Cassa Notariato. Nardone “Noi difensori della legalità”

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“Sono stati tutti uomini che hanno dimostrato, nei fatti di avere coraggio, il coraggio della vita quotidiana, ma questo non significa che non hanno avuto paura, soltanto che da persone coraggiose quali erano non si sono fatti governare e paralizzare da essa, anzi hanno imparato ad usarla per rafforzare la fiducia in sé stessi e nelle Istituzioni, per spingersi avanti invece che farsi frenare” così il Presidente della Cassa del Notariato, Francesco Giambattista Nardone, durante la presentazione del bellissimo libro “RITRATTI DEL CORAGGIO Lo Stato italiano e i suoi magistrati “che racconta la vita e il sacrificio di tantissimi magistrati .

Un intervento che dal ricordo e dall’analisi giunge fino a affermare l’impegno che gli iscritti alla Cassa da lui presieduta portano avanti perché, sostiene Nardone “se è vero, com’è vero, che un paese moderno non può̀ vivere senza le regole indispensabili al suo corretto sviluppo è pur vero che non può̀ fare a meno di chi da diversi versanti le faccia rispettare e i notai nell’esercizio della pubblica funzione adempiono al loro compito di difensori della legalità anche quando è scomodo o non conveniente.

L’intervento del presidente Nardone

È con vero piacere che porgo il saluto della Cassa Nazionale del Notariato a tutti partecipanti all’incontro odierno, che si tiene in modalità telematica, promosso dall’Accademia del Notariato per presentare il libro “Ritratti del Coraggio – Lo Stato italiano e i suoi magistrati” curato da Stefano Amore, magistrato presso la Corte Costituzionale, nel quale 20 autorevolissimi magistrati, raccontano la storia di ben 28 loro colleghi assassinati dal 1960 al 2015, di servitori dello Stato che hanno sacrificato la vita andando contro il proprio interesse personale pur di servire un ideale di giustizia, che hanno affrontato enormi sacrifici pur di seguire la propria coscienza.

È un elenco impressionante che non ha eguali in nessun altro paese del mondo. Anche in Paesi devastati per decenni dalla guerra civile, siano essi europei, africani, sud americani, non troviamo nulla del genere.

Uno dei meriti di questo libro, a mio giudizio, è quello di avere evitato commemorazioni rituali capaci di ridurre a mere icone uomini che hanno vissuto con passione, hanno molto amato il loro Paese, sicuramente hanno sofferto e, in alcuni casi, sono stati lasciati soli vittime di campagne di delegittimazione orchestrate sia dai pentiti, sia dalla stampa, sia da alcuni apparati delle Istituzioni.

La lettura di questo libro ci invita a riflettere su quel che il nostro Paese ha vissuto in periodi tra i più angosciosi della sua storia e evidenzia come dai magistrati, la cui storia è raccontata in questo libro, sia venuto un contributo peculiare di fermezza, di coraggio e insieme di quotidiana serenità e umanità nello svolgimento di una funzione essenziale per poter resistere all’ondata terroristica e averne ragione cadendo vittime, come tanti altri servitori dello Stato, della follia omicida di gruppi terroristici o dello spietato attacco delle mafie.

È un modo di restituire alla memoria riconoscente di ogni lettore l’immagine – i volti, i percorsi di vita e di morte dei magistrati caduti: i percorsi di vita innanzitutto, perché non è accettabile che quegli uomini siano ricordati solo come vittime e non come persone che hanno vissuto, hanno avuto i loro affetti, il loro lavoro, il loro posto nella società prima di cadere per mano criminale.

Sono stati tutti Uomini che hanno dimostrato, nei fatti di avere coraggio, il coraggio della vita quotidiana, ma questo non significa che non hanno avuto paura, soltanto che da persone coraggiose quali erano non si sono fatti governare e paralizzare da essa, anzi hanno imparato ad usarla per rafforzare la fiducia in sé stessi e nelle Istituzioni, per spingersi avanti invece che farsi frenare

 

Il Giudice Giovanni Falcone ad una specifica domanda, se avesse paura, rivoltagli da un giornalista così rispose: “L’importante non è stabilire se uno ha paura o meno, è saper convivere con la propria paura e non farsi condizionare dalla stessa. Ecco, il coraggio è questo, altrimenti è incoscienza”.

Il coraggio, come ogni altro comportamento umano, non è innato, non arriva dall’alto, non capita per caso. Nessuno nasce coraggioso o vigliacco e pauroso, per avere coraggio ci vuole chiarezza, occorre soprattutto percepire in maniera nitida cosa conta davvero.

