Rapporto OCSE “Pensions at a Glance 2023”: Affrontare le sfide delle società che invecchiano e dell’impennata dell’inflazione

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La decima edizione del rapporto “Pensions at a Glance”, pubblicato il 13 dicembre scorso, mette in luce il mutato scenario delle politiche pensionistiche nei paesi OCSE, offrendo un set completo di indicatori per il confronto tra i paesi. Tra gli aspetti affrontati troviamo: l’impatto dell’impennata dell’inflazione sulle pensioni, gli effetti delle recenti riforme pensionistiche di alcuni paesi, le sfide poste dal progressivo invecchiamento della popolazione e la necessità di adattare i sistemi pensionistici nel lungo periodo.

Il rapporto sottolinea la necessità di politiche pensionistiche adattative che affrontino le sfide multifattoriali poste da popolazioni invecchiate, impennate dell’inflazione e mercati del lavoro in evoluzione. Promuovendo l’inclusività, una migliore prevenzione, il miglioramento delle condizioni di lavoro, la riqualificazione e la riconversione professionale sarà possibile aumentare ulteriormente gli anni di vita in buona salute e contribuire a mantenere un maggior numero di lavoratori anziani nel mercato del lavoro. La prevenzione delle disuguaglianze socio-economiche e l’adozione di nuovi approcci ai lavori pericolosi, possono migliorare i sistemi pensionistici rendendoli più sostenibili ed equi, garantendo così che i benefici dell’aspettativa di vita più lunga siano distribuiti in modo più giusto.

L’invecchiamento della popolazione: cambiare le priorità delle politiche

Rispetto all’epoca della pubblicazione della nona edizione del rapporto (2021), il dibattito sulle politiche pensionistiche nei paesi dell’OCSE si è spostato dalle misure prese in risposta alla pandemia alle tendenze strutturali a lungo termine, in particolare, le preoccupazioni derivanti dall’impatto dell’invecchiamento della popolazione sui sistemi pensionistici. Con una percentuale di persone di età pari o superiore a 65 anni destinata a salire dal 18% nel 2022 al 27% entro il 2050, è divenuto imperativo affrontare le implicazioni fiscali e riflettere su come garantire la sostenibilità della sicurezza in vecchiaia. Le riforme di questo periodo vanno nella direzione del rafforzamento dei sistemi pensionistici, con un focus sulla loro sostenibilità finanziaria e sociale. Il tema demografico è affrontato nel dettaglio nel capitolo 6 del rapporto secondo cinque indicatori: Il primo indicatore analizza il numero di nascite per donna e la sua evoluzione negli ultimi 50 anni. Il secondo indicatore mostra l’evoluzione dell’aspettativa di vita alla nascita e all’età di 65 anni.  Il terzo indicatore analizza il grado di invecchiamento, misurato come livello e variazione del numero di persone di 65 anni e oltre rispetto al numero di persone in età lavorativa (20-64 anni). Il quarto indicatore esamina i tassi di occupazione dei lavoratori anziani. Il quinto indicatore presenta i calcoli per l’età effettiva di uscita dal mercato del lavoro, mentre l’ultimo indicatore misura gli anni di vita previsti a partire da questa età, combinando l’aspettativa di vita con l’indicatore precedente.

Promuovere vite lavorative più lunghe: una componente vitale

In risposta alle carenze di manodopera e ai rallentamenti economici post-COVID, diviene centrale la promozione di vite lavorative più lunghe. Gli sforzi nei paesi dell’OCSE includono l’aumento dell’età pensionabile legale, la limitazione dei pensionamenti anticipati e l’incentivazione del prolungamento della vita lavorativa. Tuttavia, la sfida rimane quella di garantire l’inclusività, poiché i lavoratori anziani (55-64 anni), nonostante abbiano raggiunto nel secondo trimestre del 2023 un tasso di occupazione record pari al 64% (8 p.p. in più rispetto a dieci anni fa), devono affrontare diversi ostacoli per rimanere in attività quali: l’obsolescenza delle competenze, l’accesso limitato al lavoro e le potenziali inadeguatezze pensionistiche. Inoltre, è necessario migliorare il tasso di partecipazione di questi lavoratori alla formazione, formale e informale, che in media è meno della metà di quello dei lavoratori più giovani.

Infine, è necessario considerare che i posti di lavoro vacanti hanno raggiunto livelli record nel 2022 e rimangono elevati anche nel 2023, in un contesto di significativo rallentamento delle attività economiche. Con il pensionamento di un gran numero di baby boomer nei prossimi anni, il rapporto sottolinea come divenga ancora più importante promuovere la partecipazione al mercato del lavoro dei gruppi sottorappresentati in generale e, tra questi, i lavoratori più anziani.

