“La vitalità di un sistema economico dipende in modo rilevante dalla nascita e dalla crescita di nuove imprese”, è quanto si legge in uno dei rapporti Execelsior che vede Unoncamere e Anpal analizzare le dinamiche inerenti il nuovo mercato del lavoro, i profili da questo richiesti, il ruolo sempre più determinante della formazione e dei tirocini, le risposte che arrivano dal mondo delle professioni. Studi, report, focus che si possono leggere e scaricare cliccando su http://excelsior.unioncamere.net/index.php?option=com_content&view=featured&Itemid=435.
Prendiamo in esame i due report sulle imprese, quello che riguarda le imprese di nuova nascita e quello che analizza le imprese innovatrici.
“L’analisi delle dinamiche relative alla natalità imprenditoriale – si legge nella prefazione del primo studio studio – è pertanto un elemento particolarmente significativo per valutare la capacità di rinnovamento del tessuto imprenditoriale e di sviluppo di un sistema economico territoriale. Il 28% di chi mette in campo una nuova impresa era già imprenditore o libero professionista, e quindi ha sostanzialmente proseguito una carriera imprenditoriale precedente; un altro 16% svolgeva un’attività parasubordinata di collaborazione coordinata, mentre circa un terzo ha alle spalle un lavoro dipendente. Il restante 27% era in cerca di lavoro o non era interessato a lavorare”.
Cosa spinge un libero professionista a “reinventarsi” e dare avvio ad una nuova impresa?
Il report sostiene che “prevale soprattutto la presenza di opportunità di mercato, il desiderio di valorizzare le proprie competenze e esperienze professionali o di conseguire un successo (personale e economico); quest’ultima in crescita nel 2017. Viceversa, la motivazione della necessità di trovare lavoro, che nel 2016 era seconda solo alla presenza di opportunità di mercato, nel 2017 si ridimensiona a favore della “ricerca del successo personale ed economico”.
Ma quanto costa mettere in piedi una nuova impresa? Quali capitali deve avere un professionista per dare avvio alla propria azienda/studio?
In circa la metà dei casi, il capitale iniziale investito è stato inferiore a 5 mila euro; in un quinto dei casi si colloca tra 5 e 10 mila euro e in altrettanti casi tra 10 e 50 mila. Solo in un numero limitato di casi (l’8%) il progetto imprenditoriale ha richiesto più di 50 mila euro di investimento iniziale.
E se questa è la realtà delle imprese “classiche” cosa succede in quelle definite innovative?
“Le imprese innovatrici rispondono, sostanzialmente, ai principi e linee guida del “Piano Industria 4.0”, il cui obiettivo è quello di consentire alle imprese di cogliere le opportunità legate alla quarta rivoluzione industriale, prevedendo un insieme di misure volte a favorire gli investimenti per sviluppare innovazioni e per migliorare la competitività . La differenza fondamentale di questo Piano rispetto al passato consiste nel fatto che le misure previste possono essere attivate da ogni azienda in modo automatico (sostanzialmente nella forma del credito d’imposta) senza ricorrere a bandi o sportelli e senza vincoli dimensionali, settoriali o territoriali.
“Da qui al 2022 saranno necessari oltre 2milioni e mezzo di occupati, dipendenti e autonomi – si legge nello studio Unioncamere/Anpal – Oltre il 70% dei nuovi ingressi, dovrà essere altamente specializzato, possedere competenze elevate e qualificate, con una parte consistente di laureati in ingegneria, economia e nel settore sanitario (farmacisti, medici, ricercatori farmaceutici, specialisti nelle scienze della vita e della salute), esperti di blockchain e di privacy, specialisti di intelligenza artificiale e di media digitali. Già oggi sono stati individuati gli “introvabili” ossia tecnici informatici, fisici, chimici e ingegneri e non perchè non ce ne siano ma sostanzialmente perchè su un fabbisogno di quasi 80omila laureati, nei prossimi 5 anni, dalle nostre università ne “usciranno” 674mila.
“Non è un mistero che nel prossimo breve-medio periodo ci sarà una elevata richiesta di professioni qualificate – ha spiegato il presidente di Unioncamere Ivan Lo Bello, durante la presentazione dell’ultimo focus – ma questa domanda rischia di restare inevasa in assenza di un adeguato orientamento che consenta ai potenziali candidati di sviluppare le competenze richieste dal mercato”.
Parola d’ordine, quindi, ancora una volta è Formazione!