Salario minimo. C’è la proposta di direttiva UE

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La Commissione europea ha presentato, nei giorni scorsi, una proposta di direttiva per garantire che i lavoratori dell’Unione siano tutelati da un salario minimo adeguato.

“La proposta di un salario minimo adeguato – ha dichiarato la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen – è un segnale importante che anche in tempi di crisi la dignità del lavoro deve essere sacra. Abbiamo visto che per troppe persone il lavoro non paga più. I lavoratori dovrebbero avere accesso a salari minimi adeguati e a uno standard di vita dignitoso. Quello che proponiamo oggi è un quadro per il salario minimo, nel pieno rispetto delle tradizioni nazionali e della libertà delle parti sociali. Il miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro non solo proteggerà i nostri lavoratori, ma anche i datori di lavoro che pagano salari dignitosi e creerà le basi per una ripresa equa, inclusiva e resiliente”.

Per Il vicepresidente esecutivo per un’economia che funziona per le persone, Valdis Dombrovskis, “È importante garantire che anche i lavoratori a basso salario traggano vantaggio dalla ripresa economica. Con questa proposta vogliamo assicurarci che i lavoratori dell’UE guadagnino un reddito dignitoso vivono ovunque lavorino. Le parti sociali hanno un ruolo cruciale da svolgere nella negoziazione dei salari a livello nazionale e locale. Sosteniamo la loro libertà di negoziare i salari in modo autonomo e, laddove ciò non sia possibile, forniamo un quadro per guidare gli Stati membri nella fissazione dei salari minimi”.

Nicolas Schmit, Commissario per l’Occupazione e i diritti sociali, ha sottolineato come “Quasi il 10% dei lavoratori nell’UE vive in povertà: questo deve cambiare. Le persone che hanno un lavoro non dovrebbero lottare per sbarcare il lunario. I salari minimi devono recuperare terreno rispetto ad altri salari che hanno visto una crescita negli ultimi decenni, lasciando i salari minimi in ritardo. La contrattazione collettiva dovrebbe essere il gold standard in tutti gli Stati membri. Garantire che un salario minimo adeguato sia scritto in bianco e nero nel Principio 6 del pilastro europeo dei diritti sociali, che tutti gli Stati membri hanno approvato, quindi contiamo sul loro impegno continuo

Dove nasce la proposta

La proposta della Commissione ha “radici antiche”. Il salario minimo era, infatti, già contemplato nel Pilastro europeo dei diritti sociali (PEDS) .

I principi e diritti sanciti dal pilastro, preparato dalla Commissione sotto la guida del Vicepresidente Dombrovskis e della Commissaria Thyssen, in stretta consultazione con soggetti interessati, “sono articolati in tre categorie: pari opportunità e accesso al mercato del lavoro, condizioni di lavoro eque e protezione e inclusione sociali”.

“I lavoratori hanno diritto a salari equi che garantiscano un tenore di vita dignitoso – si legge tra di diritti e principi – Deve essere garantito un salario minimo adeguato, in modo da provvedere alla soddisfazione dei bisogni del lavoratore e della sua famiglia alla luce delle condizioni economiche e sociali nazionali, salvaguardando nel contempo l’accesso al lavoro e gli incentivi alla ricerca di lavoro. La povertà lavorativa deve essere prevenuta. Tutti i salari devono essere fissati in modo trasparente e prevedibile secondo le prassi nazionali e nel rispetto dell’autonomia delle parti sociali”.

Cosa contiene

La proposta della Commissione rispetta pienamente il principio di sussidiarietà: stabilisce un quadro per le norme minime, rispettando e rispecchiando le competenze degli Stati membri e l’autonomia e la libertà contrattuale delle parti sociali in materia di salari. Non obbliga gli Stati membri a introdurre salari minimi obbligatori, né stabilisce un livello comune di salario minimo e mira a promuovere la contrattazione collettiva sui salari minimi in tutti gli Stati membri.

La proposta della Commissione sarà ora sottoposta all’approvazione del Parlamento europeo e del Consiglio. Una volta adottata, gli Stati membri avranno due anni di tempo per recepirla nel diritto nazionale.

La proposta, l’Italia e gli altri Paesi Ue

In Italia, in cui vige la contrattazione collettiva per oltre l’80% dei lavoratori non dovrebbe cambiare molto con la direttiva della Commissione europea sul salario minimo se non arrivare a coprire con un minimo garantito i lavoratori per i quali non esiste un CCN, i lavoratori precari e privi di contratto. Con il salario minimo obbligatorio dovrebbe essere determinata una paga oraria di base sotto la quale non si potrà scendere.

L’obiettivo della direttiva Ue sul salario minimo europeo va proprio nella direzione di spingere quei Paesi in cui la contrattazione collettiva non arriva a coprire il 70% dei lavoratori, a prevedere una normativa specifica.

La Germania ha annunciato che entro il 2022 il salario minimo sarà portato a 10,45 euro l’ora. Insieme all’Italia vi sono anche altri Paesi che non prevedono un salario minimo per legge e sono Austria, Danimarca, Svezia, Finlandia e Cipro.

Tra i “resistenti” all’introduzione di una norma UE sul salario minimo troviamo i Paesi del Nord Europa (Svezia, Danimarca e Finlandia) che difendono il loro modello di contrattazione, autonomo e mirato a garantire adeguate remunerazioni, e temono una possibile riduzione generalizzata dei salari, ma anche alcune  realtà dell’Europa orientale dove la contrattazione collettiva è meno consolidata e i salari sono mediamente bassi, come in Polonia, Ungheria, Repubblica Ceca e Slovacchia, e le parti datoriali sono contrarie a un aumento complessivo dei salari.