Il Gender gap visto dai giovani avvocati

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Dal pay gap all’abbandono della professione a causa dell’impossibilità di coniugare lavoro e famiglia, l’ultimo rapporto targato Aiga è drammatico. Secondo l’Associazione dei giovani avvocati, infatti, tra i professionisti che percepiscono tra zero e 5 mila euro rientrano il 23,35% delle donne e il 15,94% degli uomini. Ma non solo. Il 30,22% delle avvocatesse percepisce un reddito che va dai 5 mila ai 15 mila euro a fronte del 19,92% dei colleghi uomini, mentre la fascia reddituale che va dai 15 mila ai 30 mila euro conta il 27,20% delle donne e il 24,30% degli uomini. I più ricchi (con un reddito al di sopra degli 85 mila euro) sono il 6,37% degli uomini e solo lo 0,37% delle donne.

Il divario retributivo si accentua nel sud Italia e nelle isole. Se si esercita la professione in una regione del Nord in media si guadagna rispetto al Sud e alle Isole. Inoltre, a un’età più avanzata corrisponde, in media, un reddito professionale più elevato, se chi svolge la professione è una donna ha in media minori potenzialità di guadagno di un collega uomo. Il rapporto di Aiga precisa che il divario retributivo è riconducibile agli stereotipi sui ruoli di genere, che impongono alle donne di sacrificare la loro carriera in nome della gestione delle responsabilità familiari, oltre che alla carenza di un sistema assistenziale legato alla maternità.

Gender gap e conciliazione lavoro/famiglia

L’esercizio della professione ha condizionato nelle scelte personali il 53,57% delle donne e il 41,43% degli uomini. Le ragioni che portano ad affermare che l’esercizio della professione incida sulla vita privata sono molteplici e sono prevalentemente legate al rimandare la formazione di una famiglia, al sacrificare le vacanze ed il tempo libero, a continuare a vivere con i genitori, per non parlare delle difficoltà nel rendersi autonomi.

Del resto, bisogna tenere conto che le donne avvocato una volta diventati madri si trovano a dover fare i conti con l’impossibilità di godere di una maternità alla pari delle lavoratrici dipendenti. A questo proposito, i dati dicono che per la maggior parte la scelta di avere un figlio è rimandata a dopo i 35 anni e che in linea generale la nascita di un bambino non comporta l’interruzione della professione: il 50,42% delle donne ed il 95,12% degli uomini che hanno figli, hanno dichiarato di non aver mai interrotto l’attività professionale dopo la nascita di un figlio.

Sempre legato alle difficoltà di conciliare lavoro e vita privata è la scelta di attività alternative alla professione da parte del 9% del campione, soprattutto delle donne. In particolare, prediligono il lavoro di insegnante e il dottorato di ricerca, che garantiscono orari di routine, retribuzione fissa e vicinanza a casa, evidenzia lo studio di Aiga.

Gender gap e ruoli apicali

Le donne con meno di 35 anni titolari di uno studio sono solo il 5% del totale, quelle tra i 35 e i 40 anni sono il 12% e quelle con oltre 40 anni sono il 10%. Per quanto concerne le donne, la percentuale più elevata (34,89%) svolge la professione in collaborazione con il titolare di studio. Il 40,24% degli uomini aderenti al sondaggio è titolare di uno studio: di questi il 7% ha meno di 35 anni, il 17% ha tra i 35 e i 40 anni e il 16% ha più di 40 anni. In generale, le donne avvocato sono più raramente titolari di studio o Partner nei grandi studi associati, e il divario diminuisce con l’avanzare dell’età.