Covip, Padula “Necessario rinnovare patto generazionale”

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“Quest’anno la Relazione Annuale è presentata in un contesto del tutto straordinario: la crisi epidemiologica, le misure di contenimento del contagio, l’impatto sull’economia e sulla società sono eventi pressoché senza precedenti, un’incognita con la quale necessariamente misurarsi, pur in un quadro di perduranti incertezze a livello globale.” Con un video messaggio il Presidente della Covip, Mario Padula, da inizio alla presentazione del Rapporto annuale dopo aver prima rivolto “a nome di tutta l’Autorità, un pensiero commosso a tutte quelle famiglie colpite negli affetti più cari dalla pandemia di COVID-19”.

“Se di norma nelle Considerazioni annuali la COVIP fornisce un quadro sulla situazione alla fine dell’anno trascorso e apre spunti di riflessione sulle possibili prospettive dei settori di competenza – sottolinea Padula – risulta in questa fase doveroso fornire anche le prime evidenze relative ai mesi iniziali del 2020, pur nella consapevolezza che alcune dinamiche conseguenti alla crisi epidemiologica non si sono ancora manifestate compiutamente e che quindi, per avere un quadro più chiaro delle ripercussioni, è necessario attendere qualche tempo”.

“Tuttavia, proprio in una condizione di incertezza come quella attuale, appare tanto più importante cercare di guardare – come tipicamente deve fare chi si occupa di temi previdenziali – oltre il breve spazio della contingenza. Le tematiche del rafforzamento strutturale di fondi pensione e casse professionali, del contributo che tali investitori istituzionali possono dare alla ripresa e allo sviluppo economico in coerenza con l’obiettivo di salvaguardare l’interesse degli iscritti, dell’inclusione previdenziale soprattutto delle fasce di lavoratori più esposti alle situazioni di crisi”.

 

L’intervento del Presidente Padula

Nell’assetto pensionistico di base del nostro Paese, per effetto della transizione demografica si sono dovuti operare negli anni significativi interventi che hanno determinato una più stretta connessione tra contributi e prestazioni. In tale contesto, si pone la questione dell’adeguatezza del risparmio previdenziale rispetto all’esigenza di assicurare condizioni eque e dignitose nell’ultima fase del ciclo di vita.

La previdenza complementare, supportata anche da benefici fiscali, costituisce una risposta concreta rispetto al rischio di prestazioni insufficienti e può costituire un contributo ad aumentare l’inclusione previdenziale in un sistema pensionistico concepito come unitario ma articolato su più pilastri.

Ripetutamente, negli anni passati, l’appuntamento della Relazione Annuale è stato per la COVIP l’occasione per fornire un quadro della partecipazione al sistema di previdenza complementare, dal punto di vista del coinvolgimento, tra l’altro, per genere, per età, per occupazione, per distribuzione territoriale, e sollecitare riflessioni e proposte con la finalità di aumentare il livello di inclusione previdenziale, soprattutto nelle realtà e nelle fasce di popolazione tra le quali la partecipazione è più contenuta. Abbiamo quindi discusso, anche lo scorso anno, di strategie per lo sviluppo delle adesioni, ad esempio mediante la valorizzazione della tecnologia per ampliare la possibilità di iscrizione online ovvero mediante la costruzione di reti di servizio in grado di avvicinare, sensibilizzare e guidare i lavoratori dipendenti nell’approccio al proprio fondo di riferimento. Abbiamo anche guardato il problema dal lato dell’educazione finanziaria e previdenziale, riconoscendo un ruolo centrale a questi temi, la cui valorizzazione è ormai da qualche anno rafforzata dall’attività del Comitato nazionale per l’educazione finanziaria, cui anche la COVIP partecipa per i profili appunto legati all’educazione previdenziale.

Consapevolezza delle esigenze, conoscenza degli strumenti, proattività nelle scelte sono passaggi essenziali nel percorso di costruzione di un piano previdenziale. Se le considerazioni allora svolte mantengono una perdurante attualità, nell’esplorare le prospettive della previdenza complementare non si può oggi non tener conto degli impatti della pandemia di COVID-19, pur nella consapevolezza dell’incertezza ancora ampia sul grado di intensità e di persistenza dello shock e dei suoi effetti sulla nostra società.

