindicina di anni fa ha fatto si che crescesse la popolazione e poi ci è stato finalmente messo il numero chiuso anche se resta un altro elemento che nel panorama europeo è un’assurdità ossia il numero di facoltà: 13.  Attualmente abbiamo più nuovi iscritti che pensionati e la quasi totalità dei pensionati è maschile perché la nostra è una professione che fino a qualche decennio fa era totalmente ad appannaggio degli uomini, una generazione di veterinari che o lavoravano in campagna o lavoravano per il pubblico. La libera professione è un aspetto più vicino alla nostra generazione.

Con la crisi come è cambiata la professione del veterinario? Anche in questo settore c’è la tendenza ad unirsi per risparmiare sui costi, a creare studi professionali?

Noi purtroppo abbiamo sofferto pesantemente la crisi perché le attività veterinarie sono molto legate al benessere e alla circolazione del denaro. Fermo restando i colleghi che stanno nel pubblico, quelli ad oggi non hanno problemi,  anche se va sottolineato che le Asl, le Regioni, il Ministero tendono a bloccare il turn over e la tendenza e quella di tagliare, laddove ci sono 10 dipendenti l’obiettivo è di arrivare a 5. Nell’ambito della libera professione, invece, abbiamo una zootecnia che continua a sopravvivere e non è foriera di grandi prospettive, il mondo del cavallo è in crisi profonda, molti ippodromi e allevamenti hanno chiuso,  quindi sopravvive il cavallino da passeggiata e poco poco di quella struttura che era molto florida, e molto diffusa sul territorio. La gran massa di veterinari si occupa di animali da affezione, cani gatti e dintorni, e le famiglie italiane subendo la crisi vanno una volta in meno dal veterinario. Di pari passo abbiamo assistito ad una tendenza a creare strutture più complesse per cui si è un po’ fermata l’attitudine ad aprire ambulatorietti in giro per l’Italia anche perché praticamente tutte le aree sono coperte e quindi si tende a creare strutture dove più colleghi stanno insieme. Da un lato c’è quello che dicevi tu ossia di concorrere e dividersi le spese e dall’altro anche quello di offrire competenze più ampie.

Entra in ballo l’Europa, i finanziamenti, i bandi destinati anche ai veterinari. Nota una curiosità dei suoi iscritti e una cultura maggiore?

E’ un tema che mi appassiona molto. Ho anche chiesto al mio Consiglio di amministrazione  di seguirmi in questo ancorché non sia previsto statutariamente dal nostro Ente di occuparsi di questioni europee, però attraverso l’Adepp ho imparato a conoscere questo mondo e quindi anche la grande opportunità dei fondi europei. Grazie all’Action Plan per la programmazione 2014-2020 anche i liberi professionisti possono avere questo strumento in più. Io mi sono messo in gioco organizzando 8/9  incontri per macro aree sul territorio nazionale e ogni volta ho registrato molte presenze e molto interesse. Devo dire che l’”Opportunità fondo europeo” da un lato richiede, quando magari si vuole fare qualche esperienza al di fuori dei fondi indiretti erogati dalle Regioni, procedure molto pesanti dal punto di vista burocratico e quindi, anche questo va detto, ci vorrà qualche tempo perché si diventi bravi anche appoggiandosi ad operatori del settore che si offrono di aiutare i professionisti a sviluppare meglio il proprio progetto. Invece dall’altro canto devo dire che, a parte la Toscana, vedo un nanismo delle Regioni perché sono dei giganti dal punto di vista delle dotazioni organiche ma quando vai a vedere le competenze ti accorgi che ci sono molte persone general generiche e  pochissime preparate a gestire le opportunità dei fondi europei. La nuova generazione di amministratori regionali, peraltro alcune Amministrazioni sono appena andate al voto,  deve fare i conti con queste incapacità di interpretare il ruolo perché tutta la massa dei fondi europei nel settennio precedente per i due terzi è andata perduta, il 65% dei soldi destinati all’Italia non è stato usato. Inoltre,recentemente abbiamo riscontrato anche difficoltà con il Ministero delle sviluppo economico che non ha ancora deciso di includere i liberi professionisti nei bandi, come stabilito dalle linee guida contenute nell’Action Plan for Entrepreneurship 2014-2020 approvate dalla Commissione europea. Io sto raccomandando  alle nostre rappresentanze regionali, agli ordini, all’Anmvi,  di impegnarsi per andare a cercare contatti personali con i Presidenti delle giunte, con gli Assessori che di volta in volta hanno questa delega. Poi in Italia curiosamente la delega ai fondi europei a volte è nell’assessorato all’economia, a volte nel lavoro e anche qui non c’è una omologazione di competenze.

Lei ha parlato di formazione e di informazione che lo stesso Ente, nella sua persona, offre ai propri iscritti organizzando convegni ed incontri su tutto il territorio nazionale. Ha riscontrato una attenzione da parte delle Università per creare quel collegamento necessario tra il mondo dell’istruzione e il mondo del lavoro?

