Consiglio di Stato e spending review: “Fondate le argomentazioni della Cassa dei dottori Commercialisti”

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Il Consiglio di Stato “ha ritenuto fondate le argomentazioni della Cassa previdenziale dei dottori commercialisti”, secondo cui “l’obbligatorietà della contribuzione non può essere assimilata ad un ‘finanziamento pubblico’, in quanto i versamenti dei professionisti iscritti sono volti a costituire le risorse per la loro futura pensione, mentre la norma prevede il versamento di una percentuale dei ‘consumi intermedi’ sostenuti nel 2010, la cui determinazione rientrava nella piena ed autonoma valutazione” dell’Ente.

La decisione in risposta alla sentenza del Tar del Lazio del 2013 che aveva sostenuto che la spending review dovesse essere applicata anche agli Enti di previdenza privati e privatizzati, essendo inclusi nell’elenco Istat delle Pubbliche amministrazioni, e quindi obbligate a riversare gli eventuali risparmi di spesa nelle Casse  dello Stato, argomento sul quale il Consiglio di Stato non interviene perché per l’organo supremo dirimente è la provenienza “da soggetti privati della contribuzione volta a costituire le risorse per il futuro trattamento pensionistico”. Per il Consiglio di Stato, quindi, il prelievo ottenuto grazie alla spending review viola l’articolo 23 della Costituzione perché va contro le finalità previdenziali definite dalle leggi di privatizzazione. Ma non solo. In bilico c’è la violazione degli articoli 35, 36 e 38 secondo comma perché si impiegano risorse destinate ai trattamenti previdenziali per esigenze di finanza pubblica e, dulcis in fundo, vengono citati gli articoli 2, 3 e 97 della Costituzione perché la norma inciderebbe sull’autonomia dell’Ente di decidere dove destinare le risorse dei propri iscritti

In attesa che si esprima la Corte costituzionale, il Presidente della Cassa dei dottori commercialisti, Renzo Guffanti, si dice soddisfatto consapevole però “che questo sia solo un primo passo, si tratta comunqe di una autorevole conferma della fondatezza delle argomentazioni giuridiche portate avanti in questi ultimi anni. Nel 2014 la Cassa ha versato oltre 50milioni di euro di imposte, mentre gli oneri da spending review ammontano  a circa 600mila euro, contribuendo in misura significativa al fabbisogno dello Stato. Intendiamo però tutelare la natura privata del risparmio previdenziale che viene gestito per far fronte ai futuri impegni nei confronti dei nostri iscritti e che non può essere trattato alla stregua di un bancomat”.