Le differenze riscontrate nella partecipazione al sistema, ad esempio tra uomini e donne, tra persone in età matura e giovani, tra aree del nord e aree del sud del Paese, in larga misura non sono variabili indipendenti, ma strettamente legate al differente livello di inclusione nel mercato del lavoro.

Questa considerazione, calata oggi in un contesto di maggiore difficoltà economica e smarrimento sociale, vieppiù preoccupa. Il rischio è che la crisi non solo riduca la propensione all’adesione a fronte di altre urgenti esigenze sopravvenute, ma determini addirittura la fuoriuscita dal sistema dei lavoratori, magari perché divenuti disoccupati, o ne ridimensioni la partecipazione, ad esempio per la necessità di fronteggiare un calo di reddito.

Tutto ciò rischia peraltro di tradursi in un’accentuazione delle differenze nel livello di inclusione previdenziale che ho appena richiamato, con un’ulteriore emarginazione delle categorie che per genere, per età, per area geografica si presentano più deboli. Non possiamo rischiare che queste categorie, quelle che avranno maggiormente bisogno di protezione nell’età anziana, vengano lasciate ai margini del sistema.

Oltre a intervenire per superare la marginalità, che è anzitutto marginalità rispetto al mercato del lavoro e che la crisi può contribuire ad ampliare, occorre valutare l’attivazione di incentivi fiscali che agevolino la ricostituzione delle posizioni nella fase di ripresa per quegli iscritti che abbiano fatto ricorso a forme di anticipazione, abbiano riscattato la posizione o abbiano interrotto la contribuzione.

Guardando ai primi impatti della crisi sull’assetto dei fondi pensione, si deve sottolineare che alcuni processi già avviati – anche nel recepimento dei principi della Direttiva IORP II – continueranno senza soluzione di continuità, pur potendo subire in qualche caso un rallentamento.

Si tratta di processi orientati agli obiettivi di rafforzamento strutturale, di aumento della capacità di gestione dei rischi, di consolidamento della fiducia che deve accompagnare rapporti destinati a protrarsi per un tempo lungo, quale quello tra il fondo e i propri iscritti. Tali obiettivi, che la crisi attuale non mette in alcun modo in discussione e che semmai rende ancora più salienti, definiscono una linea generale di tendenza alla cui chiara individuazione la regolamentazione e il sistema dei controlli hanno contribuito e continueranno a contribuire nel futuro.

E che tali obiettivi mantengano, anche in questa fase difficile, la loro validità è quanto è emerso da un’indagine che la COVIP ha condotto su un campione di fondi pensione, contattati per avere un primo riscontro circa l’impatto dell’epidemia.

Le forme pensionistiche complementari hanno dimostrato capacità di reazione sia per quanto attiene alla continuità operativa, sia in ordine alle modalità di interazione con gli iscritti, in alcuni casi anche intensificata e agevolata dalla valorizzazione di modalità di interlocuzione online. In tale quadro, un ruolo importante hanno avuto anche i siti web, attraverso i quali sono state veicolate informazioni e indicazioni comportamentali da numerosi fondi pensione, specie quelli rivolti a platee più estese e diffuse sul territorio, quali primariamente i fondi di categoria. In considerazione dell’andamento negativo dei mercati finanziari, la gran parte dei fondi pensione negoziali ha divulgato ai propri iscritti l’invito a non compiere scelte sull’onda emozionale, che potrebbero comportare il consolidamento di perdite.

Molti fondi hanno consentito agli aderenti di annullare le richieste di switch, anticipazione, trasferimento o riscatto in precedenza presentate. Dal punto di vista quantitativo, i dati disponibili, relativi ai primi mesi dell’anno, non sono ancora esaustivi dell’impatto che la crisi indotta dall’emergenza epidemiologica può determinare, ad esempio, sulla 27 continuità dei versamenti contributivi ovvero su un maggior ricorso alle prestazioni del fondo.

