Ocse “Nel 2050, anche in Italia, più inattivi che lavoratori”

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L’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico non sembra avere dubbi: anche nel nostro Paese il rapporto tra lavoratori e pensionati potrà superare 1 ad 1.

Secondo l’ultimo studio Ocse “Working Better with Age”, presentato a Tokio, infatti, il numero di persone over-50 inattive o pensionate che dovranno essere sostenute dai lavoratori potrebbe aumentare di circa il 40%, arrivando nell’aera Ocse a 58 su 100. E in Italia, Grecia e Polonia il rischio è di arrivare ad una realtà nella quale gli over-50 fuori dal mondo del lavoro sulle spalle di ogni lavoratore supereranno la proporzione di 1 a 1. Un futuro “buio” al quale sembra che difficilmente il nostro Paese si sottrarrà. A meno che non vengano adottate misure e politiche mirate.

Due i fattori scatenanti: il rapido invecchiamento della popolazione e la scarsa volontà di continuare a lavorare fino o dopo i 65 anni di età.

Nella prefazione dello studio si legge “Le persone oggi vivono più a lungo ma ciò che è un vantaggio per gli individui può essere una sfida per le società. Se non si fa nulla per modificare i modelli di lavoro e pensionistici esistenti, il numero di persone anziane inattive che dovranno essere supportate da ciascun lavoratore potrebbe aumentare di circa il 40% tra il 2018 e il 2050 in media nell’area OCSE. Ciò metterebbe un freno all’aumento del tenore di vita e all’enorme pressione sulle giovani generazioni che finanzieranno i sistemi di protezione sociale. Il miglioramento delle prospettive occupazionali dei lavoratori più anziani sarà cruciale. Allo stesso tempo, sarà necessario adottare un approccio nel corso della vita per evitare l’accumulo di svantaggi individuali rispetto alle carriere lavorative che scoraggiano o impediscono il lavoro in età avanzata.”

Cosa fare?

Di fronte al rapido invecchiamento della popolazione, l’Ocse invita i governi a promuovere “maggiori e migliori opportunità di lavoro in età avanzata per proteggere gli standard di vita e la sostenibilità delle finanze pubbliche”.

Ritardando l’età media in cui i lavoratori più anziani lasciano la forza lavoro e riducendo il divario di genere tra i giovani che entrano nel mercato del lavoro, l’aumento medio per l’area Ocse potrebbe infatti essere ridotto al 9%.

“Il fatto che le persone vivano più a lungo e in una salute migliore è un risultato da celebrare – ha affermato Stefano Scarpetta, direttore dell’Organizzazione per l’Occupazione, il lavoro e gli affari sociali, al lancio del rapporto a Tokyo – Ma un rapido invecchiamento della popolazione richiederà un’azione politica concertata per promuovere l’invecchiamento attivo in modo da compensare le sue conseguenze potenzialmente gravi per gli standard di vita e le finanze pubbliche”.

Certo molti progressi sono stati fatti in questi anni ma non sembrano essere sufficienti. In tutti i Paesi Ocse, l’età effettiva in cui gli anziani escono dal mercato del lavoro è ancora più bassa oggi rispetto a 30 anni fa, nonostante un numero maggiore di anni rimanenti di vita. Ciò è spiegato da una combinazione di scarsi incentivi a continuare a lavorare in età avanzata, riluttanza dei datori di lavoro ad assumere e trattenere lavoratori più anziani e investimenti insufficienti nell’occupabilità per tutta la vita lavorativa.

Nel report si legge “Ulteriori misure sono necessarie in molti paesi per garantire che il lavoro in età avanzata sia incoraggiato e non penalizzato. Le norme sull’occupazione e le retribuzioni per anzianità dovrebbero essere riviste e riformate ove necessario in modo da aumentare la domanda di lavoro per i lavoratori più anziani e scoraggiare il ricorso a forme precarie di occupazione dopo una certa età. Sono inoltre necessarie una maggiore flessibilità nell’orario di lavoro e migliori condizioni di lavoro in generale. Ad esempio, un lungo orario di lavoro può dissuadere alcune persone anziane dal lavorare più a lungo e impedire ad alcune donne, che tornano dalle pause di educazione dei figli, di perseguire carriere lavorative più lunghe. Cattive condizioni di lavoro in giovane età possono portare a cattive condizioni di salute e al pensionamento anticipato in età avanzata”.

“È anche importante investire nelle competenze dei lavoratori più anziani – afferma l’OCSE – Molti di loro mostrano livelli più bassi di prontezza digitale rispetto ai loro figli e nipoti e partecipano molto meno alla formazione professionale rispetto ai lavoratori più giovani.

“Un fattore chiave che impedisce ai lavoratori più anziani di colmare il divario di competenze con i dipendenti più giovani sta nel fatto che i datori di lavoro di solito non vedono i vantaggi di investire nella formazione dei loro dipendenti più anziani” – ha affermato Stefano Scarpetta – Fornire buone opportunità ai lavoratori per migliorare le proprie competenze e apprenderne di nuove durante le loro carriere lavorative è un requisito fondamentale per favorire una vita lavorativa più lunga in lavori di buona qualità”.

La raccomandazione che il Consiglio OCSE rivolge ai Governi si può riassumere in tre grandi aree:

Premiare il lavoro in età avanzata:
i) garantendo che il sistema pensionistico incoraggi e ricompensi il pensionamento successivo in linea con una maggiore aspettativa di vita e fornendo una maggiore flessibilità nelle transizioni tra lavoro e pensionamento;
ii) limitare l’uso di piani di prepensionamento finanziati con fondi pubblici e scoraggiare il pensionamento obbligatorio da parte dei datori di lavoro;
iii) garantire che le prestazioni previdenziali siano utilizzate per fornire sostegno al reddito per coloro che non sono in grado di lavorare o cercano attivamente lavoro e non come regimi di prepensionamento di fatto.

Incoraggiare i datori di lavoro a trattenere e assumere lavoratori più anziani:
i) affrontando la discriminazione basata sull’età nelle assunzioni;
ii) cercare una migliore corrispondenza tra i costi del lavoro e la produttività dei lavoratori più anziani, lavorando con le parti sociali per rivedere le pratiche di fissazione dei salari ed eliminare le regole speciali di protezione del lavoro basate sull’età;
iii) incoraggiare le buone pratiche dei datori di lavoro nella gestione di una forza lavoro diversificata per età.

Promuovere l’occupabilità dei lavoratori durante la loro vita lavorativa:
i) migliorando l’accesso all’apprendimento permanente e al riconoscimento delle competenze;
ii) migliorare le condizioni di lavoro e la qualità del lavoro a tutte le età;
iii) fornire un’assistenza occupazionale efficace ai lavoratori più anziani che affrontano la perdita di posti di lavoro o desiderano trovare un altro lavoro.