Dall’Equo compenso al Ddl Malattia, i professionisti attendono

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Il Parlamento dovrebbe affrontare le “questioni” rimaste in sospeso in autunno …  ma ad oggi i due temi che interessano direttamente il mondo delle professioni non sono stati calendarizzati. La nuova proposta sull’equo compenso, ad esempio, che dovrebbe estendere la tutela verso tutti i clienti dei professionisti compresa la pubblica amministrazione, vera novità contenuta nel nuovo testo, è ferma alla Commissione Giustizia della Camera.

Il testo era stato esaminato dalla Commissione Giustizia di Montecitorio ed era arrivato in Aula ma, dopo alcuni rilievi della commissione Bilancio (la preoccupazione è che possa comportare la revisione anche di compensi già pattuiti per prestazioni richieste da amministrazioni pubbliche), è ritornato in Commissione Giustizia.

La proposta di legge prevede anche l’istituzione, presso il ministero della Giustizia, dell’Osservatorio nazionale il cui compito è quello di vigilare sulle disposizioni sull’equo compenso. Questo dovrebbe essere composto da un rappresentante nominato dal ministero del Lavoro, da un rappresentante per ciascuno dei Consigli nazionali degli ordini professionali, da due rappresentanti, individuati dal ministero dello Sviluppo economico, per le associazioni di professionisti non iscritti a ordini e collegi, ed è presieduto dal ministro della Giustizia o da un suo delegato.

Ancora lungi dal vedere la luce è il disegno di legge che introduce una tutela nel caso in cui il professionista sia in malattia nel periodo in cui si presenta una scadenza per un adempimento fiscale o contributivo. Il professionista, in questo caso, avrebbe tempo 30 giorni per adempiere all’invio della documentazione. In ballo c’è anche la valutazione degli effetti economici che questo provvedimento potrebbe avere sulle casse dello Stato.

A marzo, infatti, sul Ddl Malattia era arrivato il veto della Ragioneria generale dello Stato. L’organo sottolineava la mancata previsione all’interno del testo della copertura finanziaria, ipotizzando che con un tasso di denunce d’infortunio pari al 3% la proposta di legge causerebbe un “danno” al gettito erariale di circa 236,3 milioni di euro.

Una valutazione contestata anche dall’associazione dei dottori commercialisti  che aveva dichiarato “Oggi i numeri a cui fa riferimento il primo firmatario del Ddl, il Sen. Andrea De Bertoldi, a seguito di approfondimenti che su questo aspetto si sono svolti con la Direzione generale delle Finanze del MEF, sono profondamente diversi, sostanzialmente confermando quanto sostenuto dall’ANC in ordine alle conseguenze della misura sul piano finanziario: una copertura che dovrebbe essere di circa 35 milioni di euro complessivi, tra mancate entrate di natura finanziaria e da contributi previdenziali”.

 

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