Tuttavia, nei prossimi mesi è ragionevole attendersi, anche in relazione all’entità della caduta dell’attività economica, la flessione dei contributi e l’incremento delle richieste di prestazioni. Le dimensioni effettive di questi fenomeni restano sotto osservazione da parte dell’Autorità di vigilanza, per poterne valutare l’impatto sui singoli fondi e sul sistema nel suo complesso e adottare le più adeguate misure per contenerne gli effetti o favorirne il recupero. Ciò che invece emerge come dato oggettivo è l’andamento negativo che ha caratterizzato i mercati finanziari all’inizio della pandemia.

Tuttavia, come già accaduto in precedenti situazioni di crisi, i fondi hanno contenuto le perdite, a conferma della validità dell’approccio gestionale seguito, che è in grado di mitigare l’impatto disituazioni di mercato avverse e dell’aumento della volatilità. Nel primo trimestre, i rendimenti medi sono stati in generale negativi e di entità maggiore al crescere della quota di portafoglio investita in titoli azionari.

Al netto dei costi di gestione e della fiscalità, i fondi negoziali hanno perso il 5,2 per cento; il 7,5 e il 12,1, rispettivamente, i fondi aperti e i PIP di ramo III, caratterizzati in media da una maggiore esposizione azionaria.

Per le gestioni separate di ramo I, che contabilizzano le attività a costo storico e non a valori di mercato e i cui rendimenti dipendono in larga parte dalle cedole incassate sui titoli detenuti, il risultato è stato positivo (0,4 per cento). 28 Valutando i rendimenti su orizzonti più propri del risparmio previdenziale, l’impatto della crisi appare tuttavia più limitato. Considerando l’andamento dei fondi pensione dall’inizio del 2010 al primo trimestre dell’anno, i rendimenti medi annui composti sono stati positivi e pari, rispettivamente, al 3 per cento per i fondi negoziali e i fondi aperti, al 2,4 e al 2,5 per cento per i PIP di ramo III e per quelli di ramo I.

La rivalutazione del TFR nello stesso periodo si attesta al 2,0 per cento. Sulle ripercussioni dell’emergenza epidemiologica sul sistema finanziario e, per quanto qui più direttamente rileva, dei fondi pensione si sta concentrando anche l’attività in corso in sede europea e internazionale, per individuare gli elementi di rischio e le linee di intervento più appropriate. In ambito europeo, in particolare, la COVIP partecipa a tale attività in sede EIOPA. In detta sede è stato elaborato un documento, non vincolante, che riassume alcuni principi su cui basare le azioni utili a mitigare l’impatto della crisi sul sistema di fondi pensione occupazionali. In ragione delle differenze esistenti tra i sistemi di previdenza complementare nei vari paesi, ci si aspetta che le Autorità di vigilanza nazionali declinino tali principi con un approccio risk-based e con criteri di proporzionalità.

Le iniziative fin qui assunte dalla COVIP così come i comportamenti adottati dai fondi, come emerso dall’indagine cui ho accennato in precedenza, si pongono in linea con quanto maturato in sede europea. L’emergenza epidemiologica conferma l’importanza del rafforzamento strutturale dei fondi pensione. Sempre più decisamente ai fondi è chiesto di essere in grado di valutare, gestire e monitorare i rischi, generici e specifici, che ne accompagnano l’attività.

Rischi che – come appunto dimostrano gli eventi degli ultimi mesi – possono assumere forme inattese e dimensioni imprevedibili. Nella prospettiva attuale, perciò, ancor più si comprende l’enfasi che il legislatore comunitario ha inteso porre sulla realizzazione di un organizzato ed efficace sistema di gestione del rischio, imperniato sulle cosiddette “funzioni fondamentali”, di cui i fondi si stanno dotando e che potranno contribuire ad accrescere, da una parte, il livello di tutela degli iscritti e, dall’altra, la stabilità del sistema.

Dal rafforzamento strutturale dipende anche il ruolo che i fondi pensione, così come le casse professionali, possono svolgere per lo sviluppo dei mercati finanziari e la crescita dell’economia. L’emergenza epidemiologica e le sue ricadute sull’attività economica non ridimensionano il ruolo che il capitale paziente può svolgere nel finanziamento dell’economia.

