Ricerca Ipsos. Donne, madri, mogli e manager delle cure familiari

769

“Per quasi 9 donne su 10 il caregiving familiare è una realtà quotidiana e per 1 su 5 è un impegno sentito come gravoso”, è quanto emerge dalla ricerca “Soprattutto donna! Valore e tutela del caregiver familiare” condotta da Ipsos per Farmindustria, e presentata mercoledì a Roma.

Si tratta di vere e proprie manager delle cure familiari che assistono un parente ammalato o disabile e parlano con il medico di famiglia, il pediatra, il cardiologo, l’oncologo e così via. Donne che per conciliare esigenze familiari e lavorative trascurano gli interessi personali e persino la salute. E in alcuni casi sono lasciate sole nella gestione della propria malattia, anche se grave.

Lo studio ha preso in esame un campione di 800 donne adulte: solo per il 14% delle italiane il coinvolgimento come caregiver è nullo o quasi. Per il restante 86%, con diversi gradi di intensità, l’equilibrismo tra troppi ruoli e compiti è una realtà quotidiana. Le necessità familiari che ruotano attorno alla sfera della salute sono di competenza delle donne che sono presenti al momento della prevenzione (66%), vegliano sul percorso terapeutico (65%), sono l’interlocutore privilegiato del medico nella fase della diagnosi (58%) e della terapia (59%). Tale incombenza è ancora più intensa quando si tratta della salute dei bambini, quando la donna delega solo in una ristrettissima minoranza di casi al proprio partner la cura (6%) e i rapporti con il pediatra (5%).

Ma non solo. Quando sono loro ad avere bisogno di cure si “ritrovano sole”: nel 46% dei casi di problemi lievi di salute e nel 29% degli eventi più gravi, la donna fa da sé. E più è abituata ad assumersi molteplici incombenze più non chiede aiuto né si “appoggia” ad altri per affrontare la propria malattia: il 68% delle donne con alto tasso di coinvolgimento nel caregiving si “arrangiano appunto da sole”.

“Le donne oggi sono sempre più ‘superdonne’ – ha commentato Massimo Scaccabarozzi, presidente di Farmindustria –. Sono loro infatti la vera colonna portante della famiglia e della società. Proprio per questo vogliamo lanciare un’alleanza terapeutica che definiamo della tripla A (Appropriatezza-Aderenza-Alleanza). Con l’organizzazione di corsi specifici per i medici di medicina generale e i pediatri che a loro volta possono contribuire alla formazione delle caregiver all’appropriatezza e all’aderenza delle cure”.

Un terzo circa (28%) delle donne intervistate ha in famiglia almeno un soggetto bisognoso di accudimento, perché portatore di una fragilità. In prevalenza di tratta di persone anziane, più o meno autosufficienti (20% in totale) ma in un caso su dieci si tratta di un malato grave o di un soggettodisabile.

Nelle famiglie in cui la donna si occupa di qualcuno gravemente malato, nel 9% dei casi si tratta di una persona anziana (madri, padri, un coniuge), mentre più rari sono i figli gravemente malati ad essere accuditi. Anche in questo caso, la delega è quasi nulla: un terzo delle donne fa senza aiuti, circa la metà può contare su un aiuto in famiglia mentre soltanto nel 14% dei casi, ci si appoggia ad un aiuto esterno.

Ovviamente questo incide sulla propria soddisfazione personale (51% insoddisfatte, tra coloro che si occupano di un malato grave). L’elevato coinvolgimento e lo sforzo che il caregiving richiede loro fanno sì che la percezione delle donne rispetto allo stato delle politiche di welfare in Italia risulti arretrato quando confrontato al resto dell’Europa (per il 69% delle intervistate).

Il 46% delle donne intervistate ha affermato che il “Sistema” così com’è non è sostenibile. Tra le lavoratrici circa un quarto (23%) dispone in azienda di una qualche misura di sostegno, ma solo il 7% ne fa uso e comunque lo giudica un’ottima misura di gestione del work-life balance.

“Nel 90% dei casi la donna è caregiver e nel 60% dei casi è manager della famiglia. Spesso le persone anziane non assumono farmaci come dovrebbero e questo porta a maggiori spese per via delle maggiori ospedalizzazioni. Grazie a questo ruolo femminile, che va valorizzato, abbiamo delle persone più in salute e diamo un ulteriore contributo alla sostenibilità perché un’aderenza alla terapia previene dei ricoveri ospedalieri che hanno un impatto psicologico e non solo economico per il paziente che li subisce”, ha concluso il presidente di Farmindustria Massimo Scaccabarozzi.

E gli esperti riuniti nel convegno lanciano un appello alle istituzioni.

“Questo ruolo va riconosciuto – ha spiegato Adriana Bonifacino, presidente Incontra Donna e responsabile senologia dell’ospedale Sant’Andrea di Roma – .Vogliamo fare proposte concrete alle istituzioni per una maggiore appropriatezza delle cure. Vanno coinvolte le società medico scientifiche per una maggior coinvolgimento dei medici su questo tema e anche le associazioni potrebbero occuparsi della formazione dei caregiver”.