“Pletora medica”. Corsa contro il tempo

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Dishonesty

Il dibattito che emerge periodicamente nei partiti politici e in Parlamento sulla questione del
“numero chiuso” a Medicina è improntato, senza distinzione di fede, a forti note di populismo ed irrazionalità e sovente produce idee semplicistiche e stravaganti relativamente alla carenza di personale, come se i grossolani errori di programmazione nel settore della formazione medica in epoca spending review e le limitazioni alla assunzione del personale sanitario decise dal governo Berlusconi nel 2004 e 2005 (Legge 311/2004; Legge 266/2005) e poi confermate da tutti i successivi fino alle nuove norme fissate con il “Decreto Calabria”(Legge 60/2019), fossero superabili oggi allargando a dismisura le maglie del numero programmato per l’accesso al Corso di laurea in Medicina e Chirurgia, portato per il 2024 a 19.500 accessi”. E’ questo l’incipit dello studio pubblicato, dall’Anaao Assomed su dati Ocse, Onaosi ed Enpam.

“L’Italia si prepara ad affrontare una ondata di pensionamenti tra i medici nel prossimo decennio – sottolineano da Anaao Assomed – si stima che tra il 2023 e il 2032 quasi 109 mila camici bianchi lasceranno la professione attiva. Tuttavia, le nuove leve sono già in formazione: negli anni accademici tra il 2018 e il 2027 (con lauree attese tra il 2023 e il 2032), i posti programmati per il corso di laurea in Medicina e Chirurgia sono circa 141.000. Il rischio di una pletora medica è concreto, ma il problema è più complesso di una semplice sovrabbondanza di professionisti”.

“Ogni modifica al tempo zero – scrivono – in merito alla formazione medica avrà le sue ricadute solo dopo 9/11 anni. Quindi le soluzioni che adottiamo oggi avranno i primi effetti nel 2033 quando secondo i vari database consultati il mercato del lavoro in ambito medico sarà totalmente ribaltato. Infatti, se consideriamo che i contratti per la formazione specialistica, a invarianza di programmazione, nello stesso periodo, saranno 150 mila a cui aggiungere 25 mila borse per la formazione in Medicina Generale, significa che si prospetta un differenziale di circa 32 mila unità tra stima delle uscite e numero di specialisti e MMG che saranno formati”.

Ed ancora. “Secondo gli stessi dati, dopo il 2027 la curva pensionistica, sarà in netto decremento e questo dovrebbe facilitare la programmazione al fine di raggiungere l’equilibrio tra il numero di specialisti che possono entrare nel mondo del lavoro e quelli che ne usciranno, ma stando alle tendenze politiche attuali quello che si genererà sarà invece un “imbuto lavorativo” per il consistente aumento dei medici neolaureati e specialisti rispetto ai medici collocati in pensione. Sarà favorita, quindi, la c.d pletora medica fornendo al mercato sanitario forza lavoro a basso costo e con un potere contrattuale azzerato. Il trionfo del lavoro precarizzato, ma con retribuzioni e diritti molto più bassi di oggi”.

“Il problema non è solo la quantità di medici, ma anche la loro distribuzione e la tipologia di specializzazione. L’altra faccia della stessa medaglia, infatti, è quello che stiamo vivendo oggi. La carenza odierna di personale sanitario già dall’inoccupazione dei posti in alcune scuole di specializzazione fino alla scelta di lasciare il posto di lavoro per spostarsi nella sanità privata o migrare in altri paesi alla ricerca di condizioni di lavoro e di conciliazione con la vita privata migliori, ne è la dimostrazione. Secondo i dati elaborati dalla Corte dei Conti su dati OCSE 2019, il numero dei medici che ha lasciato l’Italia fra il 2008 e il 2018 ammonta a 11 mila mentre circa 3000, in base ai dati Onaosi, abbandonano ogni anno il SSN prima dell’età di quiescenza. E i fenomeni in base agli ultimi dati non sembrano in diminuzione”.

Cosa fare?

Per Anaao Assomed, da una parte, “programmare adeguatamente gli accessi al corso di laurea e intervenire subito sulle questioni critiche per rendere attrattivo il lavoro nelle strutture ospedaliere, per permettere ai medici di dedicarsi alla propria vita familiare e sociale eliminando il blocco delle assunzioni del personale sanitario e incrementando gli stipendi mensili che per raggiungere il livello medio europeo dovrebbero aumentare del 40-50 per cento. Solo ripristinando adeguate dotazioni organiche possiamo migliorare anche la qualità del lavoro soprattutto in presenza di bisogni assistenziali crescenti della popolazione”.

“Quindi l’abolizione del numero programmato a Medicina e Chirurgia è un provvedimento incapace di rispondere alla grave criticità attuale perché fuori tempo massimo. Il problema delle carenze degli specialisti è stato già risolto con l’incremento dei contratti specialistici effettuato dal Ministro Speranza: basta aspettare pochi anni per avere numeri adeguati rispetto ai pensionamenti. Oggi si tratta di rendere più attrattivo il lavoro nel settore pubblico particolarmente in alcune specialità, come Medicina di Emergenza/Urgenza”.

“L’inarrestabile marcia – concludono – verso la pletora medica è un fenomeno complesso con implicazioni significative per il futuro della medicina e della società. È necessario un intervento urgente multilivello da parte del governo, delle aziende sanitarie e delle facoltà di medicina per garantire che tutti i medici italiani abbiano la possibilità di lavorare e di svolgere il proprio lavoro con professionalità e competenza”.

*Lo Studio è a cura di Carlo Palermo, Chiara Rivetti, Giammaria Liuzzi, Matteo D’Arienzo, Costantino Troise, Pierino Di Silverio.