Abbiamo alcune facoltà, soprattutto nel centro nord, che sono più sensibili ed hanno accolto l’invito mio, che rappresento l’Ente di previdenza, e del collega che è il presidente della federazione nazionale degli ordini, di organizzare mezze giornate di orientamento verso la fine dell’iter formativo dei futuri laureati. Poi nel tempo ci siamo strutturati in un format che funziona, quattro voci che sono interessanti, ma non tutte le facoltà lo utilizzano. Soprattutto nel centro sud abbiamo atenei dove non siamo mai andati o solo una volta in 5 anni.  Ed è un peccato perché offriamo un punto di vista che soltanto gli  insegnamenti scientifici non possono offrire. Segnalo che nella professione svolta nell’ambito degli animali di affezione, nell’università si trova poco riferimento per pareri second opinion, eppure  abbiamo dei super specialisti, che si formano in Italia ma più spesso all’estero, che sono definiti diplomati di college e che possono essere e diventare   il punto di riferimento per l’aggiornamento e per il miglioramento delle proprie conoscenze. Poi abbiamo anche delle identità che da decenni si occupano dell’aggiornamento post laurea, insomma il nostro mondo è fatto così, abbiamo l’università che ti porta alla laurea ma non riesce ad essere un gran riferimento nella post laurea e per questo stiamo ampliando i nostri interventi su tutto il territorio.

Le nuove norme che peso hanno in una Cassa “piccola”?

Come tutti i colleghi amministratori delle Casse ci troviamo ad essere troppo sudditi. Il nostro è un mondo che ha un suo valore intrinseco e per certi versi potremmo insegnare all’Inps come si fa previdenza e in più in questi ultimi 15/20 anni ci siamo cimentati anche nel discorso dell’assistenza, del welfare che sono cose che di fatto facciamo per vicariare  questa ritirata della Pubblica amministrazione. Lo Stato, le Asl, le Regioni, i Comuni,  tutti battono la ritirata nonostante  ci sia un quadro normativo meraviglioso che prevede che il cittadino italiano debba ricevere dei servizi che di fatto non vengono erogati più o comunque sono diminuiti in qualità e quantità. Allora ci organizziamo e cerchiamo di dare quei servizi che possono compensare queste perdite. Ciclicamente torna questa questione normalmente carsica che poi diventa evidente e poi di nuovo carsica che è la questione della gestione per cui sembra che non siamo capaci di fare quello che invece è sotto gli occhi di tutti. Al netto delle vessazioni, dei balzelli che ci vengono applicati, anno per anno portiamo delle percentuali significative di rendimento eppure proprio recentemente il Ministro Poletti durante un convegno organizzato a Napoli ha riproposto la questione dell’accorpamento delle Casse, nonostante le Casse incidano dello 0,0 sui conti dello Stato. Ci hanno chiesto la sostenibilità a 50 anni e l’abbiamo fatto, anche se dovesse arrivare il terremoto o l’invasione delle cavallette non andremmo a gravare sullo Stato. Sulla governance qualcosa si può fare, magari spostando la rappresentanza da provinciale  a regionale, per cui io sarei anche favorevole, non oggi per domani ma dandosi qualche anno.

L’Adepp ha presentato il codice sulla trasparenza e il codice etico. Ogni Cassa li attuerà, che tempi ci sono per l’Enpav?

IL 2015 non ci trova nudi alla meta, da tempo ci eravamo posti il problema dell’etica e della trasparenza peraltro segnalo che già sul sito dell’Enpav sono messe in chiaro tutta una serie di informazioni, bilanci, compensi, investimenti ad esempio. Nell’ osservatorio de Il Sole 24 ore infatti ci troviamo sempre nei primi 4 posti per la trasparenza dei nostri dati. Faremo un ulteriore sforzo però anche dando il giusto peso alle cose. Io francamente penso che dobbiamo essere più attenti ad amministrare, ad avere un apporto diretto, chiaro con le nostre platee perché dobbiamo essere soprattutto trasparenti, tracciati, facilmente tracciabili nelle nostre procedure ed essere facilmente compresi dai nostri iscritti , uno sforzo quotidiano che viene prima dei suggerimenti che vengono dati in modo general generico e francamente non abbiamo più di tanto bisogno di particolari suggerimenti. Credo che sia un fatto positivo muoversi su linee generali, tutti quanti nella stessa maniera,  è anche questo il senso di essere in Adepp e di riconosce3re ad Adepp il proprio ruolo.

Dove vorrebbe che andasse l’Enpav?

Bella domanda. Diciamo che mi sto rendendo conto, entrando nella seconda metà del mio secondo mandato, che  il compito più gravoso che era quello di garantire la sostenibilità a 50 anni non dico che l’abbiamo raggiunto ma lo abbiamo iniziato,  anche se ogni 3 anni con i bilanci tecnici si faranno eventualmente quei ritocchi necessari per continuare a mantenere i 50 anni. Ecco io vorrei poter dire ad un giovane che si iscrive oggi alla Cassa “guarda che quando tu tra 40 o 42 anni andrai in pensione  io posso già dirti oggi  che la Cassa ci sarà e ti darà una pensione”. Mi sembra una cosa bella. Quando io ero nella commissione 32 anni fa il mio Ente non era in grado di darmi questa aspettativa, si pagava una cifra ridicola e non si poteva fare alcuna previsione. Nel frattempo stiamo completando il programma che ci eravamo dati per i 5 anni, e credo che lo concluderemo in anticipo,  avremo ancora due anni per immaginare cose oltre quelle che abbiamo promesso in campagna elettorale. Dove vorrei arrivare? Beh mi piacerebbe avere i conti in ordine e che ci potesse essere più sintonia con gli altri soggetti, fare qualche sforzo per avvicinarci un poco tutti.