Affrontare le disuguaglianze socio-economiche

Mentre l’aumento dell’età pensionabile rappresenta una strategia chiave della maggioranza dei paesi OCSE, il rapporto mette in luce come sia necessario considerare le persistenti disuguaglianze socio-economiche. Ad esempio, la differenza dell’aspettativa di vita a 65 anni per i lavoratori a basso reddito che è di tre anni inferiore rispetto ai lavoratori con redditi elevati, con il relativo impatto sul reddito pensionistico. Tali disparità potrebbero alimentare la resistenza alle riforme pensionistiche, in particolare tra i lavoratori anziani impegnati in lavori pericolosi o gravosi.

L’età normale di pensionamento è destinata ad aumentare in 23 dei 38 Paesi OCSE, raggiungendo una media di 66,3 anni per gli uomini e 65,8 anni per le donne che iniziano oggi la loro carriera. In Danimarca, Estonia, Italia, Paesi Bassi e Svezia, l’età normale di pensionamento salirà a 70 anni o più se l’aumento dell’aspettativa di vita si concretizzerà come previsto e se verranno applicati i collegamenti previsti dalle norme con l’aspettativa di vita. L’allungamento della vita lavorativa è sostenuto dall’aumento dell’aspettativa di vita che, all’età di 65 anni, è aumentata di 4,8 anni tra il 1970 e il 2021, in media nell’OCSE, e di 1,6 anni tra il 2000 e il 2021. Nonostante il rallentamento dell’aumento dell’aspettativa di vita nell’ultimo decennio, le proiezioni indicano un ulteriore periodo di crescita in futuro.

Cambiare l’approccio pensionistico per i lavori pericolosi

Le politiche tradizionali che offrono opzioni di pensionamento anticipato per i lavori più pericolosi o gravosi sono sempre più messe in discussione. L’evolversi delle pratiche lavorative, i progressi tecnologici e le diverse mansioni in molte categorie di lavori richiedono uno spostamento delle pratiche di prepensionamento dagli interventi generalizzati a interventi specifici per determinati lavoratori, sulle loro condizioni di salute e sulla loro capacità di lavorare, anche in altri settori. Ciò implica anche maggiori sforzi per affrontare i problemi di salute dei singoli lavoratori durante la vita lavorativa ed evitare problemi cronici di salute legati al lavoro in età avanzata. La prima linea di azione politica, insieme alle parti sociali, secondo l’OCSE, dovrebbe essere la prevenzione dei problemi di salute e l’allontanamento dei lavoratori dai lavori gravosi prima che la salute si deteriori in modo significativo. Inoltre, i luoghi di lavoro dovrebbero essere riprogettati in modo da prevenire gli esiti negativi per la salute dei lavoratori, per quanto possibile facendo anche un maggiore uso di tecnologie di supporto, e da trattenere nel mercato del lavoro coloro che hanno problemi di salute.  Ciò richiede una migliore regolamentazione dell’orario di lavoro e della sicurezza sul posto di lavoro e un rafforzamento del ruolo degli organismi di ispezione del lavoro e dei servizi di salute sul lavoro.

Inflazione e indicizzazione delle pensioni

Il rapporto approfondisce l’impatto dell’aumento dell’inflazione sulle pensioni. Mentre l’indicizzazione ai prezzi di mercato tradizionalmente proteggeva i pensionati dall’inflazione, la situazione di inflazione elevata registrata nel periodo rappresenta una sfida particolare per le finanze pubbliche e gli enti pensionistici. Nel rapporto si sottolinea l’applicazione coerente delle regole di indicizzazione nei diversi paesi OCSE, con deviazioni potenzialmente giustificate in circostanze economiche eccezionali.

Implicazioni finanziarie e tassi di sostituzione netti

Esaminando le implicazioni finanziarie delle politiche pensionistiche, il rapporto evidenzia che i lavoratori con una carriera completa e un salario medio al momento dell’ingresso nel mercato del lavoro, nel 2022 riceveranno una pensione netta pari al 61% del salario netto, mentre per coloro che guadagnano la metà del salario medio il tasso di sostituzione netto sarà più alto, pari al 74%. Altro aspetto è che l’età pensionabile normale è destinata a salire in tre quinti dei paesi dell’OCSE.

Come in passato, il Rapporto riferisce in dettaglio la progettazione dei sistemi pensionistici nei paesi OCSE, sulla base di cinque indicatori (vedi capitolo 3) e il diritto alla pensione per lo scenario base e in particolari situazioni (capitoli 4 e 5). Nel nono capitolo sono invece presentati gli indicatori dei sistemi pensionistici garantiti da attivi e i relativi investimenti.

Rapporto ufficiale

Qui la scheda dedicata all’Italia