I coraggiosi Magistrati uccisi sapevano cosa contava per loro: hanno speso la propria vita nell’affermazione dei principi dello Stato di diritto ed hanno manifestato un senso elevato delle Istituzioni e del rispetto loro dovuto; hanno dimostrato che per loro l’unica cosa che contava e che avrebbe potuto sconfiggere le forze dell’anti-Stato era compiere il proprio dovere fino in fondo, anche a costo dell’estremo sacrificio.

Il Giudice Giovanni Falcone ripeteva, spesso, che la lotta alla mafia non era una lotta personale tra lui, il pool di magistrati e la mafia. E continuava dicendo: se si capisse che questo deve essere un impegno – straordinario nell’ordinarietà – di tutti nei confronti di un fenomeno che è indegno di un paese civile, certamente le cose andrebbero molto meglio.

Senza ombra di dubbio tutti i Magistrati uccisi amavano la vita, i loro cari, le piccole grandi cose quotidiane, a cui ognuno di noi è legato. Non volevano morire per diventare eroi e martiri ma avevano la piena consapevolezza del loro compito e della necessità di operare evitando di farsi condizionare dalla certezza che tutto avrebbe potuto costare loro caro, molto caro.

A distanza di così tanti anni dall’uccisione di questi Magistrati possiamo affermare, senza tema di smentite, che il loro insegnamento, il loro esempio, i valori da loro manifestati, sono sopravvissuti, si sono rafforzati oltre la loro morte e diffondendosi hanno trasmesso aspirazione di libertà dal crimine, radicandosi nella coscienza e nell’affetto delle tante persone oneste.

Quale insegnamento possiamo trarre da questo loro sacrificio: continuare la loro opera, aggiornare e innovare le norme, operare con lucidità e determinazione, farsi guidare dalla cultura della legalità, operare per il bene comune sanando e non rompendo, denunciando con franchezza le indifferenze, le inerzie personali e istituzionali.

Voglio sperare che il sacrificio di tutti questi Magistrati e di tutti gli altri servitori dello Stato, caduti nell’adempimento del loro dovere per la difesa di valori irrinunciabili come la dignità, il rispetto della Legge, la Giustizia, possa contribuire a riscattare la coscienza collettiva e affermare la determinazione a combattere la mafia e tutte le connessioni che essa genera.

Più la società civile reagisce, maggiore è la forza dell’azione della Magistratura e delle Istituzioni. E, allo stesso modo, maggiore è l’impatto delle azioni di contrasto, più forte è l’impegno della società civile.

Il sacrificio di questi Magistrati reclama a gran voce la necessità di esercitare il coraggio nelle piccole o grandi scelte di ogni giorno, in ambito professionale così come nella vita privata.

Raccontare la loro dedizione e la loro professionalità, la passione civile e il coraggio che li hanno animati nella lotta contro le forze della violenza eversiva, del crimine, dell’anti-Stato è un preciso dovere di noi tutti. È infatti necessario tenere sempre alta la guardia contro il riattizzarsi di focolai di fanatismo politico e ideologico, sia contro l’aggressione mafiosa, per dire no alla violenza e alla rottura della legalità in qualsiasi forma. Sono convinto che anche questo sia il contributo che può venire, specie alle nuove generazioni, da una sempre più ricca pratica della memoria agevolata certamente dalla lettura di questo libro.

Nel nostro Paese i confini fra legale e illegale costituiscono una linea di frattura che attraversa l’economia e la politica a diversi livelli, intrecciandosi su svariati piani e questo fa sì che non si creino due blocchi contrapposti facilmente identificabili quanto, piuttosto, continui e frequenti intrecci. Ne consegue che il problema non è tanto l’assenza della legalità, quanto la sua debolezza, o più precisamente la compresenza di diversi livelli di illegalità

La legalità è insieme rispetto e pratica delle leggi, non solo rispetto di norme imposte dall’alto, ma pratica quotidiana di regole condivise e, intesa nella sua più ampia accezione è dunque essenziale come fondamento di uno sviluppo economico e sociale.

Il notariato è pronto fare la sua parte, al fianco delle Istituzioni, perché se è vero, com’è vero, che un paese moderno non può̀ vivere senza le regole indispensabili al suo corretto sviluppo è pur vero che non può̀ fare a meno di chi da diversi versanti le faccia rispettare e i notai nell’esercizio della pubblica funzione adempiono al loro compito di difensori della legalità anche quando è scomodo o non conveniente.