
Un fenomeno contingente, dovuto anche alle assunzioni nella pubblica amministrazione per la realizzazione dell’Ufficio del Processo, che non può tuttavia nascondere la forte preoccupazione della classe forense per la crisi economica generata dalla pandemia e, in prospettiva, aggravata dalla guerra Russia-Ucraina
Sono i dati salienti del nuovo Rapporto Censis sull’Avvocatura 2022, presentato oggi nella sede romana di Cassa Forense. Un lavoro di analisi imponente, per un sondaggio che quest’anno ha visto la partecipazione di oltre 30 mila avvocati e che, per questa edizione, ha cambiato metodo, da un lato aggiungendo alle consuete rilevazioni del Censis il patrimonio di dati e conoscenze di Cassa Forense, dall’altro unendo alla survey classica un’indagine qualitativa sulla domanda di servizi legali che ha interessato piccole e grandi imprese, organismi di rappresentanza, il mondo della consulenza.
Venendo ai dati contenuti nelle 90 pagine del Rapporto, ne emerge un quadro aggiornato della condizione degli Avvocati italiani, dei quali sono state raccolte le opinioni su argomenti centrali come le specializzazioni, i nuovi spazi di mercato, la risoluzione alternativa delle controversie, le pensioni future, il lavoro a distanza, i servizi e il supporto resi da Cassa Forense ai propri iscritti. Particolare attenzione poi è stata rivolta alla condizione delle donne avvocato e ai gap tuttora profondi da colmare soprattutto per quanto riguarda il reddito nelle fasi iniziali dell’accesso alla professione.
Dopo un lungo periodo di forte espansione numerica, che ha determinato un rilevante aumento degli iscritti contribuenti non pensionati, migliorando notevolmente il cosiddetto indice di dipendenza tra attivi e pensionati, cresciuto da circa 5 attivi per pensionato agli attuali 7,4 attivi per pensionato; tale crescita ha subito un arresto, determinando addirittura un’inversione di tendenza nell’ultimo anno solare. Il dato 2021 degli iscritti a Cassa Forense è di 241.830; di questi il 94,3% risulta attivo, mentre il restante 5,7% è rappresentato da pensionati contribuenti. Se rapportato alla popolazione italiana, il dato degli iscritti attivi è di 4,1 avvocati ogni 1.000 abitanti. La distribuzione per genere vede una leggera prevalenza maschile con il 52,3% sul totale. In termini assoluti sono 126mila gli avvocati uomini e 115mila le donne.
La distanza fra il reddito medio di una donna avvocato e quella di un collega uomo è tale che occorre sommare il reddito di due donne per sfiorare (e non raggiungere) il livello medio percepito da un uomo: 23.576 euro contro i quasi 51mila (tab. 13).La distanza fra i redditi è ancora più evidente se si prende in considerazione l’età anagrafica degli avvocati. Chi ha meno di trent’anni supera di poco la soglia dei 13mila euro di reddito, mentre solo a partire dai cinquant’anni è possibile raggiungere un livello superiore al valore medio (35.905 euro nella classe d’età 45-49 anni, 45.943 euro nella classe d’età 50-54 anni, tab. 14).
Su questo aspetto, il 28,4% dei rispondenti ha definito molto critica la situazione, con scarsità di lavoro e caratterizzata da un generale senso di incertezza. Accanto a ciò, circa un terzo degli avvocati definisce la situazione abbastanza critica, sebbene ci siano margini per superare le difficoltà (32,8%). Stabile e in continuità con il 2020, invece, la situazione per il 24,5%, mentre 14 avvocati su 100 rappresentano la quota di chi ha visto migliorare la propria condizione rispetto all’anno precedente.
Un dato di sintesi sulla condizione professionale in prospettiva può essere desunto dalla quota di professionisti che sta prendendo in considerazione l’ipotesi di lasciare l’attività. Sarebbe di quest’avviso circa un terzo degli avvocati (32,8%).
– E’ un’attività che comporta eccessivi costi e non è remunerativa – 63,7%
– Ho avuto un importante calo di clientela – 13,8%
– Ho deciso di cambiare attività – 10,7%
– Ho deciso di andare in pensione – 6,1%
– Ho deciso di dedicarmi alla famiglia – 2,0%La clientela
Se si prende come parametro di riferimento il fatturato del 2021 dichiarato e lo si legge in base alle tipologie di prestazioni e di clientela, si ottiene che circa il 43% del fatturato proviene prevalentemente da attività giudiziale in sede civile. La quota di fatturato derivante da attività stragiudiziale è pari al 17%, e, a seguire, quote di poco superiori al 10%riguardano i giudizi in sede penale, mentre per i giudizi in sede amministrativa la percentuale è dell’1,8%.
L’area dell’arbitrato e della mediazione resta minoritaria (meno del 2%), mentre raggiunge il7,2% la componente di fatturato collegata alla collaborazione con altri studi professionali.Le pensioni
Considerando il complesso delle pensioni erogate, 30.863 nel 2021, il 47,6% è costituito da pensioni di vecchiaia, mentre più di un terzo riguarda pensioni di reversibilità e indirette, i cui beneficiari sono coniugi o figli(fino al limite dei 26 anni) dei professionisti deceduti.
Nel 2021, i professionisti ancora contribuenti, che scelgono di continuare a lavorare dopo la pensione, sono 13.903: il rapporto fra questi ultimi e la somma delle pensioni di vecchiaia, delle pensioni contributive (iscritti per un periodo inferiore a 35 anni) e quelle in cumulo(pensioni erogate in parte pro quota da altri enti), è pari al 75,7%.
Con oltre 316 milioni di euro distribuiti direttamente, Cassa Forense si colloca al primo posto tra i diversi enti previdenziali dei professionisti. Il valore delle somme erogate costituisce il 29,6% del totale dei fondi distribuiti dall’insieme degli istituti di previdenza privata.
Il minor appeal dell’immagine dell’avvocato, molto di più se la si osserva dall’interno della professione, ma anche se si adotta una prospettiva di osservazione dall’esterno, si correla direttamente con l’incertezza attuale del ritorno economico.
Nell’area amministrativa prevale fra le opzioni degli avvocati il diritto dell’ambiente e dell’energia (36,5%), il diritto sanitario (34,5%), il diritto urbanistico, dell’edilizia e dei beni culturali (21,8%).Il mercato dei servizi legali
In generale, gli avvocati non credono di dover sacrificare il rapporto di fiducia con il cliente di fronte all’opzione della specializzazione. Il 42,2% considera preminente la possibilità di offrire una pluralità di servizi, seppure nell’ambito di realtà organizzative multidisciplinari e specialistiche, senza tralasciare o annullare il rapporto fiduciario.
Nel contesto dell’Avvocatura e nello specifico fra gli iscritti alla Cassa Forense, questo processo appare particolarmente evidente: nel 1985 solo il 9,2% degli avvocati iscritti era di genere femminile; ci sono voluti più di 35 anni perché la situazione potesse configurarsi in maniera quasi paritaria