Ne ridefiniscono, tuttavia, i contorni. L’aumento dell’incertezza, anche riguardo ai flussi contributivi futuri, può indurre a ritardare decisioni caratterizzate da un più elevato grado di irreversibilità, come quelle che comportano l’inclusione nei portafogli di attività meno liquide.

Per converso, i fondi pensione, proprio perché depositari di un capitale paziente che guarda al lungo periodo, possono fornire un contributo di liquidità e quindi di stabilizzazione a mercati la cui volatilità questa crisi ha particolarmente accresciuto. Per esercitare pienamente questo ruolo occorrono soggetti sempre più capaci di operare in condizioni di incertezza producendo decisioni che sono 30 rese sempre più complesse dall’evoluzione continua degli strumenti di investimento e dello stesso universo investibile, che ora, anche con riguardo al nostro Paese, comincia a includere attività non tradizionali, tipicamente non negoziate nei mercati regolamentati, caratterizzate da un più elevato grado di illiquidità.

Ed è proprio in un’economia come quella italiana, caratterizzata da un tessuto industriale fortemente parcellizzato e da un mercato dei capitali di dimensioni ridotte nel confronto internazionale, che queste attività di tipo non tradizionale possono offrire un contributo allo sviluppo dei mercati dei capitali ed alla crescita economica. In questo contesto, oltre al rafforzamento strutturale, appaiono elementi decisivi la chiarezza, la tracciabilità e la trasparenza dei processi decisionali insieme con l’efficienza dei processi operativi. Tali decisivi elementi sono un essenziale presidio per la tutela degli interessi degli iscritti, cui anche l’attività della COVIP è preordinata.

Occorre tuttavia che le scelte e le responsabilità che competono ai singoli operatori possano inquadrarsi in una cornice normativa sufficientemente stabile e nel contesto di politiche economiche e finanziarie a sostegno della ripresa che, superati i – pur necessari – interventi immediati, sappiano individuare con lungimiranza le migliori soluzioni in un piano strategico di interventi per il Paese. Anche per raccogliere tale sfida, i fondi dovranno poter contare su strutture solide per organizzazione e dimensione, su un accresciuto sistema 31 di valutazione e gestione dei rischi, su processi decisionali di qualità e processi operativi efficienti.

E’ necessario un rinnovamento del patto tra generazioni che guardi ai giovani, per assicurare loro spazi adeguati di lavoro e di vita, e agli anziani, per garantire loro la serenità di cui hanno bisogno.

In tale prospettiva, si tratta di ripartire, con l’impegno di tutti, istituzioni e operatori, per costruire un sistema previdenziale inclusivo e solido, in grado di coniugare sostenibilità sociale e sostenibilità finanziaria, all’interno di un sistema economico che sappia guardare al futuro su basi più avanzate con speranza, coraggio e capacità di innovare.

Bisogna rendere il sistema più inclusivo, anzitutto agendo sui fenomeni di marginalità del mercato del lavoro, che questa crisi epidemiologica sta fortemente aggravando. Bisogna lavorare per aumentare la fiducia nel sistema, raccogliendo le sfide poste individualmente e collettivamente da una società in evoluzione e continuando a perseguire il rafforzamento strutturale e l’accrescimento dei presidi a tutela della qualità dei processi decisionali. Bisogna favorire lo sviluppo di quelle iniziative destinate al finanziamento della crescita delle imprese e delle infrastrutture del nostro Paese, con cui meritoriamente i fondi pensione hanno già cominciato a misurarsi.

Bisogna dunque ripensare, in un’ottica di rinnovata progettualità per il Paese, al ruolo che non solo gli investitori istituzionali ma anche il risparmio privato in generale possono svolgere per la crescita dell’economia e lo sviluppo dei mercati finanziari, affrontando con coraggio i problemi che un’economia, come quella italiana, pone anche in relazione al suo tessuto industriale e al suo mercato dei capitali, che non andrebbero riguardati come parametri, ma piuttosto come variabili, in un modello più moderno che sappia cogliere le sfide che nell’ultimo ventennio si sono presentate e quelle che nel prossimo futuro si presenteranno.

Bisogna fare tutto questo se si vuole costruire una società in cui al patto tra generazioni sia restituita la centralità che merita. Solo così, anche in tempi come questi, si potrà guardare al futuro con speranza.